Morto a Gaza, per la detonazione di un missile israeliano inesploso, il video-reporter Simone Camilli, era di Roma, e aveva 35 anni.
Una squadra di artificieri palestinesi stavano cercando di disinnescare uno dei missili sganciato da un F16 israeliano a Beit Lahya, nel Nord della Striscia, e rimasto inesploso. Ma non ce l’hanno fatta, e con loro tre se ne sono andati Ali Shehda Abu Afash, il traduttore palestinese dell’altra vittima, il video-reporter italiano Simone Camilli, trentacinquenne, collaboratore di diverse agenzie internazionali, tra cui Ap. Molti i feriti, alcuni gravi.
A Gaza si continua a morire, anche durante la tregua in scadenza alla mezzanotte di oggi, mentre ancora non è dato sapere se esiste una reale possibilità di accordo, viste le distanze siderali tra le parti.
Con Israele che vuole il disarmo del braccio armato di Hamas, le Brigade Ezzedin al-Qassam, e Hamas che vuole il ritiro totale di tutte le forze israeliane sul territori della Striscia e la fine immediata del blocco che va avanti dal 2007. In tutto questo, c’è la popolazione di Gaza che si ritrova senza case (ne sono state distrutte dai raid israeliane circa 20.000), senza lavoro, e con tanti lutti; ma provano lo stesso ad inventarsi una normalità, con le scarse risorse che hanno, in attesa che arrivino le 24 di questa sera, per sapere se devono prepararsi ad affrontare un’altro tipo di normalità, l’aggressione. Sono queste “normalità” gazawi che Simone Camilli ha voluto rappresentare nei suoi video. Lui, che è nato che questo conflitto andava avanti da anni. Ricordiamolo con alcune delle sue immagini.
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