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Gattopardismi liguri

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Intervenendo per le elezioni in Liguria, Renzi fa un accorato appello agli elettori berlusconiani ed esorcizza la creazione di un laboratorio politico della sinistra

Di Marco Vulcano

renzi liguria“Comunque vada sarà un successo”. Lo slogan-augurio con cui Piero Chiambretti salutava l’esibizione dei concorrenti al festival di San Remo di diversi anni fa non passa mai di moda, tornando di quando in quando attuale come ogni tormentone che si rispetti. Così, forte della sua grande cultura televisiva di ex partecipante della Ruota della Fortuna, il presidente del Consiglio Matteo Renzi deve aver pensato bene di rispolverare la massima chiambrettiana. Che sia per semplice scaramanzia o per il fatto di aver fiutato nell’aria un risultato elettorale non altezza delle aspettative, non è dato sapersi. Anche perché, con uno scenario politico caratterizzato dalla frantumazione di quello che era il vecchio centro-destra berlusconiano, con un sostanziale ridimensionamento del fenomeno Cinque Stelle e una sinistra non ancora o non più pervenuta, è difficile che il Pd, ovvero l’unico partito attualmente esistente in Italia, non giochi da asso pigliatutto. Sta di fatto che, in vista delle imminenti elezioni regionali, Renzi appare particolarmente cauto. Prima ha definito un eventuale 4 a 3 un successo del Pd, poi intervenendo in Liguria a sostegno della candidata presidente del Pd Raffaella Paita, ha affermato che «è ora di farla finita di trasformare le elezioni in uno scontro per i giochi politici romani».

Non è chiaro a quali giochi politici romani si riferisca il presidente Renzi, visto che le elezioni amministrative, oltre ad eleggere le rispettive Giunte, possono servire tutt’al più a misurare di rimbalzo il consenso che questo Governo, privo di un mandato democratico, non ha mai avuto modo di misurare, poiché mai eletto dai cittadini. Eppure non è la prima volta che le vicende del Pd ligure si trovano a costituire un affidabile specchio di alcune dinamiche politiche nazionali. Proprio le primarie del Pd in Liguria, vinte da Raffaella Paita con irregolarità denunciate in ben 13 seggi di cui due interessati addirittura da indagini della magistratura, hanno costituito il centro di un’infuocata direzione nazionale del Pd e provocato l’addio al partito di Sergio Cofferati, sconfitto in quelle votazioni dello scandalo. Anche alloraRenzi aveva dichiarato immediatamente chiuso il capitolo delle primarie liguri, esortando a non farne un caso nazionale nonostante i brogli. L’addio di Cofferati al Pd non è un caso nazionale? I brogli per eleggere un candidato alla Presidenza di una Regione non sono un fatto degno dell’attenzione di tutti gli italiani oltre che dei liguri? Perché Renzi ha così paura della Liguria? Da cosa deriva questa deriva isolazionista in cui il Premier vorrebbe rinchiudere questo pezzo d’Italia?

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Probabilmente la necessità di fare della Liguria quanto più possibile un caso isolato deriva dal timore che il suo modello Pd come partito della nazione proprio da lì potrebbe entrare in crisi mostrando crepe che aprirebbero spazi a sinistra.

Nel suo intervento di ieri a sostegno della candidata Pd alla Presidenza della Liguria, Renzi ha scelto di rivolgersi con toni più che mansueti «agli elettori moderati, che magari hanno creduto nel sogno berlusconiano e pensavano davvero credibile l’alternativa di Berlusconi», ammettendo di non aver niente contro il candidato del centro-destra, Giovanni Toti. Al contrario, il Premier ha tenuto a precisare come non si debba «consentire a nessuno di usare la Regione per fare il bertinottismo 2.0», poiché chi sta più a sinistra«fa quello che ha fatto Bertinotti qualche anno fa: manda a casa la sinistra e spalanca le porte ancora una volta alla destra».

Come un Nanni Moretti qualunque, Renzi invita a votare un partito che fa cose di destra e governa con Alfano per evitare che vinca la destra, rispolverando così un vecchio cavallo di battaglia del centro-sinistra nostrano: l’allarme Bertinotti, grazie al quale i “centro-sinistri”, negli anni, sono riusciti a far passare come cose accettabili per un elettorato di sinistra il bombardamento della Serbia, la distruzione delle pensioni, le scuole private pagate con soldi pubblici, la precarizzazione del lavoro.

Anche negli schemi politici, la rottamazione si trasforma dunque in restaurazione. E ancora una volta, tutto cambia per restare esattamente uguale.

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