Covacich, storia di Pippa e altri disamori

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La sposa. Un viaggio di Mauro Covacich nella sterilità contemporanea

di Maurizio Zuccari

La sposa, Covacich

Tutto inizia con la storia di Pippa Bacca, artista e performer che nel 2008 si mette in viaggio con l’amica Margherita. In coppia, girano vestite da sposa – La sposa è il titolo del libro di cui si parla, le sue scarpe stanche campeggiano in copertina – in autostop, accettano passaggi dagli sconosciuti che incrociano lungo le strade del mondo dilaniate dalla guerra, dai Balcani alla Turchia, per mostrare a sé stesse e agli altri che un altro mondo, fatto di fiducia e amore, è possibile anche nei luoghi più martoriati della terra. E tutto procede come se vivessero davvero nel migliore dei mondi possibili, fino alla separazione, fino all’ultimo tratto dove il caso e l’orrore prendono il sopravvento sul desiderio d’amore. Le sue scarpe, sporche e stanche, restano lì, sulla copertina, a mostrare quel viaggio finito nel peggiore dei mo(n)di possibili, spezzato come il sogno d’un amore impossibile.

Il viaggio di Pippa fornisce a Marco Covacich (Trieste, 1965) l’incipit per confrontarsi con il desiderio cassato di buona parte dell’Occidente di fare figli. Con l’incapacità, o la mancata volontà, di mettere al mondo altre vite, annullate dal desiderio d’avere, per sé, quello che mai si sarà capace di dare ad altri: libertà, speranze di successo, una bella vita, insomma. O, semplicemente, schiacciati dalla paura di viverla fino in fondo. Diciassette storie con cui l’autore tocca la tragedia della sterilità – voluta o subita poco importa – per mettere in scena una tragedia degli equivoci umani con la quale sfiora addirittura la vittoria allo Strega, con questo volume di racconti, di per sé sono poco frequentati dalla narrativa italiana contemporanea e inadatti a dare la vittoria a un premio. Quanto allo Strega, poi, viene da dire che vale per il premio quel che vale per la strategia della tensione. Si chiudono i passaggi laterali e la strada da seguire resta una, poco importa se eterodiretta o meno. L’agire umano appare complesso e forse lo è, ma questa è un’altra storia.

Diciassette storie, invece, sono quelle che l’autore estrapola da vicende di cronaca tanto reali da essere surreali e dal proprio vissuto. Cronache biografiche e tout court. C’è Pippa e il suo cuore messo in ghiaccio per offrire un’altra opportunità di vita, anch’essa mancata. Un giovane parroco destinato a fulgida carriera alle prese coi turbamenti onanistici della carne. Miliardi di vite non nate che colano giù da un tronco, gente piena di un futuro che mai avrà, un potenziale immenso di amori, amicizie, esperienze personali, ricordi che mai saranno. C’è la vicenda dell’Unabomber attivo nel Nordest fino alla metà degli anni zero e quella del tale vissuto con un branco di lupi in casa. E c’è un safari umano. La storia più tragica e a suo modo vera, orribile e sublime a un tempo, che chiude il cerchio dei diciassette racconti. Un percorso iniziato nel ‘98 con Anomalie e proseguito con La sposa, appunto.

Da tanta carne umana al fuoco emerge un percorso sullo squieto vivere contemporaneo e in definitiva un buon libro, nonostante l’evidente disparità dei racconti e delle note personali, lasciate cadere quasi a caso tra le pagine. C’è pure, ed è qui che la narrazione si fa letteratura, spazio per qualche pillola di saggezza. Come quando si parla di Pordenone, città nata dal niente – ma solo ciò che è stato niente può diventare tutto. O si entra nella psiche di un sedicente sant’uomo per dire, con Simone Weil, che ogni volta che facciamo qualcosa con cura – e diciamo pure con amore, ndr – distruggiamo il male che è in noi. O si lancia, verità delle verità in fatto di sterilità, il j’accuse ai genitori caparbiamente convinti di fare del bene al mondo figliando. Riprodursi non è né buono né cattivo, ammonisce Covacich. Non siete voi a riprodurre la vita, ma è la vita a riprodursi attraverso i vostri corpi. Nessuno si realizza attraverso i propri figli. Nessuno, se non la natura stessa. Che in tempi di superbabysmo dilagante, del figlio “uber alles ” visto come suprema realizzazione del sé, e allo stesso tempo di ostentato negazionismo della famiglia naturale, non è poco.

Mauro Covacich, La sposa, Bompiani, 185 pagine, 16 euro

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Maurizio Zuccari
Giornalista e scrittore, è nato il primo novembre 1963 a Poggio Mirteto, in Sabina, e vive a Roma. Dopo l’alberghiero a Rieti e la leva come ufficiale di complemento a Firenze, si è laureato in scienze politiche alla Sapienza di Roma (Comunismo e titoismo, con Pietro Scoppola, 1994) e si è specializzato in scienze della comunicazione (Il consenso videocratico: masse, media e potere nella transizione dalla partitocrazia alla telecrazia, con Mario Morcellini, 1996). Ha scritto su Paese Sera, il Manifesto, Diario, Medioevo, Archeo, Ragionamenti di Storia (dove ha provato, grazie a documenti inediti, l’uso dei gas da parte dell’esercito italiano nella guerra d’Etiopia). Ha ideato e diretto il mensile Cittànova (1996-97). È stato caporedattore dei periodici d’arte Inside Art e Sofà (2004-2014). È opinionista sul quotidiano Metro e su Agi. Ha pubblicato il Dito sulla piaga. Togliatti e il Pci nella rottura fra Stalin e Tito, 1944-1957, Mursia, 2008. Con questa casa editrice è uscito il romanzo fantastorico Cenere (2010), primo di una trilogia sul mito. Sito www.mauriziozuccari.net.

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