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Quel clown che una risata lo seppellirà

A Genova, Chris Lynam, “King of Clowns”, al teatro della Tosse: comicità clownesca, proiezioni olografiche e una colonna sonora strepitosa

da Genova, Claudio Marradi

©-Michael-Wharley-2018

 

Ci può essere qualcosa di più malinconico di un clown che non fa più ridere? E’ proprio il cruccio di Eric, con il suo repertorio irrimediabilmente invecchiato e senza neanche il fascino appannato del vintage. Come il suo pupazzo da ventriloquo e la valigia di cartone con gli angoli rinforzati dove lo ripone. Dopo il successo di Slava’s Snow Show, torna a Genova l’irriverente Chris Lynam, “King of Clowns” secondo il New York Times, già supporter di artisti di fama mondiale come Bob Dylan e i Rolling Stones. Interpretato da Chris Lynam, creato e diretto da lui stesso da Clive Howard, Zoot Lynam, Kate McKenzie e Sarah Richards, per la EtF Productions, lo spettacolo ERICTHEFRED ha portato sul palco del Teatro della Tosse una storia inconsueta di sogni ed emozioni che combina la classica comicità clownesca a proiezioni olografiche e a una colonna sonora strepitosa. E dove Eric, infuriato e umiliato, getta gli abiti di scena per non esibirsi mai più. Sull’orlo della depressione, si muove sul confine tra vita e morte e cede infine alla tentazione funesta del suicidio. Solo che, anche ammazzarsi e togliersi di mezzo, non è così facile come sembra. E il tentativo di impiccarsi, per esempio, dà origine a una danza macabra che lo fa rimbalzare, appeso alla corda, per tutto il palcoscenico. Nel rocambolesco tentativo di togliersi la vita, l’artista crea così un mondo inquietante, popolato dai suoi pensieri più intimi: sogni infranti e delusioni che appaiono dal nulla come farfalle inafferrabili, cappi, fucili e coltelli finti, uno dei quali lo tradirà, uccidendolo veramente. Ma la fine della vita non è poi la fine del mondo. E soprattutto della comicità, che del mondo è sempre stata la miglior descrizione: trasformato nel fantasma di un ectoplasma olografico, Eric continua le sue avventure surreali su una luna altrettanto impalpabile e soltanto una risata – e l’applauso finale del pubblico – lo seppellirà.

Si chiude così il focus PASSAGGI, una rassegna culturale che ha voluto offrire diverse prospettive sul tema della morte attraverso molteplici linguaggi artistici: dal teatro alla musica, dalla danza alla visual art, alla meditazione. Come Leggerezza nella profondità, sessione meditativa a cura dell’associazione di volontariato Braccialetti Bianchi. O, ancora, lo spettacolo di danza contemporanea TRACCIATI di Cristiano Fabbri, con Cristiano Fabbri e Marco Laganà della compagnia ARBALETE in una coproduzione ARBALETE-Spaziodanza. Un dialogo in movimento, in cui è il corpo a raccontare le memorie del proprio vissuto ma anche delle infinite alternative possibili e mai accadute.

Nata dall’esigenza di parlare di morte in un’epoca in cui la naturale conclusione dell’esistenza è diventata innaturale, rassegna ha voluto aprire uno spazio di riflessione in un mondo in cui si pretende una cura per ogni malattia e la fine della vita viene trattata come opzione non contemplabile, un incidente di percorso, un errore, una colpa. Perchè restare vivi e produttivi è diventato un dovere e il morire, come un atto criminale, turba l’odierna presunzione di immortalità. Medicalizzata, colpevolizzata e messa ai margini, allontanata dall’esperienza quotidiana ma esaltata nella spettacolarizzazione dei media, la triste mietitrice si conferma sempre l’ospite più inquietante delle nostre vite. Ma dopotutto soltanto una parola, un buco nero al centro della galassia di parole del linguaggio. Certa, certissima nella sua ineluttabilità, la morte rimane così, forse in qualche modo seguendo Epicuro e la sua massima paradossale in materia – almeno finché siamo in vita – una voce infondata.

 

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