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Turchia al voto presidenziale

Turchia: il “sultano” Erdogan favorito nei sondaggi, ma potrebbe non raggiungere il 50% dei voti, eventualità che porterà al ballottaggio dell’8 luglio

di Marina Zenobio

Recept Tayyip Erdogan affronta oggi in Turchia le elezioni più difficili del suo mandato presidenziale, con il vento economico del paese contrario ed una opposizione determinare a frenare la sua carriera politica verso la conquista di sempre maggiori poteri.

Dall’ascesa in potere nel 2002 del suo partito, l’Akp (Partito per la giustizia e lo sviluppo), Erdogan si eretto a dirigente politico turco più potente dopo il fondatore della repubblica, Mustafa Kemal, un “rais” che ha portato il paese ad una forte deriva autocratica, soprattutto dopo il tentato e “anomalo” colpo di stato del luglio del 2016 , seguito da un’ondata di repressione senza esclusioni di colpi contro attivisti dei diritti umani , giornalisti e oppositori politici in particolare kurdi.

Circa 56 milioni di turchi e turche sono chiamati alle urne e il loro voto potrebbe trasformare l’attuale sistema parlamentare nel regime ultrapresidenziale a cui Erdogan sta lavorando da anni. Ma qualcosa potrebbe andare di traverso al progetto del “rais”.

Il dittatore turco pensava di avere tutte le carte in regola per convocare queste elezioni durante lo stato di emergenza e oltre un anno prima della data prevista, ma il degradarsi della situazione economica nel paese e un auge insperato delle opposizioni potrebbero far saltare i piani di Erdogan.

Vedendo in queste elezioni l’ultima opportunità di indebolire la ricerca di un potere incontestabile da parte di Erdogan, partiti molto diversi tra loro come il socialdemocratico Chp, il nazionalista Iyi e l’islamista Saadet fanno formato una inedita alleanza da cui ha preferito tenersi fuori il partito pro-kurdo Hdp il cui candidato, Selahattin Demirtas, ha dovuto fare campagna elettorale dalla sua cella dove è rinchiuso dal 2016 per presunte attività “terroristiche”. Nelle elezioni di giugno e novembre 2015, l’Hdp aveva per la prima volta superò la soglia del 10% ottenendo 50 seggi in parlamento.

L’inedita alleanza tra Chp, Iyi e Saadet potrebbe compromettere il 51% dei voti a cui Erdogan aspira, a quel punto sarà inevitabile il ballottaggio dell’8 luglio e, secondo gli osservatori, porterebbe la Turchia verso una situazione sconosciuta, considerando anche il momento economico molto delicato che sta attraversando.

L’economia turca, da anni appannaggio dell’Akp e di Erdogan, è diventato tema di importante preoccupazione con la lira che affonda e una inflazione a due cifre che ha avuto un forte impatto sul portafoglio dei turchi.

Durante la campagna elettorale Erdogan in alcune occasione si mostrato sulla difensiva, promettendo per esempio che avrebbe rimosso rapidamente lo stato di emergenza o che avrebbe accelerato il ritorno dei rifugiati siriani nel loro paese, ma questo accadeva solo dopo che Ince, suo principale rivale del Chp, aveva promesso le stesse cose.

Gli oppositori di Erdogan hanno anche fatto campagna elettorale contro il regime presidenziale che entrerà in vigore dopo le elezioni, in virtù di un referendum costituzione molto criticato che il sultano ha vinto nell’aprile del 2017 e che gli permetterebbe di raggiungere il potere assoluto.

Per Erdogan si tratta di una trasformazione necessaria per dotare il paese di un esecutivo forte e stabile, ma il suoi rivali lo accusano di voler monopolizzare il potere con una misura che sopprime la funzione del primo ministro e permette al presidente di governare per decreti.

Ma tutto questo ha avuto poca eco in termini di copertura mediatica, fortemente pendente e a favore del sultano Erdogan.

Temendo frodi elettorali che potrebbe sbilanciare il risultato elettorale, soprattutto nel sud-est del paese a maggioranza kurda, è stato organizzato un forte dispositivo di osservatori per supervisionare le urne.

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