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Cile oggi, dopo la pandemia la resa dei conti

Cile: provocazioni dei carabineros nell’anniversario del golpe. I sondaggi danno la maggioranza a favore della modifica della Costituzione di Pinochet 

Pandemia e plebiscito hanno reso strano questo settembre cileno. Facciamo il punto nel giorno del 47mo anniversario del golpe di Pinochet e a quasi un anno dall’insorgenza sociale che ha costretto un governo liberista e criminale a convocare un plebiscito per una nuova Costituzione. L’estallido sociales del 2019 è stato tra i più radicali nella storia del Cile. E ha messo in discussione un sistema che è stato un fiasco per la maggior parte dei cileni. Quello che succederà dopo la pandemia, che sembra aver fermato l’attività politica in Cile, è la grande questione, non solo per il Cile ma per il resto dell’America Latina. Ciò che è evidente è il discredito in cui è caduto il modello economico e sociale neoliberale in vigore dopo il golpe che la destra ha voluto presentare come esempio al resto del mondo. 

Una ferita ancora aperta

Una ferita ancora aperta.  Ci sono state violenze dei carabineros a turbare la marcia verso il Cimitero Generale di Santiago convocata per ricordare le vittime della dittatura. Dopo aver raggiunto pacificamente il cimitero, i militari hanno celebrato l’anniversario sperimentando sui partecipanti alla marci i nuovi mezzi con idranti per disperdere i manifestanti. Le autorità non hanno rilasciato dichiarazioni in merito a possibili arresti per gli incidenti fuori dal Cimitero Generale al termine della marcia.   

La figura di Salvador Allende, il presidente cileno morto nel golpe che mise fine all’esperienza del governo di Unidad Popular, è stata ricordata oggi a Santiago con varie manifestazioni. Le restrizioni imposte da mesi per contrastare la pandemia da coronavirus, hanno sottolineato i media cileni, hanno ridotto di molto l’importanza della partecipazione popolare, anche se l’evento è ampiamente ricordato nelle reti sociali. In mattinata, comunque, rappresentanti di partiti politici della sinistra e di organizzazioni sociali hanno depositato omaggi floreali sia ai piedi del monumento eretto in memoria di Allende di fronte al Palazzo della Moneda, sia davanti alla porta della Calle Morandé da cui l’allora capo dello Stato socialista uscì per l’ultima volta quell’11 settembre di 47 anni fa. Contemporaneamente, militanti di organizzazioni sociali e di movimenti per la difesa dei diritti umani si sono concentrati nella Plaza de los Heroes, per camminare fino al Cementerio General. Le vittime del golpe sono state ricordate anche nell’area dello Stadio Nazionale, che fu utilizzato come prigione dalla Giunta militare, e sulla Plaza de la Dignidad, ad opera del movimento femminista ‘8 de Marzo’. Ma non sono stati solo i sostenitori di Allende a scendere in piazza oggi. A fine mattinata si sono riuniti davanti alla Scuola Militare di Las Condes anche membri di organizzazioni e movimenti di estrema destra per «onorare le forze armate e le forze di sicurezza cilene».

Gli scontri dell’11 settembre 2020

In cerca del Dna dei desaparecidos

Alla vigilia della ricorrenza, l’annuncio della missione di scienziati forensi internazionali per rintracciare Dna di ‘desaparecidos’ nelle fosse clandestine nascoste a ‘Colonia Dignidad’, insediamento fondato nel 1961 da immigrati tedeschi guidati dall’ex militare nazista Paul Shaeffer e utilizzato come campo di detenzione e sparizione per gli oppositori gestito con la complicità dei gerarchi tedeschi dell’enclave. La tecnica prevede la ricerca del Dna nei sedimenti, nella terra, nella polvere delle fosse. Si stima che almeno 100 persone siano state portate nel 1973 a Colonia Dignidad per poi essere assassinate nel 1974, ma non prima di aver subito atroci torture, e fatte sparire nel 1978. Alcuni ex coloni tedeschi hanno permesso ad archeologi cileni di identificare alcuni siti compatibili con le caratteristiche di fosse comuni, ma in nessuno di questi luoghi è stato possibile trovare resti che potessero essere utilizzati per l’identificazione di persone scomparse. 

A che punto è la pandemia 

Nonostante i già 15.823 morti, compresi i casi sospetti (le statistiche ufficiali fanno uno sconto del 30% a questo numero contando 11.781 finora), il governo Piñera tende a parlare di “leggero miglioramento”, al punto che diversi comuni dei quartieri alti di Santiago come Providencia, Vitacura o Las Condes stanno già aprendo ristoranti o negozi non essenziali, oltre a permettere incontri pubblici con un massimo di 50 persone in luoghi aperti e cinque in quelli chiusi. Misure che fanno parte della fase 3 o “di preparazione” del Plan Paso a Paso (passo dopo passo), il modo in cui Piñera cerca di porre fine al confinamento e di rilanciare l’economia in un mese segnato dall’attesa per le feste nazionali del 18 e dai viaggi dei cileni per incontrare le famiglie. Ma – come segnala anche la nostra Ansa – il ministro della Salute Enrique Paris ha espresso preoccupazione in merito all’andamento della pandemia dopo che l’ultimo rapporto degli scienziati dell’iniziativa Icovid, creata da tre università cilene, segnala che «la dinamica del contagio a livello nazionale continua ad essere preoccupante e con segni di peggioramento». Il Cile ha registrato finora 428.669 casi confermati di coronavirus. Nella quinta edizione del suo rapporto, Icovid Chile ha segnalato che il numero dei nuovi casi è passato rispetto alla scorsa settimana da «10,74 a 12,28 nuovi casi in media ogni 100.000 abitanti». Secondo gli esperti, questo dato ha raggiunto «livelli più alti e simili a quelli dei primi giorni di maggio durante la fase crescente della prima ondata di pandemia». Sebbene l’indicatore abbia raggiunto «livelli rossi in tutte le regioni», preoccupa in particolare il panorama nelle nel sud del Paese.

Così, mentre le strade si riempivano di gente che approfittava del sole (da quelle parti è l’inizio della primavera) è stato presentato il piano per celebrare queste feste nazionali, chiamato “Fondéate en Casa”, un ingegnoso gioco di parole tra fondas (luoghi improvvisati allestiti nei parchi dove si vendono bevande, empanadas e carne) e fondearse (nascondino). Domenica, il ministro della Salute Enrique Paris aveva detto che cinque persone potevano incontrarsi in una casa, e lunedì il ministro del Segretario Generale del Governo, Jaime Bellolio, ha detto che “sono cinque persone in più rispetto a quelle che vivono in casa”. Questo, dopo una riunione del comitato di crisi alla Moneda dove si cercava di risolvere un pasticcio soprattutto considerando l’abitudine dei cileni di viaggiare per vedere i parenti in questo scorcio di stagione. 

Provocazioni pinochettiste

Sul piano politico, l’Unione Democratica Indipendente (UDI), un partito di destra con radici pinochetiste ha utilizzato i versi della canzone di Victor Jara “El derecho de vivir en paz” per la sua campagna per il “rifiuto” dell’opzione del cambiamento costituzionale. La canzone, emblematica per la sua solidarietà con i Vietcong e per aver mixato per la prima volta rock e nueva cancion chilena, era stata recuperata durante l’estallido social, l’esplosione sociale iniziata nell’ottobre dello scorso anno.

L’evidente provocazione dell’UDI è stata accolta dalla Fondazione Victor Jara lo stesso giorno: “Il popolo cileno è uscito a chiedere giustizia e dignità a partire dal 18 ottobre. La risposta dello Stato è stata una violenta repressione che ha lasciato decine di morti e centinaia di occhi mutilati. Di fronte a questa situazione, la canzone di Victor Jara è stata ascoltata di nuovo da migliaia di case, nelle strade e nelle piazze del paese, chiedendo il diritto a vivere in pace che gli era stato negato. Questo è il significato legittimo e il significato reale con cui Victor Jara ha composto e cantato questa canzone conosciuta oggi in tutto il mondo. Chi la usa oggi deve rispondere delle sue intenzioni. Lasciate che sia il popolo a giudicare».

Questa polarizzazione del Paese non è una novità, ma è stata più evidente lo scorso fine settimana quando la polizia ha scortato i manifestanti del “rechazo”, del rifiuto della riforma costituzionale – per lo più di destra e sostenitori estremisti di Pinochet, anche con le bandiere “Trump 2020” – e allo stesso tempo ha respinto con gli idranti i tecnici infermieri che protestavano contro l’indifferenza del governo per il loro lavoro, vitale per contenere la pandemia.

estallido social, la più grande manifestazione dalla fine della dittatura

Sondaggi

Tuttavia, sondaggi come quello di Data Influye del 28 agosto, mostrano che l’opzione “Approvo” ottiene il 78% e l’opzione “Rifiuto” il 13%. D’altra parte, Criteria Research sostiene che l'”Approvazione” vincerebbe del 74%. Inoltre, l’opzione di convención constituyente (una commissione composta da membri eletti dal popolo) si è aggiudicata il 64% rispetto all’opzione della “Commissione mista” (una commissione composta da parti uguali di membri del Congresso e eletti dai cittadini) con il 29%. Anche queste ultime due opzioni saranno votate nel Plebiscito del 25 ottobre.

Intanto il governo Piñera continua a ritardare il cammino dell’accordo di Escazú, il primo trattato multilaterale nella regione sulle questioni ambientali e fornisce sostegno ai diritti umani in generale e ai diritti ambientali in particolare. Ad oggi, solo 22 Paesi l’hanno firmato e solo nove l’hanno ratificato: Antigua e Barbuda, Bolivia, Ecuador, Guyana, Nicaragua, Panama, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine e Uruguay. La decisione del Cile contribuisce a ritardare l’entrata in vigore dell’Accordo di Escazú, per la quale c’è bisogno di 11 ratifiche.

Repressione dei Mapuche

E non si ferma la repressione del popolo Mapuche: nel maggio 2020, 26 detenuti mapuche hanno iniziato uno sciopero della fame, 16 stanno facendo lo sciopero della fame e della sete. La maggior parte di loro, ricoverati in ospedale, è in punto di morte. Chiedono di essere uguali davanti alla legge e di avere il diritto agli arresti domiciliari per la durata della pandemia Covid-19. Il governo ha applicato questo diritto a più di 4.000 prigionieri, compresi i principali violatori dei diritti umani, ma lo ha negato a tutti i prigionieri Mapuche. Il governo dovrebbe applicare la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sui popoli indigeni e tribali nei Paesi Indipendenti, che il Cile ha ratificato nel 2009 (condizioni speciali di detenzione per le persone dei popoli indigeni, compresa la giustizia riparativa in accordo con la loro cultura, che include la possibilità di visitare le loro case e comunità di tanto in tanto). Dalla fine del XIX secolo, dopo l’indipendenza di Cile e Argentina, il popolo Mapuche è stato sottomesso e massacrato, trasferito in piccole riserve, mentre il resto delle loro terre è occupato da bacini idroelettrici, da aziende di legname e della trasformazione del pesce che hanno distrutto le foreste e le risorse marine secondo un modello economico estrattivo neoliberale che distrugge gli ecosistemi, aumenta l’inquinamento e l’impronta ecologica e porta la popolazione alla povertà.

Discredito del neoliberismo

Il sociologo e filosofo dell’Università Adolfo Ibáñez, Daniel Chernillo, ha spiegato all’inviato del quotidiano argentino Pagina12: “Noi cileni stiamo vivendo una crisi di fiducia. In una certa misura, questa crisi di fiducia è globale, poiché istituzioni come la democrazia politica, i media e la stessa economia di mercato sono messe in discussione ovunque. Nel caso del Paese, questa crisi di fiducia è nata perché l’idea che gli ultimi tre decenni avessero fatto del Cile un Paese totalmente diverso è definitivamente crollata”. Per lui, per quanto il Cile del 2020 sia molto diverso da quello del 1990, alcune delle basi di queste trasformazioni sono molto deboli: disuguaglianza economica e territoriale; un sistema politico che non finisce per consolidarsi, forze armate e di polizia intenzionali e con problemi di corruzione molto gravi, in attesa di conflitti etnici. “Questo è forse il motivo per cui il dibattito costituzionale ha preso così tanto slancio: di per sé, la Costituzione non può cambiare o migliorare nessuno di questi temi. Ma offre la possibilità di affrontarli in modo serio, vero e integrato. E si chiede al popolo per la prima volta in 100 anni».

Sogni distrutti

Di discredito del modello neoliberista ereditato dalla plumbea stagione di Pinochet parla anche il regista argentino Mario Bomheker.  Anzi, Bomheker parla proprio di «sogni distrutti» ricordando il colpo di Stato del ’73 e il suo impatto enorme su ampi strati della sinistra mondiale, «che ha così visto il fallimento dell’opzione politica di realizzare una società più giusta con mezzi democratici».

«Il colpo di stato del settembre 1973 è stato un ulteriore tassello del ciclo di governi militari che hanno devastato il cono sud negli anni Settanta. È stata preceduta dal colpo di Stato militare di Hugo Banzer in Bolivia nel 1971; è proseguita con il colpo di Stato in Uruguay nello stesso anno e seguita, meno di tre anni dopo in Argentina, nel marzo 1976. Ma quello in Cile è durato il più lungo: 17 anni. E quella che ha avuto la maggiore influenza sulla società cilena e sul sistema politico, un’influenza che continua ancora oggi. Nella coalizione di partiti che ha portato Sebastian Piñera al governo, ci sono correnti e figure pinochetiste. Né i governi dei partiti cristiano-democratici e socialisti sono stati in grado o disposti a sradicare questa influenza», si legge in un suo commento pubblicato sempre dal quotidiano argentino.

Le ultime parole di Allende

Bomheker, nelle ore successive al colpo di stato, fu l’artefice del salvataggio delle ultime parole di Allende, trasmesse in onde corte da una radio controllata dal Pc, Radio Magallanes. Il nastro venne consegnato ai diplomatici della Rdt che li portarono in Europa e pochi giorni dopo la televisione pubblica della Germania Est ha trasmesso un programma speciale dedicato al colpo di stato in Cile. La sezione Eternal dell’azienda statale VEB Deutsche Schallplatten di Berlino ha realizzato un’edizione di 5mila copie della registrazione che è stata rapidamente esaurita. “Continuate sapendo che, molto prima o poi, le grandi vie attraverso le quali passa l’uomo libero si riapriranno, per costruire una società migliore…”, aveva detto il presidente dal Palazzo della Moneda. In sottofondo i tuoni dei bombardamenti.   

 

 

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