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“Bergoglio non criticò mai la dittatura argentina”

Bergoglio, la povertà, i diritti umani e la Teologia della liberazione in una intervista a Michael Lowy, filosofo e sociologo marxista franco-brasiliano

a cura di Marina Zenobio

bergoglio

Le relazioni con la Teologia della liberazione del cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, primo papa latinoamericano, sono controverse. Bergoglio ha più volte denunciato il neoliberismo, la corruzione, il clientelismo politico e la povertà. Del resto lui stesso ha dichiarato di essere stato fortemente influenzato dall’esempio dall’arcivescovo di San Salvador Oscaro Romero, assassinato il 24 marzo del 1980 a causa delle sue manifestazioni pubbliche contro i militari salvadoregni e a favore dei diritti umani. Tuttavia, le concezioni sociali di Bergoglio e la sua mancanza di impegno contro la dittatura argentina (1976-1983) lo collocano fuori da questa corrente.

Michael Lowy, sociologo e filosofo marxista franco-brasiliano, buon conoscitore di America Latina, analizza le relazioni di Papa Francesco con la Teologia della liberazione in una intervista rilasciata a Hélène Sallon per Le Monde di cui proponiamo a lettrici e lettori di Popoff la traduzione.

***

Si riconosce a Papa Francesco un forte compromesso con i poveri e a favore di un ruolo sociale della Chiesa. Tuttavia, in che si differenziano le sue concezioni sociali rispetto alla Teologia della liberazione?

La posizione di Jorge Bergoglio è quella tradizionale della Chiesa: i poveri sono considerati oggetto di attenzione, compassione e carità. La concezione cattolica tradizionale del povero si traduce in atti di carità attraverso l’assistenza sociale e aiuti a chi ne ha bisogno. Ciò può arrivare anche a una critica delle condizioni economiche responsabili della povertà, critiche che si possono riscontrare sia in Giovanni Paolo II che nel cardinale Bergoglio.
Per la Teologia della liberazione i poveri devono essere i soggetti della loro stessa liberazione, attori della loro storia. Salta all’occhio la differenza con la concezione tradizionale della Chiesa. Per la Teologia della liberazione si tratta di partecipare, tramite le comunità di base e la pastorale popolare (pastorale della terra, pastorale operaia…), alle lotte e all’autorganizzazione dei poveri (operai, disoccupati, contadini senza terra, indigeni…) per la propria liberazione.
L’emancipazione dei poveri implica un cambiamento radicale della società. La Teologia della Liberazione implica così la denuncia delle violazioni dei diritti umani e delle dittature militari, arrivando persino all’appoggio e all’aiuto di chi le combatte, come è noto nella storia dell’America Latina degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso.
A differenza di questo chiaro impegno politico della Teologia della liberazione, il clero conservatore può intervenire più o meno in privato e prendere accordi con i dittatori per chiedere clemenza. Questa è la forma in cui Jorge Mario Bergoglio è intervenuto per chiedere e ottenere dalla dittatura militare argentina il rilascio di due gesuiti imprigionati e torturati.

La controversia riguarda il ruolo svolto da Jorge Mario Bergoglio durante la dittatura in Argentina. Per molti è colpevole di aver chiuso gli occhi, come tutta la Chiesa argentina, sui crimini della dittatura. Alcuni addirittura arrivano a dire che egli stesso è stato coinvolto nella repressione. Cosa ne pensa?

All’epoca della dittatura militare argentina, che tra il 1976 e 1984 causò decine di migliaia di morti e desaparecidos, un numero dieci volte  più alto rispetto alle vittime della dittatura di Augusto Pinochet in Cile, Jorge Mario Bergoglio si è distino per una grande discrezione. Dalla sua bocca non è uscita la minima condanna, neanche la minima critica alla dittatura.
Peggio ancora, Jorge Mario Bergoglio era il superiore dell’ordine dei Gesuiti e, con tale titolo, nel maggio del 1978 ritirò la licenza religiosa a due gesuiti che erano molto coinvolti con i diritti dei poveri. Poco dopo questi due gesuiti, avendo perduto la protezione della chiesa, furono arrestati e torturati nella famigerata scuola militare dell’Esma.
Bergoglio è stato anche accusato di aver denunciato ai militari due suoi vecchi collaborati, ma ha sempre rifiutato questa accusa. Resta comunque il fatto che ritirando loro l’appoggio della Chiesa, ha permesso l’intervento dei militari.

Per alcuni, questa neutralità derivava dalla sua volontà di preservare l’unità dei Gesuiti, resa inquieta dalla Teologia della liberazione. A lui spettava il compito di mantenere non politicizzata la Compagnia di Gesù. Le sembra comprensibile questa posizione?

Non solo i gesuiti, tutto il clero è obbligato a mantenersi al margine delle posizioni politiche. E’ chiaro che questo non ha mai impedito alla Chiesa e ai gesuiti di adottare pubbliche posizioni conservatrici e sostenere monarchie e dittature… La novità è stata l’emergere della Teologia della liberazione con religiosi e religiose, gesuiti e clero in genere, persino vescovi impegnati nelle lotte sociali, con i sindacati operai e contadini, finanche con movimenti rivoluzionari.
Allo stesso modo, l’appartenenza alla Compagnia di Gesù non ha impedito a molti gesuiti l’impegnato per l’emancipazione dei poveri, dei diritti umani e con commenti contro le dittature.
Ignacio Ellacuría, il grande teologo gesuita (1930-1989), prese posizione a favore della pace in Salvador negli anni ’80 e fu assassinato dal regime militare salvadoregno. Lo stesso Jorge Mario Bergoglio non ha avuto dubbi, al momento di entrare nella battaglia politica contro il governo di Cristina Kirchner , di prendere parola su questioni come l’aborto o i matrimoni gay. Anche questa è politica.

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