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Teatro, danza, amore. E Napoli. Tutto in un romanzo

“Balla solo per me”, il romanzo di Vincenza Alfano ambientato sul palcoscenico del San Carlo: la vita di Laura tutta giocata sul confine incerto tra apparenza e realtà, verità e menzogna. Teatro, insomma

di Gaia Sapienza

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È il Teatro San Carlo di Napoli il palcoscenico di Balla solo per me, di Vincenza Alfano.

Al centro del palco Laura, ballerina e donna di mare, muoverà i suoi passi interpretando Coppelia, misteriosa figlia di un fabbricante di giocattoli. Ruolo inedito per l’étoile del corpo di ballo a cui è stata rubata la parte di Swanilda.

Tutti, intorno a Laura, ignorano che quel palcoscenico non è solo danza, non è solo interpretazione. Nasconde frammenti di una storia d’amore intricata, complessa come lo sono le relazioni d’amore segrete; cela un rapporto dove passione e affanno con maestria si cederanno il passo, a ritmo di incontri, attese, chiamate, messaggi, finché sarà Laura stessa a domandarsi se il segreto di un amore felice, possa essere nell’amarsi di meno, perché “La felicità – ammette Laura –  è un’ambizione troppo alta che non possiamo più permetterci”.  Qual è il legame dell’autrice con la danza?

Ho sempre amato la danza, fin da bambina. Ho frequentato una scuola di danza classica sognando di diventare una ballerina, poi altre passioni hanno preso il sopravvento e ho capito che potevo raccontare attraverso la scrittura tutto ciò che avrei voluto ballare. È successo così che le parole hanno preso il posto dei passi, ho cercato la musica nel ritmo della pagina, nello stile.

Teatro, danza, amore. Sono tre tematiche che nel romanzo non si possono scindere, l’una alimenta l’altra. Come nasce Balla solo per me?

Balla solo per me nasce da una duplice urgenza: raccontare la passione per l’arte e l’amore, Credo che l’amore, felice o infelice, sia una grande energia, che ci rende più sensibili, in grado di captare le emozioni sottese al vivere quotidiano. Ci strappa dall’indolenza, dalle abitudini, dall’inedia. Il balletto di Coppelia, filo conduttore e cornice esterna della narrazione, non è altro che un raddoppiamento della trama. La vita di Laura è tutta giocata sul confine incerto tra apparenza e realtà, verità e menzogna, in questo senso il teatro è un’ottima metafora della messinscena della vita di tutti i personaggi e non solo.

Napoli. Benché di amore si parli per tutto il romanzo, c’è una sofferenza di sottofondo che riporta al terremoto in Irpinia. La tua Napoli dilaniata dal terremoto è forse possibile ricondurla alla vita dei protagonisti che anche laddove scorre nella felicità non mancano mai di un sottofondo sofferto?

Le immagini del terribile terremoto del 1980 sono rimaste impresse nella mia memoria, vivide, quelle messe in onda dai tg in quel tragico novembre: corpi avvolti in drappi neri, gli uni accanto agli altri, nelle piazze di paesi sventrati, annichiliti. Ma il senso della catastrofe presente nel romanzo è universale, se vogliamo poco realistico, serve piuttosto a raccontare la nostra folle arroganza nel credere di poter panificare e controllare tutto. 

A tratti il personaggio maschile pare rivelare una personalità molto femminile, molto attenta, delicata, responsabile… Quale altro destino avrebbe potuto avere?

Giovanni è un uomo onesto, capace di sentimenti profondi, cerca invano una via di pacificazione con se stesso e con la vita delle persone che ama. Non ha imparato che esistono declinazioni differenti dell’amore, come la gamma dei colori e le loro molteplici sfumature. ingannato dalla sorte, da se stesso, dai suoi sentimenti. Avrebbe potuto avere un destino diverso se non avesse amato troppo, forse…ma non possiamo saperlo. Io non lo so.

La felicità nel tuo romanzo. Qual è il suo segreto?

La felicità nel mio romanzo è un’ambizione troppo alta che i personaggi sanno di non potersi permettere. È un rischio, un pericolo, non è una necessità.  Ma c’è una possibilità di felicità anche nell’armonia, nella bellezza, nell’arte. Nella perfezione di un passo a due, nella passione di chi non si arrende alla paura di vivere le proprie emozioni fino in fondo. 

Perché leggere Balla solo per me?

Per divertirsi, emozionarsi, interrogarsi, innamorarsi. Per guardare la realtà da una diversa prospettiva. Per sconfiggere i luoghi comuni sull’amore.

Possiamo definirlo un romanzo in cui le scelte razionali definiscono e guidano la vita dei protagonisti, e li allontanano tuttavia dalla passione per la vita stessa?

Tutti i personaggi di questa storia sono chiamati a fare delle scelte improrogabili ma impossibili. Ognuno ha una sua parte di ragione. Ci sono due donne, opposte e complementari, e un uomo che ha fatto una duplice promessa d’amore. Credo ci sia un equivoco di fondo, quando si pensa alla razionalità, alla ragionevolezza, si trascura il fatto che esistono diverse forme di intelligenza fra le quali l’intelligenza emotiva. Ragionare con l’intelligenza del cuore vuol dire avere la forza di mettere in discussione sicurezze acquisite con l’obbedienza a un sistema consolidato di regole e convenzioni. Bisogna trovare il coraggio di smontare teorie e sistemi, operando una rivoluzione copernicana. Ascoltare le ragioni del cuore anche quando si oppongono a ogni ragione. Giovanni, il protagonista maschile del romanzo, ne ha una chiara coscienza che non gli rende tuttavia più facile o meno dolorosa la sua scelta.

La loro storia ha il tempo contato di un congegno a orologeria. Hanno avuto tra le mani una bomba pronta alla deflagrazione. La loro vita in frantumi, le schegge brillanti come diamanti.  “ Dobbiamo essere ragionevoli” glielo ripete spesso. Lo dice più a se stesso che a lei. Ma ci sono altre ragioni. C’è la ragione del cuore che si fa strada, non si fa calpestare, urla, pretende, s’impone. Sa come farsi ascoltare.

 

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