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Grecia, quei ministri che non piacciono alla Troika

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Grandi pressioni della Troika per cacciare due ministri dal govermo Tsipras. Ma becchini e strozzini dovranno aspettare un bel po’

da Atene, Elena Sirianni

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Strozzini e becchini dovranno aspettare, la Grecia non farà bancarotta il 9 di aprile come annunciato dall’agenzia Reuters e dai giornali Ekhatimerini, Telegraph e CNBC. Yannis Varoufakis, al termine dell’incontro avuto a Washington con il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, assicura che la Grecia rispetterà la scadenza del rimborso di 458 milioni di euro al Fondo Monetario Internazionale il prossimo 9 aprile. Intanto da Bruxelles trapela che le autorità europee starebbero esercitando pressioni su Tsipras perchè scarichi l’ala radicale del suo partito e gli alleati di ANEL. In particolare viene chiesto l’allontanamento dal governo di Panayotis Lafazanis, ministro per la Riconversione Produttiva, per l’Ambiente e l’Energia e rappresentante di spicco della Piattaforma di Sinistra, una delle componenti più numerose di Syriza, con oltre il 30% di membri nel Comitato Centrale. Lafazanis dà fastidio a molti, in Europa e in patria. Si è impegnato a bloccare gli aumenti sulla bolletta elettrica decisi col consenso del precedente governo. E’ fermamente contrario alla privatizzazione di beni e servizi pubblici, in particolare si oppone al passaggio in mani straniere di settori strategici come energia, acqua, telecomunicazioni ecc.. Non appena nominato ministro si è impegnato per la riapertura dell’Industria Greca dello Zucchero chiusa per debiti e cattiva gestione. Ma soprattutto sta pestando i calli al potente gruppo economico Bobolas – Aktor a cui non è piaciuta la sua decisione di sospendere due licenze correlate allo sfuttamento minerario di Skouriès, col risultato di fermare temporaneamente la corsa all’oro e la devastazione ambientale di uno dei paradisi naturali più belli dei Balcani. Ieri a Skouriès, la Val di Susa greca, ci sono stati incidenti gravi. Una manifestazione di protesta degli abitanti della zona è stata interrotta violentemente dalla contromanifestazione degli impiegati dell’Eldorado Gold, con lancio di pietre e travi e dal successivo intervento della polizia che ha dato man forte agli operai della società mineraria lanciando sostanze chimiche e lacrimogeni addosso ai manifestanti.

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L’altro personaggio “indigesto” alle autorità europee è il ministro della Difesa Panos Kammenos, leader dei Greci Indipendenti. Il 9 marzo scorso fece scalpore la sua dichiarazione “Se l’Europa colpirà la Grecia siamo pronti a strappare il trattato di Dublino e a spedire a Berlino tutti gli immigrati che abbiamo in Grecia”. Ma Kammenos dà fastidio in Europa anche per un altro motivo, la sua volontà di fare luce sulle faraoniche spese militari greche dello scorso decennio pari al 50% del PIL, sulle pressioni che i governi dell’epoca ricevettero da alleati (e fornitori) tedeschi, francesi e americani, sulle forniture di partite difettose di armi da parte della Germania, sul vertiginoso giro di tangenti a politici e funzionari greci da parte di società tedesche, Siemens in prima linea. E’ inevitabile quindi la contrarietà e la ‘frustrazione’ delle autorità europee nei confronti di Atene. Secondo il Financial Times “molti rappresentati dell’Ue, inclusi alcuni ministri delle finanze, avrebbero suggerito in conversazioni private, che solo una decisione del premier Alexis Tsipras di ‘scaricare’ l’ala dell’ultra sinistra del suo partito Syriza potrebbe rendere un accordo sul salvataggio possibile”.

Al posto di Lafazanis e Kammenos gli Europei vorrebbero esponenti di partiti più moderati ed “europeisti”, si parla dell’ex ministro degli Esteri Venizelos del Pasok e di Stavros Theodorakis, leader del Potami, partito creato a tavolino alla vigilia delle elezioni nel tentativo di arginare il flusso di preferenze dirette verso Syriza, quando i sondaggi indicavano ormai come inevitabile la disfatta dei partiti di governo. Sette miliardi verrebbero sganciati dai “salvatori” della Grecia in cambio del sacrificio di Lafazanis e Kammenos e della prosecuzione del memorandum già concordato dal governo Samaras, tagli alle pensioni integrative, aumento dell’IVA, accelerazione delle privatizzazioni, ulteriori riduzioni delle tutele del lavoro.

L’Unione Europea, o meglio la ristretta l’oligarchia che la controlla, sta calando definitivamente la maschera. Non fa nemmeno più finta di rispettare la sovranità nazionale degli stati membri e la volontà popolare, non usa nemmeno più l’ossimoro del rigore attento alla crescita, vuole solo e al più presto dimostrare chi comanda e chi decide governi e politiche in Europa. Il tentativo è di mettere rapidamente fine al governo di Syriza impedendogli di finanziarsi, oppure di lasciarlo governare in cambio di una sua radicale “mutazione genetica” ottenuta con un rimpasto gradito a Bruxelles e con l’impegno di dare seguito al memorandum.

In entrambi i casi sottovalutano un fattore importante, la popolarità e il consenso di cui gode il governo nell’opinione pubblica. Secondo il sondaggio dell’istituto demoscopico Public Issue pubblicato ieri da Avghì il 63% degli intervistati approva il modo in cui il governo di Tsipras tratta con i creditori del paese, il 5% di più dal 58% che lo approvava un mese fa. Il 55% crede che il governo di Syriza e dei Greci Indipendenti è il miglior possibile per il paese. Il 62% crede che Alexis Tsipras è il più adatto per essere il primo ministro, con ben 42 punti di percentuale in più di Samaras che non va oltre il 20%. La popolarità di Alexis Tsipras arriva al 78% seguito dal leader dei Greci Indipendenti Panos Kamenos col 46%. E malgrado le pressioni sulla Grecia da parte delle autorità europee e l’asfissia creditizia imposta dalla BCE, sale all’82% la percentuale dei Greci che dichiarano di provare orgoglio nazionale per la ferma posizione tenuta nelle trattative! Gli stessi intervistati, pur approvando la conduzione del negoziato e malgrado l’orgoglio che sentono, dichiarano pessimismo sui risultati che si potranno conseguire (il 39% dice che vincono i creditori, solo il 14% crede che vincerà la Grecia). Questo dato apparentemente contraddittorio suggerisce che l’opinione pubblica greca mette in conto anche una sconfitta nel braccio di ferro con le autorità europee ma apprezza la fermezza del governo nelle trattative ed è pronto a sostenerlo.

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