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La Palestina ricorrerà alla Cpi per i crimini a Gaza e in Cisgiordania

Smentito l’articolo del Jerusalem Post, la Palestina, da oggi ufficialmente membro della Corte Penale Internazionale, presenterà ricorso per i crimini commessi da Israele

di Carlo Perigli
palestina

Nessun compromesso, l’Anp smentisce un qualsivoglia accordo con Israele e dichiara di voler portare Tel Aviv di fronte alla Corte Penale Internazionale, non solo per quanto riguarda i crimini commessi nella recente guerra di Gaza, ma anche per gli insediamenti israeliani nei Territori Occupati. La decisione, confermata dalle dichiarazioni rilasciate da un alto funzionario del governo palestinese e riprese da Nena News, acquista un valore aggiunto con l’ingresso, avvenuto quest’oggi, della Palestina nella Corte Penale Internazionale.

Smentita così la notizia, pubblicata qualche giorno fa dal Jerusalem Post, secondo cui l’Anp avrebbe rinunciato a portare Israele dinanzi alla Corte per la colonizzazione dei Territori Occupati, ricevendo in cambio il trasferimento dei proventi delle tasse palestinesi trattenute da Tel Aviv dal gennaio scorso. “I rapporti della stampa israeliana non sono altro che invenzioni dell’ufficio di Netanyahu – ha dichiarato la dirigenza palestinese. Non c’è mai stato un accordo del genere. Il denaro che Netanyahu ha trasferito è denaro palestinese e lui non ci sta facendo un favore”. Il decongelamento dei fondi, circa 400 milioni di euro, bloccati proprio in seguito alla decisione palestinese di aderire alla Corte, permetterà all’Anp di risollevare il settore pubblico, messo seriamente in crisi dalla decisione di Tel Aviv. Lo scorso mese, difatti, Ramallah era riuscita a pagare solamente il 60% degli stipendi del settore pubblico, grazie anche ad alcuni prestiti bancari, mentre il resto dei dipendenti si era visto decurtare lo stipendio del 40%.

La decisione del governo israeliano, ripresa in un comunicato ufficiale di Netanyahu, è stata presa per “ragioni umanitarie e in considerazione degli interessi complessivi di Israele in questo preciso momento”, considerando che anche i servizi militari di Tel Aviv si erano detti preoccupati di una possibile sollevazione in Cisgiordania, ipotizzata come possibile a fronte delle dure condizioni imposte dalle sanzioni.

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