«Salvini è un nazista». Dirlo non costituisce reato

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Non luogo a procedere contro Paolo Ferrero che scrisse: «Salvini non è uno sciacallo ma un nazista». Il fatto non costituisce reato. Ecco perché

di Ercole Olmi

Alcuni mesi fa Salvini – fa sapere Paolo Ferrero, segretario Prc – mi querelò perchè gli diedi del nazista. Avevo scritto che: “Salvini non è uno sciacallo. Gli sciacalli agiscono per istinto animale non per calcolo. Salvini al contrario usa i disastri e lo spaesamento prodotti dal neoliberismo per costruire scientificamente la guerra tra i poveri e la ricerca di capri espiatori nel diverso. Salvini non è uno sciacallo ma un nazista, come quelli che all’inizio degli anni ’30 gridavano al complotto giudaico massonico”.

Il Tribunale di Torino ha emesso sentenza in cui dichiara di non doversi procedere perché il fatto non costituisce reato. A Ferrero erano state contestate alcune affermazioni postate su Facebook il 19 aprile 2015. Dopo la denuncia di Salvini, la procura di Torino aveva presentato una richiesta di decreto penale di condanna. Secondo il tribunale, però, Ferrero si limitò a esprimere «un giudizio particolarmente negativo in ordine alla strategia politica utilizzata da Salvini per riscuotere un ampio consenso popolare». L’allusione al nazismo venne «circoscritta» a un preciso momento storico in cui il partito hitleriano adottò una determinata «strategia politica». Quello di Ferrero fu dunque solo «parallelismo» fra «le modalità utilizzate per conquistare una robusta base elettorale che, secondo il suo giudizio, avrebbe fatto leva in entrambi i casi su un generale stato di malcontento provocato dalla crisi economico-finanziaria e l’insofferenza» verso determinate minoranze.

«Si tratta di una sentenza importante – commenta lo stesso Ferrero – che riconosce la piena legittimità di denunciare come Salvini sia un nazista in quanto usa argomenti simili a quelli dei nazisti che all’inizio degli anni ’30 hanno basato i loro consensi sulla costruzione della guerra tra i poveri e dei capri espiatori. Si tratta di una acquisizione rilevante perché “historia magistra vitae”, dalla storia si può e si deve imparare. Importante perché l’esito finale del nazismo sono stati i campi di concentramento e l’aberrazione dell’Olocausto ma i nazisti hanno cominciato a costruire il proprio consenso, nella drammatica crisi prodotta dalle politiche liberiste del governo Bruning, proprio attraverso l’istigazione sistematica dell’odio verso il diverso. Sono evidenti i parallelismi tra le parole e i concetti che usa Salvini e quelli usati dai nazisti per prendere il potere. Chiamare le cose con il loro nome è il primo passo per potersi difendere da chi ripropone tesi che nel passato hanno portato ad una barbarie che l’umanità – con il contributo determinante dei comunisti e delle comuniste – ha sconfitto».

Una rapida ricerca su fb rivela che il leader di Rifondazione non è poi così solo a dire che Salvini è nazista: dai rom della Capitale fino al fotografo Oliviero Toscani, dallo scrittore Christian Raimo, che lo ha definito il nazista acchiappalike, fino a siti come l’Osservatorio antifascista lo hanno detto e scritto così come le migliaia di persone che, su e giù per la penisola contestano il giovane capo della Lega che non disdegna la frequentazione di convegni neonazi, sortite xenofobe e che, almeno per un periodo, ha anche flirtato con Casapound, l’associazione fascista (del III millennio) preferita dal Viminale, stando al contenuto omissivo e ambiguo di certe informative.

Per concludere: dire che Salvini è un nazista non costituisce reato. Ma esserlo sicuramente sì. Ecco l’ordinanza.

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