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Dorfles, un secolo lungo 105 anni

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Da destra: Abo, Gillo e Caldarelli

Al Macro di Roma l’opera totale di un ultracentenario che ha traversato il secolo breve a passo lieve. Essere nel tempo, sempre

di Maurizio Zuccari

Composizione turchese, 1955
Composizione turchese, 1955

In occasione del suo 104esimo compleanno – un anno fa – disse che avrebbe preferito avere trent’anni in meno, non di più. Essere nel tempo, la monografica con cui Achille Bonito Oliva ne celebra “l’opera totale” al Macro di Roma, forse significa anche questo. Angelo Dorfles – Gillo, da sempre – critico, artista, filosofo, ma anche medico, pianista, poeta non è solo il decano degli artisti e della critica artistica italiana. È un uomo che, alla ragguardevolissima età di 105 anni, ha attraversato il secolo detto breve da Hobsbawm a grandi falcate, col gusto e la misura che ne fanno, tuttora, uno dei più ferrati esegeti del contemporaneo. Un dileggiatore del kitsch imperante e della perduta bellezza ma senza rancori, senza le chiusure che l’età, pure assai meno avanzata della sua, reca con sé. Con sguardo appena velato ma lucido sul presente.

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Ed era una commozione, prima ancora che un piacere, vedere Gillo barcamenarsi tra una tela e uno scritto dei suoi, tra una sculturina e un disegno dei tanti pittati in vita, chiedendo agli accompagnatori – un occhiuto Fulvio Caldarelli e uno sgambettante Bonito Oliva, un ragazzino d’appena 76 anni, al confronto del decano dei critici d’arte – quando avesse fatto questo e quello e, beh, di certo il successivo era più maturo del precedente. Vispo e curioso lo è sempre stato, Dorfles, da quando ha lasciato Trieste con la famiglia, allo scoppio della Prima guerra mondiale. Gli italiani non erano ben visti in quel frangente, ed era opportuno riparare verso altri lidi. La ventura di fuggire le guerre del secolo si rivelerà anche nel corso del successivo conflitto, passato nelle campagne volterriane a darsi alle prime prove di scultura e pittare matti. Prima, alla metà degli anni Trenta, era arrivata la laurea in medicina e la specializzazione in psichiatria, a Roma. Poi sarebbe venuta la docenza di estetica alla statale di Milano, dove vive. E la pittura, abbandonata sul finire degli anni ‘50 ma mai del tutto interrotta.

Forme contorte che rievocano incubi formali, per dirla con Emilio Tadini, tratti di un eclettismo concettuale, speculare a quello esistenziale, che rimandano echi di Mirò e Kandiskij, una spruzzata di Klee e della pittura astratta frequentata dagli anni Trenta, insieme ai tanti artisti conosciuti nel corso della lunga vita. Una selezione dei quali è in Gli artisti che ho incontrato, appena edito da Skira, come il catalogo della mostra romana che raccoglie oltre un centinaio di opere, tra disegni e grafiche, ceramiche e gioielli. Ma soprattutto dipinti, inclusi i più recenti, tre tele inedite realizzate la scorsa estate, su su fino ai quadri degli esordi giovanili, con documenti e cataloghi delle prime esposizioni del Movimento arte concreta, di cui Gillo fece parte, reazione al figurativismo allora imperante.

L’esposizione è completata da due sezioni che ripercorrono oltre un secolo di storia. Istantanee raccoglie foto e carteggi tra Dorfles e alcuni artisti e intellettuali del Novecento. Previsioni del tempo è invece la sezione “citazionista” tratta dalla sua produzione saggistica, a partire da Kitsch e fenomenologia del cattivo gusto, con i filmati delle teche Rai. Arricchisce la programmazione della mostra un ciclo di incontri: Parola critica, sui temi affrontati dal pensiero di Dorfles. Dulcis in fundo, un mancanza: lo scritto di Ignazio Marino che avrebbe dovuto firmare, al pari d’altri notabili, il catalogo della mostra. Una chicca che sarebbe potuta essere preziosa più degli interventi di Abo e Eco, se le note vicende capitoline non avessero costretto l’ex sindaco alla resa e alla censura.

Infine, che dire? Definire Dorfles un artista strictu sensu più che un uomo d’arte a tutto tondo potrebbe dirsi eccessivo anche in tempi di eclettismo culturale come il nostro, benché la sua produzione non sfiguri certo al pari di tanta roba coèva. Così, questa mostra può dirsi un doveroso omaggio all’uomo e all’artista, e proprio per questo se ne fatica a cogliere il senso nelle sale del museo d’arte contemporanea romano, più che in quelle del Maxxi o della Gnam. Dove l’operato culturale di un grande vecchio del ‘900 avrebbe avuto assai più senso d’essere in mostra. Omaggio del tempo a una personalità capace di essere nel tempo, davvero.

Gillo Dorfles, essere nel tempo, a cura di Achille Bonito Oliva, Roma, Macro, Museo d’arte contemporanea, fino al 30/3/2016. Info www.dorflesmuseomacro.it.

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Giornalista e scrittore, è nato il primo novembre 1963 a Poggio Mirteto, in Sabina, e vive a Roma. Dopo l’alberghiero a Rieti e la leva come ufficiale di complemento a Firenze, si è laureato in scienze politiche alla Sapienza di Roma (Comunismo e titoismo, con Pietro Scoppola, 1994) e si è specializzato in scienze della comunicazione (Il consenso videocratico: masse, media e potere nella transizione dalla partitocrazia alla telecrazia, con Mario Morcellini, 1996). Ha scritto su Paese Sera, il Manifesto, Diario, Medioevo, Archeo, Ragionamenti di Storia (dove ha provato, grazie a documenti inediti, l’uso dei gas da parte dell’esercito italiano nella guerra d’Etiopia). Ha ideato e diretto il mensile Cittànova (1996-97). È stato caporedattore dei periodici d’arte Inside Art e Sofà (2004-2014). È opinionista sul quotidiano Metro e su Agi. Ha pubblicato il Dito sulla piaga. Togliatti e il Pci nella rottura fra Stalin e Tito, 1944-1957, Mursia, 2008. Con questa casa editrice è uscito il romanzo fantastorico Cenere (2010), primo di una trilogia sul mito. Sito www.mauriziozuccari.net.
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