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Lavoro, l’Europa non è un paese per donne

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8 marzo. La “segregazione di genere” delle donne che lavorano in Europa. Meno soldi in busta e contratti peggiori

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BRUXELLES – Per le donne europee, un euro vale un po’ meno: circa 84 centesimi. È quanto sembrano suggerire i dati diffusi da Eurostat in vista della giornata internazionale della donna. L’ufficio statistico Ue ha messo a confronto gli stipendi ricevuti da uomini e donne nel 2014. Risultato: le lavoratrici nell’Unione europea vengono pagate in media il 16% in meno dei lavoratori. In altre parole, per ogni euro ricevuto da un uomo, una donna che svolge le stesse mansioni, riceve in media 84 centesimi.

La situazione cambia in modo sostanziale da uno Stato all’altro. In alcuni Paesi la differenza salariale tra uomini e donne è molto più accentuata: è il caso di Estonia (28,3%), Austria (22,9%), Repubblica Ceca (22,1%), ma anche Germania (21,6%) e Slovacchia (21,1%). In altri, invece, il divario si assottiglia. Il paese più virtuoso è la Slovenia, dove il salario delle donne è più basso del 2,9% rispetto a quello degli uomini, seguito da Malta (4,5%) e in terza posizione si piazza l’Italia con un divario salariale del 6,5%. A spiegare una parte delle differenze è una sorta di “segregazione di genere” che ancora esiste in Europa e che fa sì che gli impieghi di maggiore prestigio e maggiormente retribuiti siano ancora in gran parte riservati agli uomini.

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Ma la discriminazione delle donne sul mercato del lavoro europeo non si limita all’ammontare del salario. Esistono discrepanze anche nei tipi di contratti: nel 2014 una donna su cinque (20%) tra i 25 e i 49 anni, nell’Ue, lavorava part-time contro appena 1 uomo su 12 (l’8,2%). Un divario che si accresce con il numero dei figli: quasi la metà delle donne (45,1%) con almeno tre bambini lavora part time contro appena il 7% degli uomini nella stessa situazione. Un trend, questo, che si osserva nella stragrande maggioranza degli Stati europei.

La percentuale di donne che lavorano part time subisce lo sbalzo più forte al passaggio da zero figli a un figlio: nell’Ue si passa dal 20% al 31,3% di lavoratrici impiegate solo a tempo parziale. Una tendenza, ancora una volta, diffusa in tutti gli Stati membri, ma con particolare rilievo in Germania (dove le lavoratrici part time sono il 25,3% tra le donne senza figli e il 59,4% tra quelle con un bambino), Austria, Regno Unito e Paesi Bassi. In Italia le lavoratrici part time sono in generale più della media europea (27,8%), contro il 9,5% degli uomini. La percentuale di impiego femminile a tempo parziale nel nostro Paese aumenta al 35,7% tra le donne con un figlio, al 42,1% tra quelle con due figli e al 45,1% per le madri di tre bambini. (Letizia Pascale)

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TAG: LAVOROEUROSTAT8 MARZO

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Checchino Antonini quasi sociologo, giornalista e scrittore, classe 1962, da vent’anni segue e racconta i movimenti sociali e la “malapolizia”. Ha scritto su Liberazione, Micromega Erre e Megafono quotidiano, InsideArt, Globalist, PostIt Roma, Retisolidali, Left, Avvenimenti, il manifesto. Ha pubblicato, con Alessio Spataro, “Zona del silenzio”, graphic novel sul caso Aldrovandi. Con le edizioni Alegre ha scritto “Scuola Diaz vergogna di Stato” assieme a Dario Rossi e “Baro” Barilli. Il suo primo libro è Zona Gialla, le prospettive dei social forum (Fratelli Frilli, 2002)
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