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Referendum costituzionale, spese da capogiro per il flop di Renzi

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Uno dei tanti volti noti che si sono battuti per la deformazione costituzionale scritta da Renzi e Boschi ma respinta a larghissima maggioranza dagli elettori

Quanto ci è costato il tentativo di Renzi di deformare la Costituzione? Il comitato per il sì ha speso 11 milioni e 600mila euro. 31 volte quello che ha speso il No

di Francesco Ruggeri

Uno dei tanti volti noti che si sono battuti per la deformazione costituzionale scritta da Renzi e Boschi ma respinta a larghissima maggioranza dagli elettori
Uno dei tanti volti noti che si sono battuti per la deformazione costituzionale scritta da Renzi e Boschi ma respinta a larghissima maggioranza dagli elettori.

Quanto ci è costato il tentativo di Renzi di deformare la Costituzione? Quasi dodici milioni di euro. Lo scorso 14 luglio 2017 alcuni quotidiani hanno dato la notizia che il solo Gruppo del Senato del Pd ha contribuito con 800.000 euro alla campagna per il Sì nel Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. In realtà, come spiega il tesoriere del Comitato per il No Antonio Pileggi, le cifre sono molto più ingenti. 
Infatti, spiega una nota del Comitato, «per avere cognizione completa degli ingenti finanziamenti gestiti direttamente o indirettamente sotto la regia del renzismo, a tale somma bisognerebbe aggiungere: 1) il contributo dato dal Gruppo della Camera del Pd; 2) le spese “investite” dal Pd, in quanto Partito; 3) i 500.000 euro a carico dello Stato in conseguenza dell’ineffabile iniziativa di raccogliere 500.000 firme a sostegno del sì; 4) le probabili donazioni per finanziare le innumerevoli attività di propaganda a favore del sì, ad esempio quelle riguardanti i 10.000 Comitati per il sì annunciati da Renzi in più occasioni».

Quindi a favore del sì alla riforma della Costituzione sono state spese «cifre da capogiro», che notizie di stampa, per altro, oggi quantificano in ben 11,6 milioni di euro.

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Quanto a Jim Messina, dal gruppo del Senato sono usciti 67mila euro, mentre da altre fonti giornalistiche, mai per altro smentite, risulta che il compenso al consulente americano sia stato di 400.000 euro. Una cifra che da sola «supera il totale delle entrate del Comitato per il No nel referendum costituzionale e del Comitato contro l’Italicum presieduti, rispettivamente, da Alessandro Pace e Massimo Villone».

«I numeri parlano da soli e non hanno bisogno di commenti – conclude la nota – Il bilancio 2016, approvato congiuntamente il 13 giugno 2017 dai Consigli direttivi dei due Comitati, ha registrato 375.000 euro di entrate, nella quasi totalità grazie alla sottoscrizione popolare. Peraltro il Comitato per il No nel referendum costituzionale non ha ottenuto il contributo pubblico di 500.000 euro per le difficoltà frapposte, dalla vigente legislazione, alla raccolta delle firme (ne sono state raccolte poco più di 400.000)».

 

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