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Omicidio di Soumayla Sacko, c’è un fermo a San Calogero

Omicidio di Soumayla Sacko, gli sviluppi delle indagini. Appello di Usb per sostenere il rimpatrio della salma. Corteo a Roma il 16, #primaglisfruttati, e a Reggio Calabria il 23

È stato sottoposto a fermo Antonio Pontoriero, il 43enne di San Calogero già indagato per l’omicidio di Soumayla Sacko, il 39enne del Mali, attivista di Usb, bracciante nei campi intorno a Rosarno, ucciso sabato sera nel paese vibonese mentre, con due connazionali, stava prendendo delle lamiere da una vecchia fornace abbandonata. Il fermo è stato disposto dalla Procura ancora prima dell’esito dei risultati dello stub ed è stato eseguito dai carabinieri della Compagnia di Tropea.

Il fermo di Antonio Pontoriero è scattato nella notte alla luce di un’ulteriore assunzione di informazioni che hanno confermato un «quadro che era evidente sin dall’inizio». È quanto si è appreso alla Procura di Vibo Valentia in merito al provvedimento scattato a carico dell’uomo accusato dell’omicidio di Soumayla Sacko. L’uomo è accusato di omicidio e porto e detenzione illegale di arma. Pontoriero era stato iscritto nel registro degli indagati già nelle ore immediatamente successive al delitto alla luce delle dichiarazioni dei due maliani che erano con la vittima e alla corrispondenza delle loro descrizioni con le caratteristiche somatiche, il tipo di abbigliamento e l’auto posseduta. L’uomo era anche stato sottoposto alla prova dello stub ma gli inquirenti hanno ritenuto di avere un quadro già ben delineato anche in assenza dei risultati della prova che devono ancora arrivare.

Nella vecchia tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria), dove Soumayla viveva, è tornata la calma, le indagini vanno avanti e l’esito dello stub – fatto nelle ore immediatamente successive al delitto – potrebbe risultare decisivo ai fini dell’inchiesta, chiarendo se l’uomo indagato abbia sparato o meno. I magistrati della Procura di Vibo Valentia ed i carabinieri della Compagnia di Tropea hanno raccolto peraltro una serie di indizi nei confronti dell’uomo. Indizi che si basano essenzialmente sulla testimonianza dei due maliani che erano in compagnia della vittima. Uno di loro, oltre ad avere riferito le prime due lettere dalla targa della Fiat Panda da cui è sceso l’uomo che ha sparato, avrebbe anche fornito un descrizione dell’uomo e di come era vestito. E tra le foto che gli sono state mostrate, avrebbe indicato un soggetto, a suo dire, somigliante allo sparatore. Fatto sta che i carabinieri sono andati subito dopo a sequestrare l’auto e i capi di vestiario dell’indagato, nipote di uno dei soci della vecchia azienda proprietaria della ex fornace in cui è avvenuto il delitto. E proprio la fornace abbandonata e la presenza di migranti che andavano a prelevare vecchie lamiere abbandonate, potrebbe essere all’origine del delitto. I carabinieri stanno anche cercando di verificare una voce che circola su eventuali minacce che sarebbero state rivolte ai migranti per non farli avvicinare all’area. Circostanza che al momento non avrebbe trovato conferma, ma sulla quale proseguono gli accertamenti. Gli investigatori sono anche alla ricerca del fucile usato per il delitto che, al momento, non è stato trovato. Oggi sarà effettuata l’autopsia sul corpo di Soumayla. Ed in attesa di eventuali sviluppi giudiziari, i sindacati Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil hanno chiesto al Ministro dell’Interno Matteo Salvini e al Ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio un incontro urgente per affrontare le problematiche del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori agricoli. Sfruttamento che sta sullo sfondo della tragedia.

Le condizioni di vita nella tendopoli, il dramma dell’immigrazione a San Ferdinando, sono stati documentati da un reportage per RSInews di Gilberto Mastromatteo e Massimo Lauria, socio di Popoff..

« Il tirassegno su Soumaïla Sacko non è vendetta per furto – dice proprio Lauria – scrivere questo equivale a far passare l’idea che si sia trattato di legittima difesa. Ma è falso. Innanzitutto perché i tre lavoratori agricoli (due sono stati feriti con lo stesso fucile che ha ucciso Sacko) non stavano rubando niente a nessuno: la Fornace Tranquilla srl di San Calogero è una discarica abusiva di rifiuti pericolosi (130mila tonnellate), da anni posta sotto sequestro dalla magistratura. Secondo perché chi ha sparato l’ha fatto dall’alto, a una distanza di circa 70 metri e alle spalle dei tre ragazzi, che non si erano accorti di nulla. Chi ha sparato non era in pericolo di vita. ‘Sta storia della legittima difesa quindi non regge. La verità è che la tendopoli di San Ferdinando, da dove provenivano i tre braccianti, è continua causa di morte per le condizioni di vita a cui sono costretti quelli che ci abitano. A gennaio è toccato a Becky Moses, bruciata nell’ennesimo rogo delle tende. Ora a Sacko, che insieme a due amici stava recuperando lamiere per la baracca in cui vivere.

Ma se questi lavoratori avessero un contratto regolare con cui poter affittare una casa, se a tutti loro venissero forniti documenti regolari (Sacko peraltro li aveva), quella tendopoli potrebbe essere chiusa una volta per tutte.

Lo sa bene il sindaco di Riace, Domenico Lucano, che ha fatto dell’accoglienza in città un esempio di convivenza che funziona, un modello che crea lavoro, sviluppo e capacità di far vivere insieme culture differenti. Lo sanno i politici che attaccano questo modello, perché politicamente non conviene ammettere che si possa fare ed è più semplice parlare di respingimenti e rimpatri, più che sforzarsi di trovare soluzioni vere.

Sarebbe ora che anche l’informazione raccontasse le realtà per quello che sono, senza costruire narrazioni di comodo, che non aiutano nessuno a capire che cosa ci accade intorno.

Sono stato molte volte a San Ferdinando, in quella che per comodità chiamiamo tendopoli, ma che è a tutti gli effetti una piccola città in cui vivono circa 3 mila lavoratori. Là dentro si sperimentano le stesse dinamiche di ogni città, con l’aggravante che non esiste un sistema fognario, che non c’è corrente elettrica, non ci sono gabinetti, né acqua calda. E le persone vivono lì dal 2010, in tenda o in baracche di fortuna, costruite con materiali pericolosi come l’amianto, sbriciolato in più punti di quell’area inquinata. Quegli stessi materiali che la ‘ndrangheta e imprenditori con pochi scrupoli smaltiscono nelle discariche abusive come la ex Fornace Tranquilla di San Calogero dove Sacko è stato impallinato a colpi di fucile».

In tutta Italia, mentre il Premier Conte, il Ministro del Lavoro Di Maio e quello degli Interni Salvini, non hanno speso neanche una parola per l’uccisione di Sacko Soumayla, sindacalista USB della piana di Gioia Tauro, le reti solidali si mobilitano a Napoli, Giugliano, Potenza, Roma, Bologna, Imola, Caserta, Marsiglia, Padova, Bergamo, Svizzera, L’Aquila, Nocera Inferiore. E si prepara il corteo del 16 giugno, a Roma, la prima manifestazione dell’opposizione sociale e politica alla ricetta liberista, sovranista e nazionalista del governo Lega-M5s. Per garantire l’assistenza legale alla famiglia di Soumaila Sacko e il rientro in Mali della salma, per sostenere le lotte dei braccianti di Rosarno e di tutti gli sfruttati invisibili dei campi, Usb ha lanciato questa campagna di solidarietà e di resistenza. «Perchè la solidarietà è l’unica arma che noi abbiamo a disposizione contro i vigliacchi, i razzisti e la violenza».

Lui è Soumaila Sacko, 29 anni, maliano, sempre in prima linea nelle lotte sindacali USB per i diritti e la dignità dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro in Calabria. Un lavoratore che dall’alba al tramonto si spezzava la schiena per pochi euro al giorno, sfruttato e sottopagato, per raccogliere la frutta e gli ortaggi che arrivano sulle nostre tavole.
Soumayla è stato assassinato nelle campagne di Rosarno mentre aiutava altri due connazionali a recuperare in una fabbrica abbandonata da anni pezzi di lamiera per costruire baracche di fortuna; baracche che sotto il sole diventano veri e propri inferni, nei quali riposare dopo 12 ore di lavoro nei campi a salari irrisori.
Sappiamo che in questo paese una parte della politica non ha fatto altro che fomentare odio e razzismo.
Sappiamo che in questo paese migliaia di migranti vivono ammassati nei ghetti e sfruttati per due euro l’ora.
Sappiamo che in questo paese l’agricoltura si regge sullo sfruttamento, il caporalato, il razzismo, la precarietà lavorativa ed esistenziale di migliaia di braccianti italiani e immigrati.
Per questo motivo abbiamo deciso di organizzarci: non ci lasceremo intimidire e continueremo a lottare anche in memoria e per rispetto di Soumayla Sacko.
Daremo una risposta, la più grande possibile, a questo omicidio, cominciando con la partecipazione alla già convocata manifestazione nazionale del 16 giugno a Roma.
Daremo una risposta, la più grande a questo omicidio, con una manifestazione aperta a tutte le associazioni e singole persone il 23 giugno a Reggio Calabria.
Per garantire l’assistenza legale alla famiglia di Soumaila Sacko e il rientro in Mali della salma, per sostenere le lotte dei braccianti di Rosarno e di tutti gli sfruttati invisibili dei campi, abbiamo lanciato questa campagna di solidarietà e di resistenza.
Perchè la solidarietà è l’unica arma che noi abbiamo a disposizione contro i vigliacchi, i razzisti e la violenza.

Ecco l’appello, in inglese, per la campagna di solidarietà

He is Soumaila Sacko, 29, a Malian, always at the forefront of the trade union struggles for the rights and dignity of the farmworkes in the Plains of Gioia Tauro in Calabria.
A worker who from dawn to dusk broke his back for a few euros a day, exploited and underpaid, to collect the fruit and vegetables that arrive on our tables.
Soumayla was murdered in the countryside of Rosarno while helping two other farmworkers to recover in a factory abandoned pieces of sheet metal to build shacks of fortune; shacks that under the sun become real hells, in which to rest after 12 hours of work in the fields with derisory salaries.
We know that in this country a part of politics has done nothing but foment hatred and racism.
We know that in this country thousands of migrants live massed in the ghettos and exploited for two euros for hour.
We know that in this country agriculture is based on exploitation, caporalato, racism, the precarious work  of thousands of Italian laborers and immigrants.
For this reason we decided to organize ourselves: we will not be intimidated and will continue to fight in memory of  Soumayla Sacko.
We will give an answer, the greatest possible, to this murder, beginning with the participation in  national demonstration of June 16 in Rome.
We will give an answer, the biggest to this murder, with an event open to all associations and individuals on June 23 in Reggio Calabria.
To guarantee the legal assistance to Soumaila Sacko’s family and the return of the body to Mali, to support the struggles of the Rosarno’ farmworkers and all the invisible exploiters of the camps, we launched this campaign of solidarity and resistance. Because solidarity is the only weapon we have available against cowards, racists and violence.

 

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