L’ordito sul retro del tappeto volante

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Lo specialista di fantastico Franco Pezzini dà alle stampe la sua prima opera di finzione, Morte astrale [Luca Cangianti]

Che cos’è un’avventura? Il dizionario Treccani definisce questa parola come “Impresa rischiosa ma attraente e piena di fascino per ciò che vi è in essa d’ignoto o d’inaspettato”. Vivere un’avventura è uscire dal mondo ordinario, presuntamente noto, per esplorare un altro mondo sconosciuto, pieno di sfide che ci cambieranno per sempre. Insomma, affrontare un’avventura significa imbarcarci per un viaggio necessariamente “interplanetario”: i mondi possono essere quelli dell’amore, della psiche, della vita quotidiana, del selvaggio west o degli spazi intergalattici, ma la sostanza non cambia. Nel caso di Morte astrale, il romanzo di Franco Pezzini edito recentemente da Polidoro, il “mezzo di trasporto” è la magia che mette in comunicazione i mondi paralleli del visibile e dell’invisibile. Tale permeabilità può essere sfruttata a fini di pura sperimentazione cognitiva, ma anche per far giungere a noi entità orrende dalle intenzioni malvage. Ogni via può esser percorsa in entrambi i sensi.

Le linee narrative sono due. La prima si svolge nel 1904, in una Londra edoardiana descritta con grande vivacità: Ariadne, una giovane e pragmatica donna gallese, giunta in città per lavoro, assiste a uno strano omicidio e viene trascinata da un libraio socialista amico di H. G. Wells, e dalla sua squinternata banda di soci, in un’impresa volta a sgominare il più atroce dei complotti. La seconda linea narrativa si svolge nel XIII secolo quando il poeta Wolfram von Eschenbach incontra un misterioso vescovo-conte. Le fila della narrazione si intrecceranno per precipitare in un redde rationem mozzafiato.

Franco Pezzini, pur alla sua prima esperienza narrativa, ha al suo attivo una sterminata produzione saggistica e può esser definito senza timor di smentita il maggiore esperto italiano di fantastico. Non stupiscono quindi alcune dettagliate ambientazioni londinesi che rimandano ai luoghi di Dracula, ma anche a quelli di Karl Marx (per altro esplicitamente citato). Questo filosofo è quello che più di ogni altro ha usato il fantastico a fini epistemologici. Se in Morte astrale creature immonde strisciano nella nostra dimensione “Grazie a certe note-chiave, a particolari sequenze di nomi barbari”, il percorso opposto della fenomenologia demistificante marxiana si avvale della trasformazione dei valori in prezzi, passando dall’ordinario e visibile mondo della circolazione descritto nel terzo libro del Capitale, a quello orrifico e nascosto del primo libro. Pezzini fa dire a un suo personaggio che la realtà è “come l’ordito sul retro del tappeto” e Marx avrebbe concordato pienamente.

I personaggi sono sbozzati come in un fumetto o in un film della Hammer, mentre registri alti e bassi si fondono in una armonia weird in cui l’autore riversa tutta la sua erudizione di ricercatore di tradizioni mitiche e magiche. Il risultato tuttavia non rallenta il ritmo, ma crea suspence. E così gli enigmi da risolvere si alternano ad agnizioni, inseguimenti e combattimenti degni di Guerre stellari. Lo stesso dicasi per la ricercatezza lessicale che lungi dal frenare il godimento della lettura ha la funzione di immergerci negli ambienti narrativi degli inizi del XX e del XIII secolo.

Insomma, se la realtà è un ordito sul retro di un tappeto, nel caso Franco Pezzini si tratta di un tappeto volante.

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