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«Oddio, Putin vieni a Rovigo a salvarci»

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I furti sono in calo ma il sindaco sceriffo di Rovigo non si sottrae alla Putin-mania che da tempo contagia i leghisti, specialmente in Veneto

da Rovigo, Enrico Baldin

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Se Renzi e Alfano non manderanno le truppe a Rovigo, il sindaco del Polesine ha deciso: chiamerà Putin perché spedisca l’Armata Rossa a fermare i ladri.

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Putin giustiziere, Putin che risolve i problemi, Putin difensore della famiglia, Putin unico uomo a saper contrastare i nemici. Putin che blocca gli immigrati, Putin che non perdona, Putin che garantisce sicurezza. Lui, il premier russo notoriamente autoritario e omofobo, con la passione per le arti marziali e le armi. Una specie di supereroe da invocare quando si ha bisogno di qualcuno che metta a posto le cose.

La Putinmania oramai è esplosa da tempo, ma in Veneto ben prima. Le simpatie leghiste per l’uomo più potente della Russia sono note, ma anche tra i normali cittadini c’è un certo affetto per l’inquilino del Cremlino. Con punte che rasentano l’assurdo e che allo stesso tempo paiono non imbarazzarne i protagonisti. Di diversi anni fa la vicenda del vicentino che sui giornali locali – generalmente ben disposti a concedere le loro colonne ai buontemponi – millantava di essere un parente di Putin, oltre che un suo ammiratore. Le prove addotte avevano un inconfutabile rigore scientifico: il cognome comune, l’antica migrazione di alcuni vicentini verso la Russia e una certa somiglianza fisica. O come dimenticare la speaker radiofonica, Adelina Putin, stavolta senza legame di parentela, ma con una grande ammirazione per Vladimir che gli è valsa una candidatura alle ultime elezioni regionali con Fratelli d’Italia proprio nel collegio vicentino dove il cognome le ha portato però poca fortuna.

Di questi giorni l’ultima puntata del rotocalco veneto dedicato a Putin. Il sindaco di Rovigo Massimo Bergamin, naturalmente della Lega Nord, ha invocato il premier russo un po’ come il sacerdote invoca lo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste. Il suo problema da risolvere è quello dei furti, per cui da tempo ha chiesto di avere l’esercito tra le strade di Rovigo. La sua richiesta di avere uomini in tuta mimetica e i veicoli militari tra le strade della città rodigina è piuttosto pressante, convinto com’è che presenze di questo tipo bloccherebbero il problema dei furti almeno quanto lo farebbero i fucili spianati pronti ad accogliere chi vuole introdursi nelle abitazioni altrui.

E vistosi ancora non accontentato, Bergamin ha sguainato la spada evocando la peggiore delle minacce: quella di far intervenire Putin. Lo sfogo di Bergamin su Facebook è stato ripreso dai media locali: «Se il Prefetto, Alfano e il fenomeno di Firenze non accoglieranno la mia richiesta di schierare l’esercito, scriverò a Putin». Ai microfoni del Tg Veneto lo stesso sindaco ha rilanciato, dicendo che in mancanza di una presenza dell’esercito italiano gli andrebbero benissimo gli uomini dell’apparato difensivo russo: «Ho già cercato qualcuno che sappia tradurre una lettera, poi vediamo. Vedo che Putin sa difendere bene i suoi concittadini». E c’è proprio da mettersi sull’attenti se Bergamin traduttore alla mano chiamerà Putin, considerata anche l’arcinota preoccupazione del premier russo per la città di Rovigo evidentemente in testa ai suoi pensieri.

La preoccupazione del sindaco Bergamin però non è suggellata dalle statistiche che, per chi sa fare le proporzioni, spiegano abbastanza bene come nell’ultimo anno furti e rapine siano in notevole calo. Nel 2014, i furti avvenuti a Rovigo sono stati 1580 e 15 le rapine. Nei primi dieci mesi del 2015 invece i furti sono calati, attestandosi a 1130 e le rapine sono finora 6. Che sia per questo motivo che il supereroe del Cremlino deve ancora interessarsi della microcriminalità di Rovigo?

 

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