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Sevel, il capo vieta di soccorrere un operaio svenuto

Succede alla Sevel di Atessa, la più grande fabbrica Fca in Italia. Un operaio sviene e il capetto ordina di proseguire il lavoro. Sciopero della Fiom

di Francesco Ruggeri

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Sciopero alla Sevel di Atessa, nel teatino, la più grande fabbrica italiana del gruppo Fca, per contestare l’ordine impartito dal responsabile Ute di tornare al lavoro mentre un operaio, appena infortunatosi, si trovava a terra svenuto in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Spiega il segretario generale Fiom-Cgil, Davide Labbrozzi: «Un addetto allo svolgimento delle attività di montaggio ieri mattina, ha urtato violentemente la testa su un parter prelievo sedili (braccio meccanico per il sollevamento dei sedili). Detto incidente ha provocato la perdita di conoscenza e la caduta a terra di un lavoratore che aveva appena iniziato il turno di lavoro. Ad accorgersi dell’accadimento sono stati i colleghi che immediatamente hanno dato l’allarme. Ancor prima che i soccorsi arrivassero, il responsabile di Ute ha chiesto ai lavoratori presenti di ignorare l’accaduto, di far finta di non vedere il corpo a terra e di riprendere il lavoro». Secondo Labbrozzi «far ripartire la linea con un lavoratore sdraiato a terra è un atto inaccettabile che la Fiom contesta duramente. Detto atteggiamento è sintomo di un’azienda che surclassa l’uomo a vantaggio della produzione». «L’adesione allo sciopero è stata importante – sottolinea – tutti d’accordo sulla protesta che mira di nuovo a dare un senso al lavoro in Sevel: ‘l’individuo viene prima della produzione’. La filosofia Sevel continua a non rispettare coloro che quotidianamente permettono all’azionista di intascare una ricchezza smisurata, quella che lo stabilimento atessano produce quotidianamente. La Fiom, ancora una volta, torna a chiedere l’avvio di un confronto che mai come oggi è necessario per ristabilire il giusto valore della qualità della vita in Sevel». Dice anche Maurizio Acerbo, abruzzese e ora segretario nazionale del Prc: «Ancora una volta alla Sevel di Atessa si verificano situazioni che dovrebbero suscitare un’ondata d’indignazione nei confronti del regime imposto da Marchionne. Dopo l’operaio costretto a urinarsi addosso perchè il capo non lo autorizza ad andare in bagno, è la volta del capo che ordina agli operai di non soccorrere un compagno di lavoro svenuto dopo aver sbattuto la testa. Siamo di fronte a una logica disumana e a metodi da kapò nell’ambito di un’intensificazione dello sfruttamento che non tiene conto dei più elementari diritti e della dignità di chi lavora. Questi episodi non sono da attribuire a eccessi dei capi ma al clima generale che l’azienda ha imposto.  Questa è l’Italia senza più le tutele dell’articolo 18! Non bisogna lasciare soli i lavoratori nella resistenza e nella difesa dei principi della nostra Costituzione che non può fermarsi – come insegnavano i padri della nostra democrazia – davanti ai cancelli della fabbrica. Di questa situazione i principali responsabili sono i partiti come il PD che in questi anni si sono schierati dalla parte di Marchionne e si sono scatenati nel cancellare tutele e diritti dei lavoratori».

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