È morto a 83 anni uno dei registi che ha segnato la storia del cinema e che ha fatto della qualità il centro della sua filmografia. Popoff lo ricorda così
di Giorgia Pietropaoli
«Ma per Dio, Signora Robinson, voi mi avete fatto entrare in casa vostra. Mi avete dato da bere. Avete messo su un disco, ora state cominciando a rendermi parte della vostra vita privata e mi dite che vostro marito torna tardi… Signora Robinson voi state cercando di sedurmi, non è così?».
Era il 1967, il film era Il laureato, secondo lungometraggio di un regista che, con quella pellicola, avrebbe vinto un Oscar l’anno successivo: Mike Nichols.
Mike Nichols è morto ieri, a ottantatré anni, lasciando, a noi che rimaniamo, film di qualità che hanno cambiato la storia del cinema. Film che hanno preso attori sconosciuti e li hanno resi celebri, film che sono diventati oggetti di culto per schiere di cinefili e per intere generazioni.
«Non ho mai capito le persone che dividono i drammi e le commedie, ci sono più risate in Amleto che in molte commedie di Broadway». Raccontava così il suo punto di vista sul cinema nel 2004 in un’intervista ad Associated Press.
Nato in Germania nel 1931 da una famiglia di origini ebraiche, emigrò negli Stati Uniti nel 1939 con la promulgazione delle leggi razziali. A New York entrò nell’Actor’s Studio e negli anni cinquanta curò, a Broadway, la regia di alcune commedie pervase da elementi critica e satira sociale, tipici ingredienti che inserirà in molti suoi film. In “tarda età” (aveva trentacinque anni), si dedicò al cinema e iniziò la sua carriera con il magnifico Chi ha paura di Virginia Woolf?.
Da lì in poi la sua carriera sarà ricca di riconoscimenti e, soprattutto, costruita su film versatili e innovativi.
«Un regista può far accadere una pièce davanti ai tuoi occhi facendoti sentire parte di essa ed essa parte di te. Se lo si fa bene, non c’è mistero. Non c’è niente di misterioso, è la nostra vita».
Lo ricordiamo così, con le sue pièce, i suoi film che sono anche la sua vita. E un po’ anche la nostra.