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Ferrara, l’inopportuna omofobia dei lidi

Ferrara, «inopportuno» che due donne si tengano per mano. La denuncia della presidente di Arcigay

di Checchino Antonini

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Avvolta nella bandiera, Manuela Macario, al Parco Urbano di Ferrara

 

Omofobia spicciola, ma non meno violenta, al lidi ferraresi. Settanta chilometri a sud dal lido fascista di Chioggia, un altro spaccato di un’estate italiana animata da bagnini squadristi, albergatori omofobi, bottegai razzisti, odiatori da tastiera e imprenditori schiavisti. Una storia, come racconta la protagonista a Popoff, probabilmente cominciata in un baretto sui lidi. La scena quella di un gruppo di ragazze, due che si tenevano per mano, un’altra che accarezzava la testa della sua amica. I gestori del lido che prendono da parte Manuela, la nostra testimone, per dire che la smettano con certi comportamenti «inopportuni», ché qualche cliente s’è lamentato. Sarebbe stato lo stesso se al baretto ci fossero state solo coppie etero? Oppure l’oscentità è negli occhi di chi guarda? Manuela e le altre sono clienti da decenni del bagno assieme a molte persone lgbt e altre etero. E Manuela, 45 anni, è la presidente di Arcigay Ferrara. Manuela Macario. Se una cosa del genere le fosse accaduta a vent’anni, magari quando non non s’era ancora rivelata, forse sarebbe stata zitta, umiliata e ferita. Ma la donna è forte della sua esperienza e quella di una comunità che, ad esempio, con l’associazione CircoMassimo, promuove decine di iniziative sul territorio per la tutela e l’uguaglianza delle persone lgbt. Circo Massimo, a Roma, fu il teatro della grandissima festa in occasione del World Gay Pride del 2000, per questo, l’anno successivo, i circoli ferraresi di Arcigay e Arcilesbica hanno voluto creare un’associazione con quel nome. E’ anche per questo che Manuela ha le «spalle larghe». Come spiega a Popoff, Elisa Corridoni, tra le fondatrici di CircoMassimo e componente della segreteria nazionale del Prc: «questa volta, nel male, è andata bene, perché è stata colpita Manuela che le spalle le ha larghe, ed è “protetta” dalla sua stessa visibilitá. Ma questo non toglie la rabbia, il senso di scoramento per una società dura da cambiare».

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Ecco il racconto di Manuela:

Racconta la donna: Questa è un’estate strana, da Nord a Sud il Paese sembra improvvisamente attraversato da un rigurgito allarmante di xenofobia, intolleranza, omofobia, razzismo. Se non sono i migranti sono i gay, se non sono i gay sono i disabili. Le notizie si rincorrono, gli episodi si moltiplicano, i commentatori da social si sbizzarriscono. Non dovrei stupirmi pertanto se anche io, in un ordinario lunedì di fine estate, mi ritrovo vittima dell’ennesimo episodio di discriminazione. Eppure, nonostante il mio attivismo, nonostante il ruolo che ricopro, nonostante la mia da sempre affermata omosessualità, in 45 anni di vita è la prima volta che mi capita una vicenda così amara e sconcertante.

Sono da sempre cliente affezionata e abituale del Bagno La Baia di Maui del Lido di Spina. Lo sono da prima che gli attuali proprietari lo prendessero in gestione, ormai una decina di anni fa, forse più. Mi è sempre piaciuto andare lì, la spiaggia dei cani sotto l’ombrellone con i loro padroni, dei surfisti, del chioschetto sulla spiaggia dove aspettare il tramonto, dei tanti amici che con me, da sempre, si fanno cullare dalle nostre abitudini. Con Alessia, Luca e Simone, soci e gestori della Baia (come viene chiamata) ho sempre avuto un rapporto di stima, quasi amicizia, quel genere di rapporto per il quale quando inizia una nuova stagione marittima, ti fa piacere fare due chiacchere con i titolari e quando finisce, ti sembra di avere quel pizzico di nostalgia che si dissolve nella certezza che arriverà una nuova estate per rivedersi ancora. Perché ci sono luoghi del cuore, nei quali si ha sempre voglia di tornare. E’ così è stato ieri, 21 agosto. In una azzurra giornata estiva non potevo immaginare che fosse proprio questo luogo a “tradirmi”. Non ho fatto in tempo ad avvicinarmi alla cassa che la titolare, con aria imbarazzata, mi ha chiamato in disparte per dirmi che alcuni clienti si erano lamentati di comportamenti inopportuni tenuti in spiaggia da me e dalle le “ragazze che stanno con me”.

Comportamenti inopportuni? Quale genere di comportamenti inopportuni?

Questa è stata la domanda che mi è venuta spontanea fare! Avevo bisogno che quella espressione del viso che avevo davanti ai miei occhi, con quel mix di imbarazzo, costernazione e sottile indignazione, mi desse delle risposte precise. E invece da quel momento è stato solo un susseguirsi di allusivi riferimenti da parte della titolare e di esplicite e incalzanti richieste da parte mia. Frasi come “cose che in spiaggia non si fanno” aprono un ventaglio di possibilità nelle quali smarrirsi. Perché il confine tra quello che è lecito fare e non fare è dettato si dal buon senso, è dettato altresì da un codice di comportamento scritto e non scritto che cambia e si adatta con i cambiamenti della società. E cosa mai abbiamo potuto fare “ io e le ragazze che stanno con me” di così inopportuno da scomodare la quiete di qualche cliente? E quale cliente, chi? Non si sa, perché la titolare ci ha tenuto a dirmi che “ si dice il peccato ma non il peccatore”.

Ma come? Mi si muovono accuse calunniose, si allude ad atti osceni in luogo pubblico e non mi dici chi sia stato a fare queste rimostranze?! Dopo vent’anni di onorato lettino al sole, nel quale l’atto più osceno è girarsi e rigirarsi come una cotoletta per garantire un’abbronzatura da far schiattare i colleghi a settembre. A meno che non sia osceno che due donne si tengano per mano. A meno che non sia osceno un bacio, ma cosa c’è di osceno in “un apostrofo rosa tra la parola t’amo”? A meno che quel bacio saffico non sia considerato inopportuno, a meno che mani che si sfiorano non siano considerate “peccaminose”, non saprei dare risposta all’umiliante affermazione priva di concreti contenuti fattami dai proprietari della Baia. Le cui allusioni al mio e delle mie amiche orientamento sessuale e affettivo erano più che sottointese, testimone indignata di questa umiliante conversazione una mia cara amica eterosessuale, anche lei cliente affezionata, anche lei con la mia stessa premura di capire non tanto cosa fosse stato riferito ai titolari (perché “quante malignità si inventa la gente, che brutta cosa la calunnia” citando Opzetek in Mine Vaganti), ma di comprendere come questi ragazzi, che mi conoscono da più di dieci anni, che hanno sempre avuto rispetto per me come io per loro, possano aver dato credito alle parole di qualcuno senza nemmeno chiedergli nei dettagli cosa fossero questi comportamenti inopportuni.

Ma se le stesse affermazioni fossero state fatte su una coppia adulta eterosessuale, una delle tante coppie di professionisti miei coetanei che da sempre vedo alla Baia, Alessia, Luca e Simone li avrebbero presi da parte con aria costernata per metterli al corrente di tali rimostranze? Non avrebbero cercato in tutti i modi di approfondire il concetto di comportamenti inopportuni? Non avrebbero escluso a priori dalla loro mente la possibilità che clienti seri e stimati potessero davvero essere soggetti attivi di comportamenti non consoni al buon costume e al vivere civile? Perché se tale calunnia viene rivolta a me, si sentono invece in dovere di farmelo presente, senza nemmeno sapermi dire con precisione quali siano questi comportamenti, condendo il mio stupore con una frase del tipo “io non c’ero in spiaggia e non ho visto, se mi riferiscono certe cose è giusto dirle”. Ma cosa è giusto???? Dare per scontato che un gruppo di donne lesbiche possano fare cose inopportune???? E’ giusto offendermi con tali supposizioni? E’ giusto mettermi al corrente con quella faccia di chi dice “ te lo dico così magari la prossima volta cercate di essere più discrete”?

Nulla di tutta questa vicenda è giusto. Non è giusto che qualcuno nel 2017 ci si permetta di calunniare e diffamare persone stimate e oneste, non è giusto che per la prima volta in 45 anni mi senta trattata come una cliente di serie b, una di quelle alle quali puoi dire senza colpo ferire che “non c’è alcuna spiegazione da dare e che si è fatto solo ciò che era giusto fare, così come faresti con il cliente il cui cane fa la pipì dove non dovrebbe farla (!!!!). Ma dove è il rispetto, dove la stima, dove quell’attenzione verso il cliente? O devo pensare che è più importante il cliente che viene a lamentarsi di me?

Ho chiamato, in preda alla rabbia la migliore amica, le ho raccontato tutto e lei a sua volta ha raccontato tutto al marito e alla figlia di sei anni, la quale con l’innocenza che solo i bambini sanno avere, ha affermato “se questi signori erano così infastiditi perché le guardavano?”. Ecco, confido in voi che oggi siete bambini e domani sarete grandi come me. Noi abbiamo fallito, questo non è il mondo migliore che sognavo e per cui ho lottato tanto. Ma continuerò a lottare, graffiandomi la pelle e spezzandomi le ossa per voi bambini di oggi. Perché nessuno di voi mai più si debba vergognare di ciò che è e debba subire certe umiliazioni.

«È da ieri che ricevo parole di solidarietà e di stima – dice ancora Manuela – tanti amici che mi hanno scritto pubblicamente e tanti in privato. Persone a me vicine e altre che non vedo da anni. Vorrei dire a tutti che è proprio vero che l’unione fa la forza, perché mi avete fatto svanire quella rabbia e quel senso di umiliazione che mi hanno accompagnato fino a quando non ho deciso di rendere pubblica questa vicenda. Grazie, perché se una cosa è certa di questa storia, siamo noi dalla parte del giusto».

I titolari, contattati da Estense.com, buon sito locale, non sono riusciti a fornire un esempio di questi presunti comportamenti non consoni al buon costume e al vivere civile. “Ho recepito le segnalazioni di alcuni clienti che hanno riferito di comportamenti poco opportuni – replica uno dei proprietari -. La Macario la conosciamo bene, è nostra cliente da 10 anni, e le abbiamo riferito la segnalazione. Io non c’ero in spiaggia, non ho visto, non so quale sia il problema e non ho approfondito perché volevo starne fuori”.La comunità lgbt e la città, intanto, discute sul da farsi. Sembra che non ci sarà alcun flash mob davanti ai bagni in questione: «Un gesto del genere – dice ancora Manuela – non intaccherebbe il senso comune però bisogna scardinare l’idea che un certo tipo di cliente abbia sempre ragione. Forse il boicottaggio, come dice la nostra amica Elisa, potrebbe essere l’unico strmento di battaglia culturale».

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#stopomofobia

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