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Napoli, che ne sarà del “tesoretto” metropolitano?

Napoli, lo sblocco effettivo dell’avanzo di bilancio metropolitano, una battaglia locale con forti riflessi nazionali

da Napoli, Rosario Marra

Premessa

Uno dei limiti che, spesso, incontriamo come sinistra d’alternativa e di Movimento è quello di non saper articolare sufficientemente parole d’ordine generale rendendole, quindi, comprensibili alle fasce popolari che intercettiamo nei territori o sui posti di lavoro.

Questo è il caso, ad es., della lotta contro la politica liberista del pareggio di bilancio che il più delle volte resta a livello di critica al novellato articolo 81 della Costituzione senza tradursi in effettivi punti politico-programmatici inseriti in concrete piattaforme di lotta.

Sotto questo aspetto, la battaglia che da poco più di due anni, stiamo facendo a Napoli con quella che abbiamo definito “vertenza metropolitana” per lo sblocco di un consistente “tesoretto” della Città Metropolitana è una significativa seppur parziale eccezione.

Infatti non appena abbiamo iniziato la “vertenza” sullo sblocco dell’avanzo libero metropolitano – che dal rendiconto 2017 ammontava a circa 450 milioni – ci siamo subito scontrati col fatto che il divieto di utilizzo della consistente somma era dovuta alle “regole” del pareggio di bilancio che impedivano di considerare gli avanzi nelle entrate finali dell’Ente e, quindi, non se ne poteva impiegare alcun importo per la spesa.

In una prima fase ci siamo dovuti dedicare soprattutto all’informazione perché in un contesto meridionale, dove si concentrano la maggior parte degli Enti locali in situazione di dissesto finanziario o pre-dissesto, sembrava quasi incredibile che ce ne fosse uno con una simile disponibilità considerato anche il mantra liberista del “NON CI SONO I SOLDI”.

Dopo l’informazione, abbiamo dato vita alle prime iniziative con un’assemblea pubblica e un presidio agli inizi dello scorso anno al Consiglio Metropolitano sviluppando, quindi, una critica pratica al pareggio di bilancio entrando nel merito di uno dei suoi meccanismi.

Ciò, ovviamente, c’ha posto anche problemi di autoformazione e formazione sia su alcuni aspetti della contabilità pubblica liberista che su funzioni e ruolo delle Città Metropolitane, pertanto, pur all’interno di una rappresentazione descrittiva dell’esperienza in atto, sarà inevitabile qualche “noioso” riferimento normativo o giurisprudenziale.

  • Sviluppo e primi esiti di una “vertenza” locale con riflessi nazionali.

Con la sentenza n. 247/2017 della Corte Costituzionale – dove si afferma che “l’avanzo di amministrazione rimane nella disponibilità dell’ente che lo realizza” e “non può essere oggetto di prelievo forzoso” attraverso i vincoli del pareggio di bilancio – la mobilitazione ha avuto un rilancio culminato con un presidio presso la sede della Città Metropolitana lo scorso 6 novembre dove oltre a forze della sinistra di alternativa, vi hanno partecipato compagni di Movimento e parte del sindacalismo conflittuale.

Sulla scia del pronunciamento del giudice della legittimità costituzionale già nella legge di conversione del “decreto-milleproroghe” e ora nell’art. 60 del ddl 2019 si prevede lo sblocco degli avanzi quantunque con una arbitraria limitazione che esclude la parte corrente secondo una restrittiva interpretazione della Ragioneria Generale dello Stato[1].

Questo limite, non costituzionalmente orientato, va combattuto e bisogna spingere per uno sblocco integrale degli avanzi.

L’augurio, ovviamente, che le modifiche in corso sul ddl non intacchino quanto previsto dal citato art. 60 perché con esso viene eliminato qualche aspetto particolarmente vessatorio del “pareggio di bilancio” verso gli EE.LL.

Infatti con la bozza di disposizione in esame la normativa speciale e “rinforzata” sul pareggio di bilancio viene indebolita e si opta per una diversa definizione dell’equilibrio di bilancio in cui dal prossimo ed imminente nuovo esercizio finanziario vengono abrogati i vincoli aggiuntivi del saldo di bilancio (già patto di stabilità) e ciò, tra l’altro, consente di inserire nelle entrate finali degli Enti anche gli avanzi.

Quest’aspetto, ad es., non sfugge all’Ufficio Parlamentare di Bilancio, uno dei “guardiani” del pareggio liberista e nella recente audizione parlamentare parla di “vari profili di rischio” per cui “per gli enti con disponibilità di avanzi e di cassa, l’utilizzazione delle risorse potrebbe avvenire con maggiore rapidità rispetto alle ipotesi governative, anche alla luce del fatto che si tratterebbe di interventi a lungo rinviati durante la fase di compressione della spesa degli anni pregressi” e, ancora, “l’eventualità di un incremento della spesa corrente , più facilmente realizzabile in tempi brevi, non è considerata nelle previsioni governative, le quali nei prospetti riepilogativi assumono unicamente effetti di incremento della spesa in conto capitale”[2]

L’ orientamento antiliberista deve spingere in direzione esattamente opposta nel senso che le “preoccupazioni” dell’UPB debbono diventare realtà per questo, ad es., come si affermava in precedenza, bisogna spingere per lo sblocco integrale degli avanzi compresi quelli di parte corrente e per ottenere un effetto anticiclico, seppur limitato, sui nostri territori occorre far sì che l’impiego dell’avanzo sia rapido perché se diluito nel tempo l’impatto antirecessivo diminuisce fortemente fino ad annullarsi.

La partita degli avanzi non è da sottovalutare in quanto, a livello nazionale, ha una consistenza di circa 22 miliardi e di essi buona parte è concentrata proprio a livello di EE.LL. (15,4 miliardi di euro di cui 13 miliardi, secondo stime IFEL a livello di Comuni)[3].

Ciò significa che dove veniamo a conoscenza dell’esistenza di consistenti avanzi di amministrazione su di essi vanno praticate forme di audit come parte di una politica di bilancio antiliberista[4] e di controllo popolare sull’impiego di queste risorse.

La battaglia sullo sblocco effettivo e rapido degli avanzi, per alcuni aspetti, ha una valenza “nordista”[5] in quanto, com’è facile immaginare, sono concentrati soprattutto al Nord dove c’è il 53% (6.900 miliardi dei 13 miliardi complessivi stimati per i Comuni)[6] e ha senso se strettamente legata alla battaglia sul debito sia per una riduzione della parte speculativa che per un utilizzo in senso espansivo dello stesso, ma su questo punto non ci soffermiamo perché non è oggetto delle presenti considerazioni.

La spinta sollecitatoria messa in atto con la ripresa dell’iniziativa per lo sblocco del consistente avanzo libero della Città Metropolitana ha avuto un primo esito già a partire dall’esercizio finanziario in corso con deliberazioni del Sindaco metropolitano, successivamente ratificate dal Consiglio, che proprio in queste settimane hanno creato le premesse politico-amministrative per l’effettivo utilizzo di 62 milioni sia nel campo dell’edilizia scolastica che della manutenzione stradale e dell’ ambiente.

  • L’impiego dell’avanzo e il TPL metropolitano.

Le deliberazioni riguardanti lo sblocco della prima tranche di avanzo hanno riguardato, quindi, un campo d’intervento che abbraccia quasi tutte le competenze metropolitane, purtroppo resta escluso il Trasporto Pubblico Locale caratterizzato soprattutto dalla presenza di una partecipata al 100% della Città Metropolitana (CTP) quantunque la “legge Del Rio” assegni a questi Enti, a differenza delle Province, delle specifiche competenze in materia di mobilità.

L’ azienda metropolitana fa parte del segmento gomma del TPL e sia nelle proposte della sinistra antiliberista che nel programma di mandato del Sindaco Metropolitano avrebbe dovuto far parte di un’Azienda Unica Metropolitana a gestione pubblica attraverso la fusione con l’Azienda di Trasporto del Comune capoluogo come, ad es., s’è fatto a Genova.

Tuttavia questa proposta non soltanto non è mai stata presa seriamente in considerazione ma s’è proceduto in direzione esattamente opposta preparando la privatizzazione del TPL metropolitano inserendo la CTP in un’Associazione Temporanea d’Imprese (ATI) avente come capofila un colosso tedesco del trasporto per partecipare alle gare indette dalla Regione Campania.

A livello verbale, il Sindaco Metropolitano Luigi De Magistris continua a dichiarare che la CTP resterà pubblica ma non viene mai precisato con quale ruolo; è chiaro che se l’Azienda di trasporto resterà pubblica lo sarà con un ruolo del tutto marginale, una sorta di scatola vuota. Del resto, le concrete azioni della Città Metropolitana contribuiscono in maniera determinante all’agonia dell’Azienda e, ormai, ci sono addirittura problemi con il pagamento delle spettanze mensili dei dipendenti.

Il pretesto per non integrare con fondi propri i trasferimenti regionali – anch’essi sottodimensionati – è che manca il piano industriale dell’Azienda, tuttavia è palese che di tratta di un paravento utilizzato per mantenere in stato comatoso la CTP limitandosi a fare periodiche ricapitalizzazioni in attesa dell’esito delle gare. A conferma di ciò sta il fatto, ad es., che il precedente piano industriale, per il periodo 2017-19 non è mai stato discusso e approvato dal Consiglio Metropolitano e, ora c’è una bozza di nuovo piano anch’esso dall’esito molto incerto.

Questa situazione sta determinando una situazione di notevole disagio anche per gli utenti soprattutto in considerazione del fatto che la maggior parte della popolazione della Città Metropolitana è fuori dal Comune capoluogo. Infatti sono sempre più in discussione il mantenimento dei cosiddetti “servizi minimi” del TPL su gomma in quanto è basso il numero degli autobus che esce dai depositi sia per problemi di manutenzione che, in alcuni casi, di fornitura del metano per i grossi debiti accumulati con l’impresa erogatrice del carburante.

Ciò, nonostante che negli atti formali della Regione Campania [7] sia prevista la garanzia della continuità dei servizi minimi anche durante la fase transitoria che porterà alla privatizzazione, pertanto, non a caso, componenti del sindacalismo conflittuale (USB Trasporti) stanno valutando l’ipotesi di inviare un esposto alla Procura della Repubblica in modo da far verificare se esistano le condizioni dell’interruzione di pubblico servizio.

  • Brevi considerazioni conclusive.

Per quanto ci riguarda, anche per il vicino 2019 continueremo la lotta per far sì che la Città Metropolitana impieghi risorse proprie per il TPL mirando al rilancio della CTP e non soltanto alla sua ricapitalizzazione.

Riteniamo, inoltre, che lo sblocco debba riguardare tutte le parti dell’avanzo[8] e non soltanto quello libero auspicando che su queste problematiche ci sia un coordinamento nazionale delle forze radicalmente antiliberiste in quanto simili battaglie non possono essere delegate all’ANCI al cui interno, com’è noto, ci sono diversi orientamenti.

*Rosario Marra è della Segreteria della Federazione Prov. di Napoli del PRC.

[1] Cfr. Circ. n. 25/2018 della RGS

[2] Cfr. Audizione del Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio dinnanzi alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato (12 novembre 2018).

[3] V. nota precedente per il dato degli EE.LL., invece per il dato relativo ai soli Comuni occorre far riferimento ai materiali della VIII Conferenza sulla Finanza e l’Economia Locale dello scorso 29 novembre organizzata dall’IFEL.

[4] Ad es., rispetto alle modifiche che ha voluto apportare la Giunta De Magistris alla bozza di regolamento proposta dal Tavolo audit di Massa Critica ci sono aspetti interessanti perché s’è voluto creare un collegamento tra debito e risorse, le perplessità nascono dal fatto che in questo modo si può correre il rischio di indebolire la battaglia contro il debito illegittimo o che la stessa venga delegata esclusivamente ad accordi con una parte dell’attuale maggioranza governativa..

[5] Ciò spiega anche la sensibilità della Lega su questo punto.

[6] Il dato è sempre di fonte IFEL (si veda la nota precedente).

[7] Cfr., ad es., la delibera della Giunta Regionale n. 196 del 4/4/2018.

[8] La normativa prevede che oltre all’avanzo libero ci sia anche quello vincolato, accantonato e destinato.

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