L’operazione «anti terrorismo» va avanti per ordine di Kiev. Bombardati quartieri residenziali di Lugansk e Donetsk. Ventotto civili morti in un giorno.
di Franco Fracassi
Una carrozzina, un neonato e la sua mamma in un parco. Poi un’esplosione. Schegge ovunque. La mamma è distesa sul selciato. Non si muove. Non respira più. La carrozzina è insanguinata. Quando arriva un uomo che filma col suo cellulare il bambino non c’è più. Qualcuno l’ha portato via. Il sangue sulla carrozzina, però, è rimasto. 14 luglio nel quartiere residenziale Gradom di Lugansk, Ucraina orientale.
I blindati di Kiev avanzano verso est. Lugansk e le città limitrofe sono sott’assedio. Così recita il bollettino quotidiano emesso dal ministero della Difesa.
Le forze di difesa locali hanno accusato l’esercito di bombardare i centri abitati con i mortai e con i micidiali lanciarazzi “Grad”, senza ricevere alcuna smentita da Kiev.
Reporter di Russia Today sostengono che villaggio di Aleksandrovsk è stato quasi raso al suolo. Video e testimonianze di giornalisti occidentali (“The Guardian”, “Bbc” e “Der Spiegel”) confermano i bombardamenti a tappeto sui quartieri residenziali di Lugansk. Oltre a Gradom anche Mirny è avvolto da nuvole di fumo e stordito dalle sirene d’allarme. Un razzo ha anche colpito un caffè.
Secondo le autorità di Lugansk (dato non riscontrabile) i bombardamenti hanno provocato diciotto morti, tutti civili.
L’operazione «anti terrorismo», come viene chiamata dal governo ucraino, non si limita a Lugansk. Bombardato anche il sobborgo di Donetsk Maryinka. Dieci morti e dodici feriti (sempre tutti civili), secondo fonti mediche riportate dal quotidiano svedese “Aftonbladet”.