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Grasso che cola, la tele-ideologia padronale

 

Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere, dice che i giovani non sono abituati a lavorare, ma non è vero, e il più celebre quotidiano nazionale fa una brutta figura

Di Marco Vulcano

aldo grassoLa metà dei giovani a cui è stato offerto un lavoro retributo all’Expo di Milano ha detto no. Questa la (non) notizia che, nella giornata di ieri, è rimbalzata in tutte le emittenti radio-televisive e sul web riportando ai auge la tristemente nota sociologia delle giovani generazioni dell’ex ministro Elsa Fornero, passata alla storia per aver definito i giovani italiani “Choosy” (schizzinosi riguardo al lavoro) calcando le orme di un altro ministro, Tommaso Padoa Schioppa, che prima di lei li aveva descritti come “bamboccioni”.

Cassa di risonanza di questa non-notizia è stata una videointervista di Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, che sulla sua consuetudinaria rubrica ospitata dal sito del quotidiano esordisce così: «Quando ho letto la notizia sul sito del Corriere sono rimasto un po’ sconcertato. Poi la notizia è passata sui telegiornali e allora è passato lo sconcerto. Sta per aprire l’Expo, sono stati selezionati 600 giovani selezionati per aiutare i visitatori a non perdersi dentro la manifestazione, e di questi 600 circa la metà ha detto no».

Davanti a questo rifiuto del lavoro Grasso, dicendo di non voler fare del moralismo, etichetta i giovani come «generazione non abituata al lavoro» (questo è moralismo, qualcuno lo avverta!), preconizzando che presto dovranno imparare a farlo.

Lo sperano in molti di abituarsi presto a lavorare, ma evidentemente a forza di guardare la televisione a Grasso deve essere sfuggito qualche piccolo dettaglio, tipo il fatto che il lavoro in Italia non c’è. Evidentemente, nel film che il critico del Corriere ha guardato in questi ultimi tempi non hanno parlato del record di disoccupazione giovanile raggiunto nel Bel Paese, ma tant’è. Del resto, cosa ci si può aspettare da chi cerca le notizie sul sito del Corriere? Non è infatti chiaro come sia possibile informarsi da un giornale che parla di giovani che rifiutano il lavoro senza nemmeno provare a intervistarne uno. Probabilmente è paura di essere sbugiardati, e a ragione, ma di certo non è buona informazione.

I numeri spacciati per oro colato dall’osservatore televisivo del Corriere sono infatti quelli della Manpower, l’agenzia per il lavoro che avrebbe offerto quei lavori. Dati di fonte padronale che parlano di retribuzioni che superano i 1000 euro mensili, spacciati per Vangelo, ma che in realtà non rispondono al vero e non dicono nulla sugli stage da 500 euro con trasporti a carico del candidato (il che riduce il compenso a zero), né del fatto che Manpower abbia chiamato i ragazzi selezionati a pochi giorni dall’inizio dell’evento e senza preavviso, pur avendo fatto i colloqui diversi mesi fa. Come se si dovesse e potesse vivere per mesi in attesa del responso dell’Expo, senza cercare e magari trovare altro. Sono numerose le interviste di ragazzi che hanno rifiutato il lavoro a Expo comparse nel web, i cui racconti sono molto diversi da quelli costruiti sui dati Manpower.

L’operazione del Corriere è andata decisamente male, e la diffusione a reti unificate di una versione dei fatti tutta ideologica e padronale alla fine è stata smentita anche dalla stessa Manpower, che in un comunicato diffuso in serata ha ridimensionato il tasso di abbandoni, che non sarebbe di 8 su 10 come affermato dal Corriere, ma di quasi 1 su 2. Tutti con motivi più che legittimi che nulla hanno a che fare con la svogliatezza dei candidati.

C’è però dell’altro. Nella sua video-critica ai giovani che fuggono da Expo Grasso afferma che i candidati selezionati avrebbero dovuto aiutare le persone a non perdersi all’interno della manifestazione. Eppure i questionari Manpower parlano di “opportunità di lavoro in ambito logistica e manutenzione”, ovvero addetti alle pulizie. Manpower al primo punto del questionario per questo lavoro chiede il sesso del candidato, una cosa proibita dalle norme europee e italiane (legge 903/77, Parità di trattamento tra uomini e donne). Come mai non si dice nulla su questo? Forse Grasso deve aver cambiato canale al momento sbagliato. Peccato. Sullo schermo avrebbe potuto comparire la realtà.

1 COMMENTO

  1. L’articolo lo condivido, però attenzione a non esagerare con la parità dei diritt, anche se non è questo il caso, perchè se un giorno le donne in nome della parità dovranno fare gli stessi identici lavori degli uomini, compresi quelli di fatica come il manovale in un cantiere edile, non penso si sarà fatto chissà quale passo avanti, ma una regressione incredibile. Per molti lavori vanno bene sia donne che uomini, ma per altri io spero che a farli siano sempre gli uomini o al massimo le macchine. Comunque ripeto non è questo il caso, però mi è capitato di leggere articoli di giornalisti che esaltavano le donne che magari erano costrette a lavorare per necessità (non parlo dell’archittetto, del geometra etc.etc) nei cantieri o nei porti facendo passaggio il messaggio che questo rappresentava il massimo dell’emancipazione, mentre in realtà è tutto il contrario. ciao

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