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Caro Fazio, ma perché tutte quelle interviste “distese”?

Fabio Fazio, lo strazio inguardabile delle sue interviste ai politici

di Enrico Baldin

Qualcuno tolga la politica dalle mani di Fabio Fazio. Le sue interviste ai leader politici a Che tempo che fa sono uno strazio inguardabile che non merita di andare in onda nella domenica sera della principale televisione pubblica italiana.

Ieri gli sono arrivate le critiche dal Pd con Michele Anzaldi e Sergio Boccadutri, che gli contestavano che intervistare il leader di Liberi e Uguali Grasso fa perdere mezzo milione di spettatori e che vengono intervistati troppi politici contro Renzi, con l’implicita pretesa forse di una par condicio tra renziani e anti-renziani. Non solo è assurdo, ma proprio non è questo il punto. Fazio non è un giornalista politico e non sa fare il giornalista politico, come dimostrato anche negli anni scorsi.

Colpisce innanzitutto (non è una novità) l’innata capacità di fare interviste “distese”. Un conto è trattare un ospite della trasmissione da ospite, un conto è fargli da zerbino. E sotto questo punto di vista il conduttore ligure si è mostrato paritario con tutti gli ospiti politici ricevuti nell’ultimo mese, anche se forse un paio di timidi sussulti di dignità li espresse con Di Maio, il primo dei leader ad essere ospitati nella trasmissione della prima serata domenicale di Raiuno. Per il resto il buio totale. Nell’intervista a Berlusconi, dopo averlo fatto parlare di Milan, Fazio gli ha chiesto quale fosse il suo sogno da bambino, lasciando al redivivo Cavaliere ampio spazio di descrivere la sua fanciullezza in versione “mulino bianco” in cui «Riempivo di baci papà». Domanda posata in un piatto d’argento anche su Marcello Dell’Utri, passato senza problemi in un paio di minuti senza batter ciglio, da condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a perseguitato politico-giudiziario.

Ma il trattamento è lo stesso per tutti. Domande poco circostanziate, ancor meno pungenti, concessioni di spazi molto ampi per le risposte che possono tranquillamente essere evasive e non rispondenti affatto alle domande. Insomma, un po’ come quando alle elementari la maestra faceva fare un testo libero o come quando alle superiori il professore invitava lo studente a parlare di un argomento a piacere. Mai una interruzione, mai una richiesta di precisazione, mai una contraddizione. Campo libero, anche di evadere le poche domande poste, comunque facilmente aggirabili.

E poi la suspance creata a volte (sul simbolo di Liberi e Uguali, o sul nome fatto da Berlusconi del generale Gallitelli) e la complicità che pareva corrisposta tra lo stesso Fazio e Renzi che in tutta comodità ha potuto dire che gioiva durante il suo giro dell’Italia in treno all’essere chiamato Matteo e non Presidente. E infine le richieste a fine intervista, che giungono dal buon cuore di Fazio: «Mi promette che approverete la legge sul testamento entro fine legislatura?». O più spesso: «Ci tengo, potrebbe impegnarsi a votare la legge sullo Ius Soli?». Per carità, nulla da eccepire sulla libertà ideale di Fazio e sulla sua personale lista di priorità, come pure sullo spazio autoconcesso per porre ai politici di turno questi suoi quesiti personali. Ma messi così da richiestine timide a capo chino paiono più svilire la qualità delle questioni poste.

Stendiamo dunque un velo di pietas umana sul giro di interviste prone di Fazio e prepariamoci a vederne una replica nell’anno nuovo, in vista delle elezioni politiche. Salvo arrogarci il sacrosanto diritto di cambiare canale.

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