Come risponderanno i movimenti sociali al Pacchetto Sicurezza?

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Meloni campione di scavalcamento del Parlamento e il pacchetto Sicurezza si fa decreto [Checchino Antonini]

L’hanno chiamato “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”. Finora veniva indicato come Pacchetto Sicurezza oppure come ddl 1660. Noi ne abbiamo scritto come del manifesto politico ed ideologico in cui il governo Meloni combina repressione politica, controllo sociale, populismo penale, proibizionismo, cultura patriarcale, classismo e razzismo: 23 nuovi reati che vanno a combinarsi con altri 47 coniati al tempo in cui al Viminale c’era Salvini e che rischia di essere un punto di non ritorno in una fase politica contrassegnata dalle tentazioni autoritarie di governi di ogni foggia dentro la cornice inquietante della post-democrazia e dei venti di guerra.

La novità sostanziale è che non è più un disegno di legge ma un decreto-legge perché in questo modo il governo di destra salta a piedi pari il dibattito parlamentare anche se non c’era altra insidia se non la “seccatura” di una terza lettura in Aula con il rischio di una certa visibilità del dibattito. Inoltre, qualche ora dopo uno dei soci di minoranza della coalizione avrebbe potuto vantarsi del risultato conseguito al congresso della sua Lega.

Così, venerdì 4 aprile, il Consiglio dei ministri, “su proposta del Presidente Giorgia Meloni, del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, del Ministro della giustizia Carlo Nordio e del Ministro della difesa Guido Crosetto”, ha approvato questo decreto-legge mentre non lontano da Palazzo Chigi uno schieramento di forze imponente impediva (anche con qualche manganellata) che un piccolo corteo (3-400 persone), convocato in fretta e furia non appena saputo della virata da ddl a decreto, sfiorasse quel palazzo o Montecitorio o Palazzo Madama.

Inquietante abuso del decreto legge

Ce lo hanno insegnato da piccoli che l’abuso del decreto legge viola la separazione dei poteri, elemento imprescindibile di una democrazia costituzionale. Va detto che nessuno dei governi che si sono succeduti negli ultimi anni ha rinunciato alla tentazione di decretare. Una tendenza che accomuna anche altre “democrazie”. Si pensi agli abusi di Macron e prima di lui di Hollande per imporre, rispettivamente, la riforma delle pensioni e la loi travail.

Stando al conteggio di Openpolis, “già nel 2023 l’attuale esecutivo era primo per numero medio di decreti legge pubblicati al mese (3,6). Seguono i governi Draghi (3,2) e Conte II (3,18). Il 55,8% delle leggi approvate durante l’attuale legislatura sono conversioni di decreti. È il dato più alto degli ultimi anni. Dei 39 decreti emanati, 11 sono omnibus. Cioè affrontano contemporaneamente temi diversi, anche molto distanti tra loro”.

La tendenza è sempre più inquietante e ora ricorda da vicino le parole di Mussolini che, all’epoca del dibattito sulla legge Acerbo, spiegò che il governo interviene «nella sua più alta ma anche più concreta significazione di Istituto atto a risolvere nel modo più rapido, fermo e univoco tutte le molteplici questioni che nell’azione quotidiana si presentano, non impacciato da preventive compromissioni, non impedito da divieti insormontabili, non soffocato da dissidi, non viziato nella origine da differenze ingenite di tendenze e di indirizzi».

Maquillage per assecondare il Quirinale

I rilievi del Quirinale, su cui si appuntavano le speranze di molti, si sono tradotti in alcuni smussamenti degli angoli, come nel caso delle madri detenute o della richiesta di documento per la vendita della Sim agli stranieri (non è necessario il permesso ma c’è l’obbligo di un documento di identità). Oppure sono stati oggetto di interventi di maquillage, come quando si specifica, a proposito della resistenza passiva in carcere, che gli ordini la cui disobbedienza è punita riguardano il mantenimento dell’ordine e della sicurezza, vuol dire tutto e il suo contrario. Così nella norma che riguarda l’aggravante «grandi opere», dove il riferimento alle opere pubbliche o infrastrutture strategiche è sostituito con «infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici». Positivo, invece, lo stralcio della collaborazione di pubbliche amministrazioni e università con i servizi segreti, in deroga al diritto di riservatezza.

Insomma, in quelli che Nordio (vi ricordate quando si riteneva che fosse un garantista?) chiama i «34 articoli sostanziali del testo», c’è praticamente tutto, i nuovi reati e le aggravanti dell’ex ddl 1660: il reato di blocco stradale, la ridondante punizione dell’occupazione di immobili, l’ampliamento del daspo urbano ecc… Restano di fatto tutte le criticità del “pacchetto sicurezza” denunciate dall’Unione delle Camere Penali Italiane «relative alla inutile introduzione di nuove ipotesi di reato, ai molteplici sproporzionati e ingiustificati aumenti di pena, all’introduzione di aggravanti prive di alcun fondamento razionale, alla criminalizzazione della marginalità e del dissenso, ed all’introduzione di nuove ostatività per l’applicazione di misure alternative alla detenzione».

Che fare?

E ora? Le speranze che da qualche parte dell’iter parlamentare si inceppasse il cammino del catalogo della repressione sono ormai svanite, come pure l’illusione rispetto a presunte divisioni – sullo specifico di queste norme – tra i tre partiti di maggioranza. Restano le ambiguità delle opposizioni, in particolare del Pd, sull’idea stessa dell’agibilità del conflitto sociale: se non bastassero i precedenti di Minniti al Viminale, fu lui a inventari i Daspo per i sindacalisti, si pensi allora a come il fronte Yes Tav, per bocca dell’allora senatore Esposito, agognava nell’equiparazione dell’infrazione di blocco stradale al reato gravissimo di sequestro di persona.

Resta una timidezza dello spazio politico, che pure ha saputo organizzare la manifestazione nazionale del 14 dicembre scorso, nell’organizzare una convergenza efficace tra le lotte che verranno probabilmente travolte o annichilite dall’irrompere del decreto. Perché è bene ricordare che precarizzazione, estrattivismo, riarmo, grandi opere, proibizionismo e repressione sono i pilastri del neoliberismo. C’è bisogno di una dose enorme di creatività collettiva per inceppare i meccanismi della repressione anche perché uno degli effetti è che il decreto sicurezza va immediatamente a intaccare il repertorio delle forme di lotta che già prima correva il rischio di essere solo una gamma di riti a uso e consumo dei dispositivi massmediatici. Ripensare le forme di lotta, nell’ottica di una convergenza delle istanze sociali subalterne, significherebbe aprire (o riaprire) quelle istituzioni di movimento che invece sono state troppo spesso mimate, o sacrificate, in nome della ricerca di egemonia di questa o quella componente, o per un “si salvi chi può” da parte di settori di ceto politico nel naufragio dei corpi intermedi. E tutto ciò nuota comunque controcorrente dentro un senso comune intossicato da decenni di emergenze sicuritarie e logorato dal cocktail micidiale fatto di tagli al welfare e alla rappresentanza, alchimie elettorali e leggi sulla precarietà. E’ una porta stretta dentro la quale bisognerà passare insieme.

Il dettaglio del decreto

Il testo prevede, in particolare, significative novità in materia di contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata, di amministrazione dei beni sequestrati e confiscati, di sicurezza  urbana, di tutela del personale del comparto sicurezza, difesa e  soccorso pubblico e di gestione dei detenuti e delle attività  lavorative all’interno e all’esterno degli istituti penitenziari.

In particolare alla voce “Sicurezza urbana”, si introduce una nuova fattispecie di reato finalizzata al contrasto del fenomeno delle occupazioni abusive di immobili. E’ prevista la procedibilità d’ufficio se il fatto è commesso su immobili pubblici o a destinazione pubblica. La pena sarà la reclusione da due a sette anni. Si inaspriscono le pene per reati commessi in ambito urbano. Viene prevista una nuova circostanza aggravante per i delitti non colposi contro la vita e l’incolumità pubblica e individuale, contro la libertà personale e contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, qualora commessi all’interno o  nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno dei convogli adibiti al trasporto  passeggeri. Si aggrava anche la pena per il reato di danneggiamento in occasione di manifestazioni pubbliche. Si estende il cosiddetto DASPO urbano a coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per delitti contro la persona o contro il patrimonio commessi nelle aree interne e nelle  pertinenze di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano. Si estende l’arresto in flagranza differita al reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico, commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. Si eleva a delitto l’illecito amministrativo per blocco stradale, con la pena della reclusione fino a un mese e la multa fino a 300 euro. In caso di fatto commesso da più persone, la reclusione va da sei mesi a due anni.

In materia di esecuzione della pena, si cancella l’obbligo di rinvio della stessa per le donne incinte e con prole e se ne preclude il rinvio facoltativo se da ciò derivi una situazione di pericolo, di eccezionale rilevanza, di commissione di ulteriori delitti. Si prevede la differenziazione nelle modalità di esecuzione della pena tra la madre di figli di età fino a 1 anno e delle madri di figli di età da 1 a 3 anni. Si introducono misure di contrasto alla delittuosità molesta urbana con l’aumento della pena per l’induzione all’accattonaggio per l’impiego di minori sino a 16 anni e di un’aggravante se il fatto è commesso con violenza o minaccia. Si modificano le norme relative alla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, con la specificazione, tra l’altro, che la disciplina vigente non si applica ai prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali  infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati. Inoltre, la liceità delle coltivazioni di canapa per florovivaismo è circoscritta al florovivaismo professionale.  Viene altresì ribadito l’espresso divieto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto,  invio, spedizione e consegna delle infiorescenze in quanto per  tali condotte si applicano le disposizioni penali e sanzionatorie amministrative di cui al Titolo VIII del DPR 309/1990. Infine, nell’ambito della liceità della coltivazione, è stata prevista la produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione stabiliti dal decreto del Ministro della salute.

Tutela delle forze di polizia, delle forze armate e del corpo  nazionale dei vigli del fuoco e degli organismi del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica: si introduce una circostanza aggravante del delitto di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale se il fatto è  commesso nei confronti di un ufficiale o un agente di polizia  giudiziaria o di pubblica sicurezza con l’aumento di pena fino  alla metà e un’ulteriore circostanza aggravante in caso di atti  violenti commessi al fine di impedire la realizzazione di  un’infrastruttura. Si prevede la possibilità di dotare le Forze  di polizia di dispositivi di videosorveglianza indossabili  (bodycam), idonei a registrare l’attività operativa nei servizi  di mantenimento dell’ordine pubblico, di controllo del  territorio, di vigilanza di siti sensibili e in ambito  ferroviario e a bordo treno e quella di utilizzare dispositivi di videosorveglianza, anche indossabili, nei luoghi e negli ambienti in cui vengono trattenute persone sottoposte a restrizione della  libertà personale. In materia di tutela legale degli appartenenti alle Forze di polizia, al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e alle Forze armate per fatti connessi alle attività di servizio si aumenta fino a 10.000 euro l’importo massimo che può essere corrisposto per ciascuna fase del procedimento. Si rafforza la tutela dei beni mobili e immobili adibiti  all’esercizio di funzioni pubbliche con la previsione, in caso di deturpamento e imbrattamento degli stessi, della pena della  reclusione da sei mesi a un anno e mezzo e la multa da 1.000 a  3.000 euro, con aumento della pena detentiva nel massimo (tre  anni) e della multa (fino a 12.000 euro), in caso di recidiva; si inaspriscono le sanzioni per violazione delle prescrizioni e  degli obblighi impartiti dal personale delle Forze di polizia in  servizio di polizia stradale, prevedendo anche la sanzione  accessoria della sospensione della patente di guida da 15 a 30  gg, in caso di recidiva per le violazioni previste. Si introduce il nuovo reato di “rivolta all’interno di un  istituto penitenziario”, che punisce le condotte di promozione,  organizzazione o direzione e partecipazione a una rivolta  consumata all’interno di un istituto penitenziario da tre o più  persone riunite, mediante atti di violenza o minaccia, tentativi  di evasione o atti di resistenza anche passiva che impediscono il compimento degli atti d’ufficio o del servizio necessari alla  gestione dell’ordine e della sicurezza. Si inasprisce la pena per chi istiga alla disobbedienza delle leggi se il fatto è commesso all’interno di un istituto penitenziario o mediante scritti o comunicazioni diretti a persone detenute. Una fattispecie di reato analoga alla rivolta in istituto penitenziario è introdotta anche per condotte commesse all’interno di centri di trattenimento per migranti irregolari. Si definisce più incisivamente la facoltà già conferita agli Organismi di informazione e sicurezza di richiedere la collaborazione delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti che erogano, in regime di autorizzazione, concessione o convenzione, servizi di pubblica utilità. È previsto, inoltre, che le modalità di tale collaborazione siano definite con convenzioni che possano prevedere anche la trasmissione di informazioni, in deroga a vincoli di riservatezza previsti dalla normativa di settore.

Inoltre, si introducono misure a tutela dello stesso personale in relazione ad attività di contrasto rispetto a condotte riferibili a minacce terroristiche e sovversive. Inoltre, si introduce la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni per i casi nei quali le imprese autorizzate a vendere schede Sim di telefonia mobile non osservino gli obblighi di identificazione dei clienti, mediante acquisizione, nel caso si tratti di cittadino non dell’Unione Europea, di copia del titolo di soggiorno. Si introduce anche la pena accessoria dell’incapacità di contrarre con gli operatori per un tempo da fissarsi tra i sei mesi e i due anni ai condannati per il reato di sostituzione di persona commesso con la finalità di sottoscrivere un contratto per la fornitura di telefonia mobile.

 

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