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Rolando Schiavi, marcare Zamorano dribblando l’appendicite

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schiavi

Idolo della Doce, la carriera di Rolando Schiavi è stata caratterizzata da grinta e sacrificio. E da quell’appendicite, che non gli impedì di marcare Zamorano

di Carlo Perigli

schiaviC’è sempre un evento preciso che consegna un calciatore alla storia, sintetizzandone tutte le caratteristiche in un preciso momento. Un tiro al volo che devasta le leggi della fisica in una finale dei Campionati Europei, un pallonetto mozzafiato ad Andoni Zubizarreta, o un’appendicite acuta in una partita di Copa Libertadores. Si, avete letto bene, nonostante non sia una storia famosa come merita, qualcuno è stato in grado di giocare una partita intera con dolori lancinanti all’addome, annullando per di più un’icona del calcio sudamericano come Ivan Zamorano. Di nuovo, si, lo stupore è forte, e resta comprensibile anche quando si viene a sapere che il protagonista di questo irripetibile evento è “El Flaco” Rolando Schiavi, eterno e – non a caso – idolatrato difensore del Boca Juniors, idolo incontrastato della “Doce” e dei cultori del calcio argentino.

È  la sera del 28 febbraio 2003, e al Monumental di Santiago de Chile il Colo-Colo ospita gli argentini del Boca. Che sia una partita della fase a gironi, non importa veramente a nessuno. La sfida tra cileni e argentini è parte integrante di quel circuito tutto sudamericano all’interno del quale ogni partita internazionale – ma non solo – mette in gioco dignità e rispetto. E di entrambe Rolando Schiavi ne è portatore sano da una vita, fin da quando si alternava tra la macelleria del padre e i campi in terra di Lincoln, barrio alla periferia di Buenors Aires. Sgraziato, macchinoso e senza un briciolo di tecnica, quello spilungone magro magro – El Flaco, appunto – impara a farsi rispettare per grinta e determinazione, un po’ per sopravvivenza, un po’ per indole. “Ricordo ancora alcune partite  nella periferia di Buenos Aires – raccontò una volta durante un’intervista –  e per quanto mi sforzi, non me ne viene in mente una che non sia finita in rissa. Si perchè a casa mia, tra la mia gente, la mancanza di rispetto e l’onore calpestato si pagano col sangue. Sempre“.

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schiaviQuesto è lo spirito con cui Rolando Schiavi caratterizza la sua ascesa nel calcio che conta. Girovago in Argentina, con rapide sortite in Brasile e Spagna, Schiavi trova la sua anima gemella nel Boca Juniors, di cui diventa un’icona vivente dal 2001 al 2005, per poi tornare dal 2011 al 2013. Si, a 40 anni, sempre titolare, sempre guida di un reparto arretrato che dalla sua personalità traeva la grinta necessaria per affrontare qualsiasi avversario. Perchè  questo è il motivo principale per cui “La Doce” lo ha amato incondizionatamente, per quella predisposizione naturale a non tirare mai indietro la gamba, a dare tutto se stesso in ogni occasione, a provarci fino all’utimo anche quando l’avversario, magari vent’anni più giovane di lui, lo bruciava in velocità. Francamente, chi se ne frega, Schiavi quella maglia se l’è sudata giorno dopo giorno. Lui in campo come il padre prima di lui sugli spalti, in una vita passata a sventolare il suo fedele bandierone.

Ecco perchè quel Colo Colo – Boca Juniors rappresenta al meglio l’essenza di Rolando Schiavi. Perchè nonostante quel dolore all’addome lo perseguitasse fin dal mattino, non ha saputo rifiutarsi di fronte alla chiamata di Carlos Bianchi, scendendo in campo senza battere ciglio e rispondendo colpo su colpo agli attacchi di Ivan Zamorano per novanta minuti. Solamente dopo il triplice fischio, Schiavi chiese l’intervento dei sanitari, che lo caricarono immediatamente in ambulanza per portarlo in ospedale. Appendice acuta, diranno i medici prima d’operarlo d’urgenza. Quarantacinque giorni di prognosi, dopo trentacinque El Flaco era già in campo, a dare e ricevere legnate, a sudare per quella maglia e per quella gente. Per questo la Doce lo ha sempre amato, riservandogli uno degli addii al calcio più belli di sempre. La Bombonera unita in un solo coro, il nome del Flaco che rimbomba, e Schiavi in lacrime. “Sentire l’affetto e il coro dei fan è qualcosa di incredibile – dirà a fine partita – Non so se merito tutto questo, ma ne sono grato”. Un dubbio tutto sommato facile da risolvere, sopratutto di fronte a chi per quella maglia ha dato tutto: corpo, anima e appendice.

Rolando Schiavi, marcare Zamorano dribblando l’appendicite
www.storiedelboskov.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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