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E Laicittà se ripija Trastevere

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Laicittà, turismo irriverente in cerca di libertà negate, un progetto di Popoff e del collettivo Hierba Mala. Dal sogno di una Roma senza papa a quello di una città senza padroni. Sabato per le vie di Trastevere

di Checchino Antonini

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Milioni di persone vengono qui da lontano e ne calpestano le strade credendo di trovarci l’autenticità di Roma. Altri milioni ci vengono per la movida: qui o altrove è sempre pessimo mojito in bicchieri di plastica, birra calda e tump-tump dei ballabili del III millennio. Molti meno hanno abbastanza soldi per comprarci una casa per poi promuovere petizioni contro la movida e il “degrado”. Altri ne avevano così pochi di soldi che sono dovuti andare via, in altri quartieri. Gentrification, la chiamano, e Trastevere, di lui stiamo parlando, l’ha subìta prima ancora che la sociologa inglese Ruth Glass coniasse il neologismo per descrivere i cambiamenti fisici e sociali di un quartiere di Londra che sono seguiti all’insediamento di un nuovo gruppo sociale di classe media . Prima si chiamava “sacco di Roma”.

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“Io me pijo Trastevere”, dice “Libano” quando spartisce le zone di Roma per conto della Banda della Magliana. Più o meno quello che si sono detti prima e dopo di lui tutti gli spacciatori, anche di cemento, di miseria o “solo” di oppio dei popoli, cercando di lucrare il più possibile sulla città e sulla pelle di chi la vive.

Una città è la rappresentazione dei poteri e dei rapporti di forza ma conserva, o nasconde, i segni della ribellione, le resistenze e i sogni delle classi subalterne.

Sabato 28 maggio (appuntamento alle 16 alla salita della Lungara dopo il rinvio di due settimane dovuto al famigerato ciclone Poppea) arriverà a Trastevere la piccola carovana di Laicittà, itinerari nella Roma anticlericale, e proverà a leggere quei segni attraversando lo storico rione sulle tracce di chi ha provato a immaginare una città diversa, un destino diverso da quello scritto dai patti di potere che hanno cementificato la campagna, espropriato i beni comuni, chiuso le botteghe, deportato migliaia di proletari per far posto a vecchi e nuovi ricchi. Incontreremo le orme dei lanari che distruggevano i telai industriali che rubavano loro il lavoro, degli Arditi del Popolo che si ribellavano al fascismo nascente, di Giuditta Tavani Arquati e Giorgiana Masi, la prima uccisa dagli zuavi pontifici, l’altra dalle squadre speciali di “Kossiga”. Era il 12 maggio del ’77 e migliaia di persone sfidarono lo stato d’emergenza (come accade oggi a Parigi) per festeggiare la vittoria referendaria del divorzio.

Sentiremo l’eco di Bob Dylan, ospite del primo Folkstudio, e della bottega del fabbro che inventò i chiodi a quattro punti che bloccarono centinaia di volte i mezzi dell’occupante nazista. Con noi, Giovanna Olivieri (Casa Internazionale delle Donne), il cantautore Giovanni del Grillo, Nicolino Pompa, poeta sghembo, Daniele Miglio, attore, Edda Billi (Presidenta AFFI), Salvatore di Cesare della cooperativa di Autorecupero Vivere 2000 che è riuscita a strappare uno stabile di Piazza Sonnino alla speculazione, e Maurizio Zuccari, giornalista e scrittore.

Laicittà è un progetto di Popoff e del collettivo Hierba Mala che, per questa seconda tappa, hanno coinvolto il centro sociale La Strada e l’associazione Ottavo Colle. Ideata per contrastare la monocultura giubilare, Laicittà insegue il sogno di una Roma senza papa e, per estensione, senza padroni, conflittuale, eretica, capace di memoria e indignazione.

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