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Ursula e Confindustria dietro la telenovela dei “responsabili”

Crisi di governo, i responsabili ci sono ma non bastano. La paura di elezioni anticipate paralizza la possibilità di mobilitazioni sociali

Possiamo scegliere di raccontare la crisi con la metrica della telenovela sui “responsabili”, oppure con quella delle dinamiche dello scontro di classe, o meglio della lotta di classe dall’alto. Cominciamo dalla telenovela.

Alla fine il gruppo dei ‘responsabili’ al Senato c’è. Almeno sulla carta, perché non c’è stata nessuna formalizzazione. Che dovrebbe arrivare stamattina, alle nove. I dieci senatori contiani necessari (come da regolamento) spuntano a fine serata, solo dopo l’atteso appello del premier alla ‘salvezza nazionale’. Ma, colpo di scena, all’appello manca Sandra Lonardo. La moglie dell’ex Guardasigilli, Clemente Mastella è fuori dalla lista. Chi ha lavorato alla trattativa assicura che «i dieci ci sono e manca l’ex azzurra Lonardo». Non ne fanno parte neanche un renziano, e nessun altro ex forzista oltre a Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin. Quota dieci, però, non basta per puntellare il premier. Che non a caso, stasera ha lanciato un appello a tutti i partiti, non solo ai volenterosi, per un «governo di salvezza nazionale». L’”avvocato del popolo” si è rivolto a «chi ha a cuore la sorte della Repubblica». Una sorta di ultima chiamata, che potrebbe far breccia soprattutto tra gli scontenti (per ragioni diverse) di Italia Viva, Forza Italia e Cinque stelle, oltre che alla composita galassia dei centristi, e che fa ancora sperare chi ha aderito ai gruppi contiani. Certo, è stato fallito l’obiettivo di formalizzare il nuovo contenitore politico a sostegno del Conte ter prima delle consultazioni al Colle. Ma c’è sempre tempo per salire al Colle ed essere ascoltati dal presidente della Repubblica come tutti gli altri partiti di maggioranza e opposizione. Il capo dello Stato può consultare chi vuole e quando vuole, è tutto nella sua piena discrezionalità, spiegano fonti parlamentari. «Anche se non ci sono precedenti, in questi casi c’è una totale informalità», dice un centrista impegnato nelle caccia ai responsabili. Il neo gruppo al Senato nasce attorno al Maie di Ricardo Merlo e alla nuova componente del Misto, il Centro democratico, portata in dote dall’ultimo arrivato Gregorio De Falco, su mandato di Bruno Tabacci, anima e fondatore di ‘Cd’. Ed è sempre Tabacci a dire: «Secondo me i 5 stelle, a cominciare da Di Maio, hanno fatto un enorme salto di qualità perchè in questo anno e mezzo hanno imparato la durezza dell’azione di governo». E, di salto in salto, durante l’assemblea congiunta dei gruppi M5S emerge una posizione chiara: «Tutti con il presidente Conte», ma in molti interventi si fa riferimento a «un ritorno con Italia Viva». «Oggi i mercati sono andati bene. Penso ci sia fiducia nell’esito più razionale, che è quello di un rilancio dell’azione di governo con Conte con una maggioranza allargata e con un chiaro orientamento europeista». Lo ha detto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri a Dimartedì. «Noi del Pd siamo netti su Conte. A sinistra nel governo, Fratoianni (Sinistra Italiana/Leu) si aggrappa alla figura di Conte, “punto di sintesi” tra Pd, grillini e sinistra: «Le soluzioni le vedremo durante questa crisi, anche perché la formalizzazione sposta al Quirinale la gestione di questo passaggio. Penso che sia necessario rilanciare l’iniziativa del governo attorno alla figura di Conte, perché penso che sia il punto di sintesi di un’alleanza tra Pd, M5S e sinistra. A cui noi intendiamo continuare a lavorare, perché credo che sia l’unico schema in grado di opporsi alla destra di questo Paese». «La crisi – ricorda Fratoianni – è stata aperta da Italia Viva a freddo e senza motivare elementi di merito, semplicemente perché si voleva far saltare questa maggioranza, operazione che non è riuscita una settimana fa, certo non si è riusciti ad un allargamento sic et simpliciter della maggioranza ma non credo che qualcuno riuscirà a far saltare questa maggioranza perché non credo che ve ne siano di alternative in questo Parlamento». Non mi sembra, a oltre 24 ore di distanza dal clamoroso annuncio di Conte di aver udito parole da Rifondazione comunista. Ma ora entriamo nella seconda parte dell’articolo, quella sulle dinamiche profonde di questa crisi di governo.

«Nel quadro di crisi sanitaria e di crisi economica e sociale crescenti governo, i partiti dominanti, il governo e le istituzioni regionali hanno dato il peggio, mostrando tutta la loro incapacità politica amministrativa, il loro pressapochismo, i loro interessi meschini e la loro subalternità alle lobby economiche private. L’inconsistenza del movimento 5S di fronte alle grandi scelte politiche ed economiche è nota, ma anche quella del PD che resta un simulacro di partito, per non parlare di Italia Viva e del suo capo, che ha come motivazione unica solo la sua sopravvivenza politica personale offrendosi come il più fedele gestore politico della borghesia. Conte che ha creduto di poter assurgere a un ruolo bonapartista (sic) sfruttando le debolezze dei partiti che lo sostengono alla fine non ha potuto evitare la crisi e la ricerca di una nuova maggioranza al centro, cioè verso destra non potrà che produrre un esecutivo ancor più moderato e piegato alle esigenze delle forze economiche», spiega Franco Turigliatto, della direzione nazionale di Sinistra Anticapitalista, in un’editoriale uscito sul sito della piccola ma lucida organizzazione. Turigliatto, ex senatore che si ribellò all’ordine di scuderia di votare il rifinaziamento della missione in Afghanistan per salvare il soldato Prodi, ricorda che «una delle cause della crisi è l’utilizzo delle risorse del Recovery Plan, oltre duecento miliardi la cui gestione e disponibilità fanno gola a tanti a partire dalla Confindustria di Bonomi».

Su Popoff abbiamo già scritto che questi soldi, sia la parte direttamente a credito, sia quella in forma di sovvenzione, sono in ultima analisi dei prestiti che prima o poi andranno ripagati con le tasse dei cittadini. Tutte le forze politiche maggiori si sono rifiutate di finanziare il rilancio della sanità pubblica con una misura doverosa e necessaria: un prelievo fiscale significativo sulle classi agiate attraverso una patrimoniale! Questo, teniamolo a mente, è il governo che non ha intaccato lo spirito repressivo dei decreti Salvini, che non ha smesso di vendere armi a regimi immondi, che non ha nemmeno discusso sulla patrimoniale nella forma morbida proposta dalla sua ala sinistra e non s’è mai fatto accarezzare dall’idea di invertire i processi di privatizzazione e austerità nemmeno di fronte alla pandemia. Questo dovrebbe servire a sgombrare il campo da letture consolatorie e complottiste. Anche il Recovery Plan, con le “riforme” che implica, resta pienamente dentro la logica liberista: gran parte dei finanziamenti sono destinati alle imprese senza alcun vincolo sul loro utilizzo e finalità e tanto meno senza un controllo pubblico.

E non c’è nessun progetto di forte sviluppo del settore pubblico, di creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro per assicurare servizi fondamentali e produzioni funzionali all’interesse collettivo; i finanziamenti alla scuola e alla sanità sono fortemente sottovalutati e non coprono neppure quanto è stato sottratto a questi due settori fondamentali nel corso degli ultimi decenni. Ancora Turigliatto ricorda che non è previsto nessun piano organico di sostegno al reddito, di misure efficaci contro le diseguaglianze, di difesa dei salari, di intervento per garantire il diritto alla casa per tutte/i e tanto meno un piano organico contro il dissesto idrogeologico.

Probabilmente è vero che la Confindustria di Bonomi vorrebbe un governo molto più operativo blindato dentro una alleanza – un’ideona di Prodi, la Thatcher italiana – come quella che a Bruxelles sostiene Ursula von der Leyden. Sulle trattative pesa lo spettro delle elezioni anticipate e una vittoria travolgente delle destre e delle estreme destre anche grazie al taglio del numero dei parlamentari, voluto da M5S, è riuscito a peggiorarlo ancora, assicurando alla coalizione delle destre una vittoria totale in caso di elezioni. E’ questa opzione che spinge anche settori di sinistra a sostenere la coalizione di Conte, «che con le sue opzioni in realtà costruisce la vittoria delle destre», avverte Turigliatto. Anche perché la scelta del meno peggio paralizza la possibilità di costruire le mobilitazioni sociali che permettano di erodere la credibilità politica e sociale delle destre. «Quel che è drammaticamente assente oggi è proprio l’iniziativa delle classi lavoratrici, una attività autonoma ed anche contrapposta al quadro politico dominante, conclude Turigliatto. Davvero è così importante sapere se Lady Mastella sarà o non sarà nei “responsabili”?

 

 

 

 

 

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