Le norme tecniche di attuazione del Prg sono un regalo ai palazzinari, soprintendente e società civile le bocciano. Gualtieri tira dritto
Anche la Soprintendenza Speciale di Roma boccia le norme tecniche di attuazione del PRGC di Roma Capitale. Una bocciatura che arriva in simultanea con quella pronunciata da numerose associazioni (tra cui Arci Roma) e comitati in una conferenza stampa al Campidoglio. Dai cinema all’edilizia verticale, dalla dismissione degli edifici abbandonati agli accorpamenti fra unità edilizie che rischiano di “alterare irreversibilmente la struttura della città storica”: tredici pagine firmate dalla soprintendente speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, Daniela Porro, che sono arrivate sui tavoli del Campidoglio. Il fascicolo riguarda la “trasmissione valutazioni preliminari e prescrizioni” per la “delibera di adozione della variante alle norme tecniche di attuazione (Nta) del piano regolatore generale (Prg)” della Capitale e mette in evidenza diversi punti critici rispetto alla delibera 169 dell’Assemblea Capitolina dello scorso 11 dicembre, sottolineando criticità e avanzando alcune richieste di modifica. Non senza un richiamo all’etichetta istituzionale, con riferimento all’esclusione della soprintendenza da un procedimento in cui appaiono norme “espresse in modo astratto”, che implicano il rischio di “ambiguità nell’applicazione, contrarie al principio di trasparenza”.
Nel dossier si avverte che la trasformazione del tessuto “sembra essere affidata all’iniziativa dei singoli” e “sembra volersi delineare un nuovo sviluppo della città che fino ad oggi era assegnato ad una progettualità coordinata e pianificata”.
Particolare attenzione nel documento sul tema dei cinema della Capitale, da tempo nell’occhio del ciclone anche per le polemiche innescate da una proposta di legge regionale che potrebbe facilitare il cambio di destinazione d’uso di un centinaio di sale: secondo la soprintendenza, infatti, “si pone a serio rischio la loro conservazione come tipologia edilizia – vista la previsione dell’incremento di Sul (la superficie utile lorda, ndr.) fino al 50%, che la norma così modificata permetterebbe e visto anche il cambio di destinazione d’uso secondo le norme di componente – generando in tal modo la concreta possibilità di una perdita di queste architetture tra le quali molte rivestono importante valore culturale”. La soprintendente Porro, inoltre, prende in esame la scelta del Campidoglio di “preferire soluzioni progettuali volte a prediligere lo sviluppo verticale degli edifici”: “Devono essere garantiti – scrivono da piazza dei Cinquecento – sia il non ulteriore consumo di suolo, ma anche e soprattutto le relazioni di visuale e percezione a tutela del paesaggio circostante, non privilegiando lo sviluppo in altezza dei nuovi fabbricati, come invece espresso nelle nuove norme senza una precisa contestualizzazione”.
Nelle valutazioni della soprintendenza anche il tema degli “incentivi per il rinnovo edilizio” e gli “edifici abbandonati e degradati”, che vengono così definiti se dismessi da soli tre anni”. Le previsioni dell’assemblea capitolina sono volte “a favorire una sostituzione di interi organismi
edilizi, anche con significativo valore storico, con la realizzazione di costruzioni ex-novo, piuttosto che intervenire sulla valorizzazione e riqualificazione e quindi rigenerazione dell’edificato urbano
esistente”. “Accorpamenti e frazionamenti tra unità edilizie”, che nel centro urbano “spesso sorgono su strutture archeologiche preesistenti”, potrebbero “alterare irreversibilmente la struttura della città storica, cancellando la complessità della sua stratificazione, a partire da quella archeologica”.
Uno dei nodi più critici è l’eliminazione “della valutazione congiunta – negli immobili ancora non soggetti a specifici provvedimenti di tutela ma censiti nella Carta per la Qualità – di Soprintendenza statale e Sovrintendenza comunale, sugli interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e restauro o risanamento conservativo, limitandolo alla sola ristrutturazione edilizia. Questo declassamento determinerebbe una perdita di tutela su un’ampia parte del patrimonio edilizio che, pur non essendo vincolato dal Codice dei Beni Culturali, rappresenta un elemento di rilevante valore storico-culturale. Una deregolamentazione a tutto favore dell’iperturismo perché va a investire i “contesti di valore storico-documentario, in particolar modo quando si tratta di progetti invasivi e non accorti che implicano consistenti opere di sistemazione insediativa o turistico-ricettiva”. Infatti, nel dossier si sottolinea come “la vocazione di residenzialità andrebbe persa irrimediabilmente” con l’introduzione della “possibilità di cambiamento di destinazione d’uso da funzioni singole a altre funzioni” che “consentirebbe la conversione da residenziali ad alberghiere degli immobili che abbiano il 70% della struttura ad attività di tipo ricettivo extralberghiero”.
Per questo la Soprintendenza chiede di istituire “un tavolo tecnico per la necessaria revisione del protocollo d’intesa del 2009” e che venga “modificato il parere che questa soprintendenza rilascia” sul territorio “della Città storica dichiarata Patrimonio dell’Umanità all’interno delle Mura aureliane, da ‘consultivo’ a ‘vincolante’, al fine di garantire un’azione di tutela sul costruito storico più incisiva e volta alla salvaguardia delle valenze storiche, monumentali e paesaggistiche che lo contraddistinguono. Tale parere dovrà essere esteso anche ai cambi di destinazione d’uso e alle ristrutturazioni edilizie che determinano l’accorpamento di diverse unità edilizie”. La soprintendenza chiede quindi che “siano aggiornati” gli “elaborati prescrittivi e gestionali del Prg in collaborazione con questo ufficio, essendo quelli vigenti gravemente carenti e, pertanto, del tutto inadeguati a testimoniare l’eccezionale ricchezza di monumenti antichi e di preesistenze certe nel sottosuolo del Comune di Roma”.
Da parte sua il Campidoglio, ritiene opportuno precisare che non c’è nessuna “bocciatura” e «che l’iter di approvazione va dunque avanti come previsto», comunica l’Assessorato all’Urbanistica e alla città dei 15 minuti di Roma Capitale, l’Amministrazione Capitolina «si riserva di analizzare nel merito le osservazioni avanzate dalla Soprintendenza Speciale di Roma, con cui l’Amministrazione da sempre collabora e continuerà a collaborare nel massimo rispetto delle prerogative istituzionali proprie della Soprintendenza ma tutelando e confermando nel contempo le prerogative proprie di Roma Capitale e dell’Assemblea Capitolina, che costituisce l’organo competente a definire le strategie di pianificazione della città, rappresentativo dei cittadini romani, democraticamente eletto e che ha votato a stragrande maggioranza il dispositivo normativo delle Nta».
Insomma, Gualtieri tira dritto, come fa con quei settori di cittadinanza attiva che si battono contro progetti devastanti piovuti dal cielo dopo promesse elettorali di tutt’altro tenore.
«Questa visione di città disegnata con le modifiche alle NTA, è un’idea che non sembra rispondere neanche a quegli intenti che in fase elettorale il sindaco Gualtieri ha messo nero su bianco proprio nel programma che parlava anche di città verde, sostenibilità, contrasto ai cambiamenti climatici, richiamando alla rete ecologica come al sistema parchi – ha detto Barbara Manara, delegata all’Ambiente di Arci Roma – invece, si nega la partecipazione per sancire in modo inequivocabile lo spostamento di sovranità da chi quei territori li abita a chi li interpreta solo come una ghiotta occasione di guadagno».
Anche numerose associazioni e comitati (tra cui Arci Roma, WWF, Italia Nostra, Extinction Rebellion, Fridays, no stadio, Lago Ex Snia, Quarticciolo ribelle ecc…) hanno denunciato, con osservazioni puntuali, come le nuove NTA, presentate come “necessarie alla rigenerazione”, agevolano invece l’attività edilizia e sono in contrasto con le politiche per il clima grazie a «generosi premi volumetrici e incentivi agli imprenditori privati ma non producono benefici per gli spazi pubblici, il verde e i servizi alla cittadinanza. Anzi, è alto e concreto il rischio che la “rigenerazione” non rispetti nemmeno gli standard di verde e servizi fissati dal PRG del 2008 in 22 mq abitante (di cui 9,5 a verde)».
Infatti, mentre vengono aggiornate le norme tecniche di attuazione, è rimasto immutato l’articolo 72 del PRG sulla Rete ecologica. La rete ecologica di un Piano Regolatore è un insieme di habitat interconnessi che mira a salvaguardare la biodiversità. È una componente fondamentale del PRG che definisce le regole per le trasformazioni urbane, concepita come uno strumento prescrittivo di “raccordo dinamico” tra le spinte alla trasformazione e la difesa delle biodiversità.
Denunciano le associazioni, che alla vigilia della conferenza stampa hanno promosso un mail-bombing che ha coinvolto migliaia di persone, che le aree pubbliche a standard non realizzate e decadute tornano nelle disponibilità edificatorie dei privati, che non c’è verifica dello stato di attuazione del PRG vigente da 20 anni e non è prevista la valutazione dei carichi che risulteranno dal sommarsi di cambi di destinazione d’uso, incentivi, premi, ricostruzioni, monetizzazione degli standard in generale destinata a infrastrutture e non a spazi verdi e servizi o mancanti o resi necessari dall’aumento di popolazione attratta dalle trasformazioni. Inoltre è stabilita la derubricazione a silenzio-assenso dei poteri della Sovrintendenza Capitolina a tutela del patrimonio storico minore. Nell’area centrale dove, con l’unico obbligo di conservare le facciate antiche, accorpamenti, demolizioni e sostituzioni favoriscono gli usi commerciali. L’integrità paesistica dell’Agro è minacciata anche da “usi complementari” all’attività rurale per aziende rilevate in produzione nel 1997, che nel frattempo possono avere cessato l’attività.
Paradossale il contrasto con l’ambizioso obiettivo che la stessa Giunta capitolina si è data di raggiungere la neutralità delle emissioni di CO2 nel 2030. Per questo il cartello di soggettività chiede di subordinare l’approvazione delle Norme tecniche all’ottemperanza delle indicazioni di Piano per restituire alla Rete il ruolo di “elemento strutturante” delle scelte urbanistiche, nel senso auspicato dalla Strategia climatica di “spina dorsale dei servizi ecosistemici della città di Roma”.