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Abiti a Roma? Forse hai comprato casa a prezzo doppio

Una signora romana ha scoperto di aver pagato troppo e ingiustamente. E il tribunale le ha dato ragione. La denuncia dell’Associazione Area 167.

di Checchino Antonini

Abiti a Roma? Forse hai comprato casa a prezzo doppio

C’era una volta la 167: con zona 167 si intende, in Italia, un’area destinata all’edilizia residenziale popolare dal piano regolatore di un comune definita ai sensi della legge n. 167 del 18 aprile 1962: “Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare”.

La norma rese, per la prima volta, utilizzabile l’espropriazione per pubblica utilità anche per quelli destinati a residenza, e veniva stabilita un’indennità di esproprio inferiore al valore di mercato, fissata al valore che le aree avevano sul mercato due anni prima dell’adozione del piano PEEP. Ciò avrebbe dovuto consentire ai comuni (e agli enti, istituti e cooperative costruttori case popolari, cui potevano essere assegnati i terreni edificabili) di acquisire ad un costo relativamente contenuto aree più centrali e di dotarle di tutti i servizi sociali necessari, che dovevano essere previsti nello stesso piano di zona.

C’era una volta la 167. E c’è ancora. Ma a Roma lo sanno in pochi e quei pochi controllano il mercato immobiliare costruendoci sopra un monte di profitti illegittimi. Perché le case vengono costruite in convenzione, con finanziamenti pubblici, ma rivendute senza rispettare i vincoli di prezzo massimo perché, a fronte di concessioni si richiedono obblighi sull’edificazione e la commercializzazione. Scriviamo questo pezzo poche ore dopo l’ennesimo sgombero di famiglie in disagio abitativo nella Capitale, pochi giorni dopo l’approvazione di un piano casa, da parte del governo Renzi, feroce e incostituzionale. Nella Capitale 1 famiglia su 191 si trova sotto sfratto (per lo più per morosità); gli affitti in pochi anni sono saliti del 160%; centinaia di famiglie disperate – per garantirsi il “diritto all’abitare” – sono state addirittura costrette a umiliarsi e ricorrere alle cosiddette “occupazioni”.

Ma, soprattutto, scriviamo alcune settimane dopo una sentenza che scoperchia un vaso di Pandora terrificante. Mezza Roma avrebbe pagato la propria casa molto più del dovuto e tutto ciò ha contribuito a far schizzare i prezzi di tutte le altre case.

La sentenza n. 9863/2014 emessa dal Tribunale Civile di Roma in data 06.05.2014 è scaturita da una causa civile in cui si discuteva se un alloggio edificato, su suolo concesso in diritto di superficie Comune di Roma e fruente di ben tre finanziamenti pubblici, potesse essere commercializzato, dal primo assegnatario e/o dai suoi aventi causa, senza rispettare il vincolo del prezzo massimo di cessione imposto dalla Convenzione comunale.

Il Tribunale ha accolto la tesi dell’Associazione Area 167 (rappresentata dall’avvocato che, sulla carta intestata ha voluto ricordare l’articolo 3 della Costituzione: “La mancanza o la perdita dell’abitazione rende impossibile l’uguaglianza e la pari dignità sociale”.

La tesi è quella per cui “La funzione sociale di un alloggio costruito su aree espropriate per pubblica utilità non può esaurirsi al momento della prima assegnazione. In altre parole, concedere una sorta di patente speculativa in capo al primo acquirente/assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, costruito su aree espropriate, non può essere considerato un interesse pubblico.” ed ha sconfessato la consuetidine di notai e dello stesso Comune di Roma secondo cui gli alloggi costruiti su suoli espropriati ex l. 865/1971 e poi concessi, dallo stesso Comune, in diritto di superficie, nella vigenza della relativa convenzione, non sarebbero sottoposti a nessun vincolo relativo al prezzo massimo di cessione a carico dei primi assegnatari. Spiega Giuseppe Di Piero, presidente di Area 167: «Per costoro sarebbe lecito che i primi assegnatari di tale tipologia di alloggi possano ri-vendere detti cespiti a prezzo libero di mercato, appropriandosi, così, di un enorme surplus sul prezzo di vendita (circa € 250.000,00 ad alloggio), rispetto al valore previsto dalle relative Convenzioni edificatorie. Questo privilegio (che equivale ad una vincita al superenalotto!!!), viene concesso senza neppure richiedere l’obolo previsto dal comma 49-bis dell’art. 31 della Legge 448/1998 introdotto dalla Legge 106/2011 (c.d. Decreto sviluppo 2011) perché tale normativa – nel Comune di Roma – è rimasta inattuata».

Così, a causa del mancato introito delle sanzioni e/o degli oneri di eliminazione dei vincoli relativi al prezzo massimo di cessione e di locazione, si è anche generato un danno erariale per il Campidoglio che ammonterebbe, secondo le stime dell’Associazione, ad almeno 500 milioni di Euro. Di Piero si domanda perché il Comune di Roma non si attivi di conseguenza, essendo, notoriamente, in dissesto finanziario e già commissariato!

Ma quella cifra è poca cosa rispetto all’impatto sociale e alla turbativa di mercato in una città dove le case edificate su terreni espropriati per pubblica utilità, vengono vendute al prezzo poco popolare di 360.000 euro (è esattamente il caso in oggetto alla causa civile, un appartamento nella periferia nordest di Roma) laddove i primi assegnatari – pochissimi anni prima – non hanno pagato neppure la metà di quanto oggi pretendono.

La normativa invece viene correttamente applicata in tutte le parti d’Italia, tra cui nei comuni di Firenze, Reggio Emilia, Torino, Pisa, Venezia, Ferrara, Bologna, Parma, Modena, Padova, Arezzo, Rimini, Cremona, Cagliari, nonché Milano e gli altri 80 comuni aderenti al C.I.M.E.P. (Consorzio Intercomunale Milanese per l’Edilizia Popolare).

La sentenza avrà delle ripercussioni sul mercato immobiliare romano e a qualcuno potrebbe tremare la poltrona, sia essa poltrona notarile o poltrona dirigenziale capitolina (c’è il forte sospetto, documentato da un altro esposto, che negli uffici urbanistici ci sia chi si presti a coprire simili operazioni immobiliari). Dal punto di vista politico la responsabilità è ugualmente distribuita tra le giunte di destra e quelle di “sinistra” assolutamente solidali con il partito del mattone che comanda sulla città. L’Associazione si mette a disposizione di quanti vogliano seguire le orme della signora che ha denunciato questa storia e che s’è vista abbattere il mutuo di quasi due terzi. Area 167 ha anche diffidato formalmente i Collegi notarili di Roma, Velletri e Civitavecchia, i notai di Roma e i funzionari capitolini a perseverare in interpretazioni non conformi alle norme di settore.

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