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Rogo in Cisgiordania, nessun risarcimento ai superstiti

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Cisgiordania

La legge israeliana non include i palestinesi sotto occupazione tra le vittime del terrorismo. La famiglia Dawabsha non avrà diritto ad alcun risarcimento

di Carlo Perigli

Cisgiordania

Alla famiglia Dawabsha, la cui casa venne incendiata in Cisgiordania il 31 luglio scorso, non spetta di diritto alcun risarcimento. A stabilirlo, secondo quanto riportato dal quotidiano israliano Haarentz, il dettato della legge israeliana in materia, il cui ambito di applicazione è limitato ai soli casi di terrorismo aventi come vittime dei cittadini israeliani, non estendendosi pertanto ai palestinesi che vivono sotto opzione militare. Si sbagliavano, quindi, sia il presidente israeliano Reuven Rilni, che definì gli assassini dei “terroristi ebrei“, sia Benjamin Netanyahu, che gli faceva eco promettendo il pugno duro. Ma, del resto, prima di sparare “condanne”, lo stesso Bibi caldeggiava l’estensione degli insediamenti in Cisgiordania, uno dei punti forti dell’ultima campagna elettorale con l’obiettivo di affascinare più a destra possibile. Di tutto questo imponente gioco propagandistico ora rimane solamente la sofferenza della famiglia Dawabsha, la cui unica possibilità è rappresentata dalla presentazione di una richiesta di risarcimento, che verrà presa in considerazione da una commissione del Ministero della Difesa.

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Della situazione si è interessato il parlamentare arabo israeliano Yusef Jabarin, che ha chiesto al procuratore generale di assicurare che le vittime palestinesi di terrorismo abbiano gli stessi diritti riservati agli israeliani”. Di “disparità intollerabile tra coloni e palestinesi” ha invece parlato l’avvocato Jan Kadir, presidente dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele, che ha sottolineato come i coloni feriti dai palestinesi ricevano automaticamente un indenizzo da parte dello Stato.

Proseguono intanto senza risultati apprezzabili le indagini volte all’identificazione degli assassini che appiccarono l’incendio. Secondo quanto riportato da Nena-News, i sette fermati sono stati tutti rilasciati per mancanza di prove, e le indagini non sembrano dirette verso risultati apprezzabili nell’immediato futuro. Intanto, i palestinesi, preoccupati dalle frequenti aggressioni e dagli scadenti risultati del solitamente funzionante sistema di sicurezza israeliano, hanno organizzato dei comitati di difesa al fine di garantire la sicurezza ai villaggi maggiormente esposti ai possibili raid.

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