Ovvero indagine teatrale su un periodo complicato: Equus, in prima nazionale al Duse di Genova da un testo del ’73 di Peter Shaffer
L’adolescenza prima di Adolescence. Molto prima. Ovvero, indagine teatrale su un periodo complicato e con un peculiare rapporto col sesso e la violenza anche prima delle serie Netflix. Prima degli influencer, prima dei social e del web, perfino prima di sms e telefonini.
A ricordarcelo è Equus, in prima visione nazionale al Teatro Duse di Genova riprendendo il testo del 1973 di Peter Shaffer, che mette in scena lo sgomento di Martin Dysart, psichiatra chiamato a confrontarsi professionalmente con l’enigma di una sofferenza deliberatamente inferta a creature innocenti – perché già da sempre al di qua del bene e del male – come gli animali.
La trama prende spunto infatti da un fatto di cronaca realmente accaduto, quando il diciassettenne Alan Strang accecò con un punteruolo di ferro, uno dopo l’altro, sei cavalli. «Un crimine allucinante, che mancava di una spiegazione coerente e aveva profondamente scosso i magistrati dell’epoca. – si legge nelle note alla prima edizione – accaduto in una fattoria nelle campagne londinesi, commesso da un ragazzo squilibrato. Il resto, ogni personaggio e ogni situazione sono una mia personale, eccetto il crimine in sé stesso: e anche questo l’ho modificato in accordo con quello che ritengo essere accettabile in una dimensione teatrale».
Così suonano infatti le battute iniziali di Dysart: «Che cosa mi aspettavo da lui? Molto poco, ve lo assicuro. Un’altra faccetta tormentata. Un altro adolescente disadattato. Il solito insolito. C’è un bel vantaggio a lavorare nel business del rattoppo mentale: non sei mai a corto di clienti»
Forse un po’ datato a uno sguardo contemporaneo, nel suo ricondurre la sofferenza mentale del ragazzo a un’educazione rigida e sessuofobica, ultimi cupi bagliori di una società disciplinare che di lì a poco sarebbe andata in pezzi, lasciando spazio a una società del controllo in cui il comando della produttività del Capitale non è più imposto nella catena di montaggio della fabbrica da un’autorità esterna ma viene interiorizzato nella dimensione dell’autorealizzazione personale nella precarietà delle professioni digitali, il testo di Shaffer dimostra la sua efficacia come riflessione sulla potenza – oppure l’impotenza – curativa della parola. Almeno quando non si limita a nominare con etichette che non riescono nemmeno a misurarlo, il caos interiore che abita l’animale abitato dal linguaggio.
In replica fino al 6 aprile lo spettacolo è diretto da Carlo Sciaccaluga, che ne ha curato anche traduzione e adattamento. E interpretato da Luca Lazzareschi, Pietro Giannini, Paolo Cresta, Pia Lanciotti, Camilla Semino Favro, Michele De Paola, Giulia Prevedello.
La storia di EQUUS in Italia e all’estero (1975 – 2025)
Nel 1973 Peter Shaffer, autore noto per un altro testo che mette a confronto generazioni e mondi come Amadeus, scrive Equus che ebbe una lunga fortuna e molte riprese, tra Londra e Broadway, interpretato da attori (oltre il giovane Peter Firth, nel ruolo di Alan Strang) del calibro di Tom Hulce, sempre nel ruolo di Alan Strang o Anthony Hopkins (poi sostituito da Anthony Perkins) e Richard Burton (nel ruolo dello psicanalista Martin Dysart).
La prima nazionale italiana fu – al Teatro Duse di Genova – il 6 dicembre 1975, mentre la prima assoluta londinese si tenne all’Old Vic – London National Theatre – nel luglio 1973 (regia di John Dexter con Peter Firth nel ruolo del ragazzo). All’epoca il testo ebbe molti riconoscimenti: un Tony and il New York Drama Critic’s Circle Award come miglior “dramma psicologico”. Del 1977, è il film di Sidney Lumet (sceneggiatura dello stesso Schaffer e regia) che ebbe tre candidature agli Oscar: sceneggiatura (di Shaffer) e attori (Peter Firth e Richard Burton), mentre il giovane attore Peter Firth vinse il Golden Globe come attore non protagonista.
Info e biglietti
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