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Ruvo di Puglia, la strage ferroviaria del taglio dei costi

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Non è stato il binario unico a fare strage di vite di pendolari e ferrovieri a Ruvo di Puglia. E’ stato il pensiero unico che comprime i costi, taglia la sicurezza e i diritti di chi lavora e di chi viaggia

di Checchino Antonini

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13luglio2016

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Non è stato il binario unico a fare strage di vite di pendolari e ferrovieri a Ruvo di Puglia. E’ stato il pensiero unico che comprime i costi, taglia la sicurezza e i diritti di chi lavora e di chi viaggia.

Non è stato un errore umano. E’ stato il medesimo inumano modello di sviluppo che sperpera risorse per grandi opere inutili e dannose, come il Tav, e condanna alla marginalità territori e infrastrutture che avrebbero bisogno di ammodernamento e manutenzione.

Ferrotramviaria, l’azienda che gestisce la tratta Bari-Barletta, opera su concessione di Rfi. Sulle linee ferroviarie dove circolano treni di Trenitalia, i sistemi di sicurezza automatici sono obbligatori. Su alcune delle linee date in concessione, invece, sono state previste deroghe dall’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif), un’agenzia del Ministero dei Trasporti: queste deroghe permettono di circolare anche ai treni gestiti solo con il blocco telefonico. Il tratto tra Andria e Corato era uno di questi. C’è un decreto del 2015 che equipara le reti ferroviarie italiane ma nessuno, da Palazzo Chigi alla Regione Puglia, gli ha dato seguito. Sulla sicurezza dell’esercizio ferroviario insistono due agenzie differenti (ANSF ed USTIF), che adottano norme differenti in tema di mezzi e sistemi di distanziamento ferroviario. Errore disumano è quello dei dirigenti aziendali, che non attrezzano linee e locomotive con sistemi tecnologici moderni perché troppo presi dalla ricerca di profitto.

Inaccettabile un livello così basso di sicurezza, nel XXI secolo, mentre si gettano quasi 400 milioni di euro pubblici per la “sicurezza” della Torino-Lione (reti, cancelli, videosorveglianza e per tutto ciò che dovrà proteggere il discutibile cantiere del tunnel dell’alta velocità gestito anche da imprese in odor di mafia). Ogni giornata di vigilanza al cantiere in Val Susa costa al contribuente novantamila euro sottratti a qualcosa di utile per tutte e tutti: scuola, sanità, cura del territorio, edilizia popolare.

Le vittime dell’incidente ferroviario in Puglia sono almeno 27, e i feriti più di cinquanta. I media della borghesia sono alle prese con la consueta operazione di mistificazione. Da un lato, sono stati utilizzati anche dei droni per spiare da ogni angolazione il dolore dei sopravvissuti, dei familiari delle vittime e le lamiere contorte dei due treni che si sono scontrati frontalmente su un tratto a binario unico della ferrovia Bari Nord, tra Andria e Corato. Dall’altro, si fa sparire ogni analisi critica su quanto è successo, dando grande risalto alle parole di circostanza, al cordoglio fasullo di chi ha spinto da decenni sull’accelleratore della deregulation, della privatizzazione e del definanziamento dei servizi pubbici. Anche la Cgil non sembra trovare le parole adatte e partecipa all’operazione disumana per impedire che il dolore diventi rabbia e la rabbia si faccia consapevolezza. Meglio la compassione.

Tutti e due i convogli, gestiti da Ferrotramviaria, una società privata pugliese, erano formati da quattro carrozze passeggeri, su cui viaggiavano in gran parte pendolari e studenti. È stata recuperata anche la scatola nera del treno proveniente da Corato. La procura di Trani ha aperto un’indagine contro ignoti per omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario. In parlamento il ministro Graziano Delrio ha sottolineato che l’incidente è avvenuto in una tratta il cui sistema di sicurezza è costituito dal blocco telefonico.

Nella tratta dell’incidente non c’era il Sistema controllo marcia treno (Scmt), un sistema che controlla se i macchinisti rispettano i semafori, le procedure corrette e i limiti di velocità. Se c’è qualcosa che non va, il Scmt invia un segnale al macchinista, e se il problema non viene risolto interviene automaticamente frenando il treno. Il sistema è presente su quasi 12mila chilometri della rete ferroviaria italiana, ma non è il solo: esistono altri dispositivi simili, come il Sistema Supporto Condotta (SSC), e in totale tutta la rete Rfi è coperta da un qualche tipo di sistema automatico di sicurezza. Sulla tratta dell’incidente, invece, non erano presenti questi sistemi. Il Scmt era installato sui treni, ma non funzionava perché non poteva dialogare con i binari della tratta, che sono troppo vecchi.

Dei circa 16mila chilometri di linee ferroviarie gestite in Italia da Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), società partecipata interamente da Ferrovie dello Stato, più della metà è a binario unico, così come lo sono 6mila dei 6500 chilometri di linee sulle quali operano società ferroviarie private in concessione (come Ferrotramviaria). Sono a binario unico, per esempio, molte tratte della Genova-Ventimiglia, una linea molto frequentata, della Roma-Pescara, della Firenze-Viareggio, Ferrara-Ravenna ecc… Parte della Bari-Barletta, la tratta su cui viaggiavano i due treni che si sono scontrati, è a doppio binario, parte no: l’incidente è avvenuto nella tratta a binario unico.

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