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Burkina Faso: Compaoré ricercato. E’ il killer di Sankara

Mandato di cattura internazionale per Blaise Compaoré, l’ex dittatore del Bukina Faso ritenuto l’omicida di Thomaa Sankara, il “Che Guevara” africano

di Francesco Ruggeri

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Blaise Compaoré: è lui l’assassino di Thomas Sankara probabilmente per conto della Francia. Il Burkina Faso ha emesso un mandato d’arresto internazionale per l’ex presidente Compaoré, in relazione all’omicidio nel 1987 del suo predecessore Thomas Sankara, noto come il “Che Guevara africano”. Lo hanno fatto sapere fonti giudiziarie all’agenzia Reuters. L’attuale governo ad interim del Burkina ha promesso di far luce sull’assassinio del popolare leader e rivoluzionario. Sankara prese il potere con un colpo di Stato nel 1983 e perseguì politiche di impronta marxista e panafricaniste. Si guadagnò il soprannome di ‘Che Guevara africano’, mentre molti intellettuali africani lo consideravano un visionario.

Un corpo, ritenuto quello di Sankara, è stato esumato quest’anno e un’autopsia ha mostrato che era crivellato di proiettili, confermando i sospetti secondo cui fu vittima di una esecuzione nel colpo di Stato che portò Compaoré al potere. Quest’ultimo è stato a sua volta destituito lo scorso ottobre dalle proteste contro la sua intenzione di cambiare la Costituzione ed estendere il suo mandato, durato 27 anni. È fuggito in Costa d’Avorio, dove si ritiene si trovi tuttora.

Tra le accuse rivolte a Compaoré ci sono quelle di omicidio e complicità in omicidio. Si tratta di un passo decisivo, perché le autorità ad interim si preparano a cedere il potere all’ex premier Marc Kaboré, vincitore delle elezioni presidenziali di novembre. Almeno altre 10 persone sono state incriminate in relazione all’omicidio, tra cui il generale Gilbert Dienderé autore a settembre di un fallito colpo di Stato.

Thomas Sankara è uno di quei personaggi di cui pochi, oggi, conoscono l’esistenza. La sua breve esperienza alla guida dell’Alto Volta, Africa occidentale, da lui ribattezzato Burkina Faso, rappresentò per molti africani una speranzaEra nato nel 1949 a Kaya, nel nord del paese, quando ancora era una colonia francese, da una famiglia numerosa. Nonostante le ristrettezze economiche il padre, impiegato presso l’amministrazione coloniale, riuscì a garantirgli una buona istruzione, facendogli intraprendere la carriera militare nell’esercito.

0fdc524b04ee4059e1577f3b9a2aded3bbe68e6eFu in quegli anni, in cui frequentò l’accademia in Madagascar, che Sankara cominciò ad avvicinarsi all’ideologia marxista. Proprio con Blaise Compaoré fondò il Roc (Regroupement des Officiers Communistes), gruppo clandestino di militari progressisti. Alla sua inidpendenza, nel 1960, l’Alto Volta si trova a essere una delle nazioni più povere del mondo, con una classe dirigente inadeguata, con un tasso di analfabetismo pari al 98%, una mortalità infantile altissima ed una aspettativa di vita media che non superava i quarant’anni; la debole economia rurale del paese è insufficiente a sfamarne gli abitanti, la stragrande maggioranza dei quali impiegati nel settore dell’agricoltura (l’85% della popolazione era composto da contadini).

Dal 1960 in poi, si erano succeduti colpi di stato e governi tra i quali il denominatore comune erano l’immensa corruzione e l’inadeguatezza a capire e risolvere il fortissimo malcontento popolare. L’esercito, fortemente politicizzato, divenne in grado di prendere il controllo diretto dei vertici dello stato. Nel 1980 un colpo di stato porta al potere il colonnello Saye Zerbo il quale cerca di coinvolgere Sankara, insieme ad altri esponenti d’opposizione, nella gestione della cosa pubblica, nominandolo sottosegretario di stato all’informazione. La sua esperienza fu però breve: le iniziative da lui proposte furono infatti ignorate, e bastarono pochi mesi perché Sankara si rendesse conto dell’incompatibilità del suo modo di vivere e fare politica rispetto a quello degli altri esponenti del governo. Di fronte al lusso esagerato in cui vivevano le alte sfere dell’esercito, Sankara mostrava infatti una semplicità più unica che rara, tanto da presentarsi in bicicletta alla prima riunione di governo subito dopo la nomina. Le successive inevitabili dimissioni e l’arresto del giovane capitano furono accompagnate da una frase, pronunciata alla radio, che lo rese presto celebre: «Guai a prendere in giro il popolo». Un ennesimo colpo di stato portò al potere il capitano-medico Jean-Baptiste Ouédraogo, che assunse la carica di presidente della repubblica. Quest’ultimo, volendo creare un fittizio equilibrio tra forze di destra e di sinistra nominò Sankara primo ministro nel 1983; non potendo ignorare la sua popolarità nell’esercito e in parte della popolazione. In quest’ultimo periodo il giovane capitano riuscì ad allargare notevolmente le simpatie intorno alla sua persona, in forza di un modo di esprimersi semplice, tagliente ed efficace, e di un carattere che sembrava autenticamente vicino alle richieste delle fasce più deboli della popolazione. Il contrasto tra Ouédraogo e il suo primo ministro in un clima di crescente malcontento popolare e di manifestazioni di piazza portò però di nuovo all’arresto di Sankara e di altri esponenti della sua corrente anche grazie al ruolo del Consigliere per gli Affari Africani del presidente francese Mitterand, Guy Penne, che si trovava a Ouagadougou, capitale dell’Alto Volta, nel maggio dell’83. Ma Ouédraogo venne deposto poco dopo da una rivolta che permise al trentaquattrenne Thomas Sankara di diventare capo dello stato. Dal 1983 al 1987 furono molti i cambiamenti e i risultati positivi raggiunti. Sul piano della politica estera, uno dei punti centrali fu il rifiuto di pagare il debito internazionale, nonché la concezione panafricanista che caratterizzò il nuovo governo, sulla scia di importanti figure quali Lumumba e Nkrumah. Famoso il discorso pronunciato da Sankara al Vertice dell’Organizzazione per l’Unità africana (Oua) svoltosi ad Addis Abeba nel 1986:

«Il problema del debito va analizzato prima di tutto partendo dalle sue origini. Quelli che ci hanno prestato il denaro sono gli stessi che ci hanno colonizzati, sono gli stessi che hanno per tanto tempo gestito i nostri stati e le nostre economie; essi hanno indebitato l’Africa presso i donatori di fondi. Noi siamo estranei alla creazione di questo debito, dunque non dobbiamo pagarlo». E, ancora, riprendendo un passo da Infoaut: «Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché, se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, possiamo esserne certi; invece, se paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi. Quelli che ci hanno portato all’indebitamento hanno giocato, come al casinò: finché ci guadagnavano, andava tutto bene; adesso che hanno perduto al gioco, esigono che li rimborsiamo. Signor presidente, diciamo: hanno giocato; hanno perso; è la regola del gioco; e la vita continua».

Sul piano della politica interna, invece, l’obiettivo principale di Sankara fu da un lato l’aumento della qualità della vita della popolazione, dall’altro la riduzione della dipendenza economica dell’Alto Volta dagli aiuti esteri e la lotta alla corruzione della classe politica. Contro la mortalità infantile venne avviata una massiccia campagna di vaccinazioni che condusse non solo a una sua consistente diminuzione, ma anche alla costruzione di strutture ospedaliere che potessero sensibilizzare gli abitanti dei villaggi all’adozione di elementari misure igieniche. Fu favorita la contraccezione per evitare il dilagare dell’AIDS, già valutato come fenomeno pericoloso per l’intero continente (in anticipo rispetto alla tendenza del periodo). In agricoltura, il miraggio al quale il nuovo presidente tendeva era l’autosufficienza alimentare da raggiungere  attraverso la razionalizzazione delle politiche agricole, la riorganizzazione del lavoro nei campi e la riforma agraria. In tal senso  vennero adottate norme orientate al dirigismo statale in economia, bloccando i prezzi di alcuni beni, nazionalizzando le terre e avviando programmi pubblici di modernizzazione delle tecniche di coltivazione. Per quanto riguarda la classe politica vennero tagliati gli stipendi ai dirigenti, e le costosissime mercedes di rappresentanza vennero sostituite con le più economiche Renault 5, mentre i voli fuori dal paese per motivi diplomatici si potevano solo più fare in classe turistica.sankara-2

«Non possiamo essere la classe dirigente ricca in un paese povero», dirà il giovane presidente che volle cambiare anche il nome al paese: Burkina Faso che in lingua burkinabè (il principale idioma diffuso nel paese) significa “la terra degli uomini integri”. Una mossa che serviva a rimarcare il rifiuto del passato coloniale richiamando la cultura e le tradizioni locali. Alle donne fu riconosciuto un importante ruolo nella società, attraverso la loro inclusione nella vita politica e il divieto di pratiche quali l’infibulazione e la poligamia.

Il Burkina Faso avanzava a passo spedito, tuttavia la politica rivoluzionaria del giovane capitano si inseriva in un contesto fragilissimo il suo carisma personale sopperiva, in parte, all’assenza di un autentica architettura istituzionale e alla persistenza del tribalismo. In quel contesto la Francia ebbe gioco facile a organizzare la fronda interna capeggiatta dall’ amico Compaorè. In quell’anno Charles Taylor, ex ministro liberiano, fatto evadere dagli USA da un carcere statunitense (in cui si trovava in quanto ricercato in Liberia per corruzione) ritorna in Africa. Contatta Sankara, dicendogli che intende rovesciare il governo liberiano, chiede di poter impiantare nel suo paese delle basi di addestramento. Sankarà risponde che: «devono essere i popoli a liberarsi da soli» e lo espelle. Allora Taylor si rifugia in Ciad, dove s’incontra con un diplomatico francese e il 15 ottobre del 1987 un commando massacra il presidente e un’altra dozzina di ufficiali e personalità a lui vicine, gettando i corpi in una fossa comune.

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