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Teorema Mar Jonio, Casarini: «Sono colpevole. Come Lucano»

Il “teorema” contro la nave di Mediterranea, interviene Luca Casarini, uno dei quattro indagati per “reato di solidarietà”

«Riesco solo ora ad avere accesso ai sistemi di comunicazione. Con l’operazione di polizia di lunedì all’alba, mi hanno sequestrato computer e telefoni, bloccandomi account e ogni cosa», scrive Luca Casarini in un lungo post che rilanciamo integralmente: «Sono accusato con i miei compagni di una vita di battaglie, del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato che già per il nome che porta non riconosco e non accetto, né davanti allo Stato né davanti a nessuno. Sono accusato di aver aiutato degli esseri umani a raggiungere un luogo dove non li attendessero campi di concentramento, torture, sevizie, morte. Lo rivendico davanti a chiunque, sono colpevole fino in fondo di questo. Il Signor Procuratore di Ragusa ne prenda pure nota.
Non occorreva mettere in moto una macchina del fango come questa per farmelo dire. Non occorreva inventarsi accuse false, o scrivere la trama di uno scandalo di quelli che piacciono tanto agli odiatori di professione, o che fanno vendere più copie a giornalini e giornaloni. Dal 2018 la mia vita, per intero, è dedicata a questo: organizzare una nave che faccia soccorso civile in mare, mantenerla, riuscire a farla ripartire ogni volta superando ogni ostacolo che qualcuno ha sempre tentato di mettere. Non c’è nulla di eroico in quello che faccio. Gli unici eroi di questa storia sono le donne, gli uomini e i bambini che resistono attaccati alla vita mentre qualcuno li vorrebbe annegati nella morte per sempre. Io sono solo uno dei tanti e delle tante che in questo tempo hanno deciso di aiutarli. Di non voltarsi dall’altra parte.
Non sono una vittima. Sono privilegiato tre volte: la prima perché ho due figli che mi amano, che mi hanno stretto in questi giorni nel loro abbraccio come so che faranno sempre quando mi vedranno inginocchiato, messo a terra da qualcuno che mi ha colpito al cuore, quando mi vedranno in difficoltà. Loro sono la mia prima grande, inesauribile, fonte di forza, tenera come una carezza, potente come il mare.
La seconda perché dopo tanti anni di lotte, di errori, di battaglie, molte perse, altre vinte, sono arrivato a toccare una cosa che voi, uomini potenti degli apparati degli Stati, non potrete mai conoscere: cosa può l’amore verso altri esseri umani, che senti come fratelli e sorelle anche se non li hai mai incontrati prima. Ho passato una vita a tentare di dare una forma e un senso al mio odio. Ora finalmente sono giunto altrove. Non odio nemmeno voi che adesso mi fate questo. Provo pena per voi, così potenti e così aridi da non capire quanto meraviglioso possa essere salvare una vita invece che ucciderla.
La terza perché sono circondato da persone meravigliose, cominciando dai miei fratelli accusati con me, che non ti abbandonano mai al tuo destino anche quando la tempesta è forte. Sono gli amici veri, quelli che ti vogliono bene davvero, quelli che si vedono nel momento del bisogno. Sono la mia comunità, quelli con cui posso spezzare il pane, continuare il cammino anche se sono stanco. Sono quelli che non tradiranno.
Le cose infamanti messe in piedi per distruggere cadranno, come cadono le cose costruite sul fango: arriverà la pioggia, laverà via ciò che di sporco voi, potenti uomini degli apparati, avete inventato per darvi legittimazione nel vostro obiettivo. Che è, e rimane, impedire che qualcuno aiuti gli esseri umani a scappare dagli inferni dove voi li avete messi. Volete impedire il soccorso in mare e in terra, ma non avete il coraggio di dirlo chiaramente, e per questo vi inventate di tutto.
Ma invece io lo dico chiaramente, subito: rifarei ogni cosa che ho fatto, dalla prima all’ultima, per aiutare persone che chiedono aiuto. Non mi sono voltato dall’altra parte e adesso non abbasserò lo sguardo. E appena potrò tornerò a fare quello che facevo prima, con più forza, con ogni mezzo, con tutti gli aiuti che troverò per farlo, costi quel che costi. Perché ne vale la pena.
Un pensiero a Mimmo Lucano, che con la sua vicinanza mi onora. E ai miei fratelli e sorelle di Mediterranea, che condividono con me ogni cosa, anche il dolore.
Sono felice che i 27 esseri umani che erano abbandonati su una petroliera in mezzo al mare, adesso stiano bene. Sono felice per tutti coloro che ho incontrato in mezzo al nostro mare e adesso vivono finalmente. Penso ogni minuto alle donne uomini e bambini che sono ancora nei campi di concentramento in Libia. Penso a come si può fare per aiutarli a fuggire, per salvarli, per impedire che li uccidano o che li torturino. Se questo è un reato, sono colpevole. Lo sarò sempre.

I legali dei quattro indagati e il cargo danese respingono le accuse

«I nostri assistiti sono indagati per il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pluriaggravato, un reato gravissimo che il nostro ordinamento punisce con la reclusione fino a trent’anni. Depositeremo nei prossimi giorni istanza di riesame del provvedimento cautelare adottato dalla Procura di Ragusa poiché l’ingresso sul territorio nazionale non è stato “llegale” ma è avvenuto nel rispetto delle procedure di legge e con assegnazione di un Place of Safety da parte delle autorità competenti». Fabio Lanfranca e Serena Romano sono i legali che assistono i quattro indagati dalla Procura di Ragusa, Luca Casarini, Beppe Caccia, il regista Alessandro Metz e il comandante Pietro Marrone, nell’ambito dell’inchiesta sulla Mare Jonio, il rimorchiatore messo in mare dall’Ong Mediterranea. I reati contestati sono di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di violazione alle norme del codice della navigazione sul trasbordo di 27 migranti dalla nave danese Maersk Etienne, che li aveva soccorsi 37 giorni prima. Sono indagati per il loro ruolo sulla Nave Jonio. «Riteniamo che non sia possibile dubitare che le 27 persone soccorse l’11 settembre del 2020 versassero in uno stato di necessità e d’altronde ricordiamo che il personale dell’UNHCR, intervenuto al momento dello sbarco, ha constatato che si trattava di soggetti provenienti da Sudan, Ciad, Camerun, Libia e Eritrea in condizioni di vulnerabilità estrema, al punto da esprimere pubblicamente il proprio apprezzamento per l’intervento risolutivo della Mare Jonio nel superamento di una delle più drammatiche vicende umanitarie degli ultimi anni», hanno spiegato ieri gli avvocati mentre il giorno prima era intervenuta anche la compagnia danese: «Era una situazione umanitaria e vogliamo chiarire che in nessun momento, prima o durante l’operazione, è stato discusso o concordato un compenso o un sostegno finanziario», ha detto Kis Soegard, portavoce della nave commerciale Marsk Tankers, commentando l’inchiesta della Procura di Ragusa. La Guardia di finanza, guardia costiera e polizia hanno eseguito perquisizioni e sequestri nei confronti della società armatrice del rimorchiatore e nei confronti dei quattro indagati, a Trieste, Venezia, Palermo, Mazara del Vallo, nel Trapanese, Augusta, nel Siracusano, Bologna, Lapedona e Montedinove, nelle Marche.

Mimmo Lucano: «Luca resisti e vai avanti»

«A Casarini voglio dire di andare avanti con la forza del coraggio e della coscienza. Vogliono far passare il senso di umanità per reato. Casarini deve resistere, resistere con la forza della coscienza, l’unica cosa che traccia la strada, una luce. E quello che ha dato coraggio anche a me, insieme alla solidarietà delle persone, un “fiume” che si è riversato su Riace. Voglio mandare un abbraccio a Casarini e l’invito a resistere, la luce dell’umanità passa da questo, da un calvario ma anche dalla consapevolezza di poter dire che abbiamo fatto qualcosa», ha detto anche l’ex sindaco di Riace (Rc) Mimmo Lucano, sotto processo per la gestione dei progetti di accoglienza dei migranti e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla cui storia si è paragonato proprio Casarini, ex capo Missione della nave Mare Jonio indagato. Le leggi, ha spiega Lucano, «sono fatte da chi in quel preciso momento politico esprime la forza della maggioranza, ma non significa che quelle stesse leggi alcune volte vadano nella direzione opposta al rispetto dei diritti umani, della dignità degli esseri umani. Io non conosco il caso di Casarini, ma a lui esprimo il massimo della mia solidarietà». Poi ha aggiunto: «Perché vengono criminalizzate la solidarietà e l’umanità? Si è uomini quando non si rimane insensibili di fronte alla sofferenza umana, anche se viene più facile essere privi di quel senso di ribellione rispetto alle ingiustizie, è più facile essere egoisti. Ma questo non è più possibile. Altrimenti cosa ci rimane? Guardiamo cosa succede sulla rotta balcanica, con esseri umani in fuga».

L’ex sindaco di Riace sottolinea ancora: «C’è chi perseguita e chi è perseguitato e fugge dalla guerra. I rifugiati sono in fuga dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla povertà e dai drammi sociali che vivono nella loro terra. Tutto ciò è causato dall’Occidente ricco, dalle colonizzazioni, dalle guerre, dalla vendita delle armi, dal saccheggio dei territori per trovare le materie prime che servono al ricco Occidente, e a queste persone l’ultima alternativa che rimane è fare questi viaggi. Ma quando arrivano, noi li giudichiamo. Ma chi siamo noi per giudicare? Prima li obblighiamo a scappare e poi ti giudichiamo?». Per queste persone, «il dramma non finisce mai. Quindi mi chiedo: chi è davvero in regola, quelli che hanno le imbarcazioni di lusso, con tutti i comfort e il miglior cibo, o chi si aggrappa alle onde? Perciò dico, Casarini vada avanti, deve resistere con la sua coscienza e il suo coraggio».

Mediterranea: «E’ un teorema giudiziario»

La bomba è scoppiata lunedì, come ricorda Casarini nell’intervento che rilancia anche PopoffQuotidiano, quando il procuratore di Ragusa, Fabio D’Anna, che ha costituito un gruppo interforze composto da personale della guardia finanza, della squadra mobile e della capitaneria di porto, ha fatto eseguire un decreto di perquisizione per «ricercare ed acquisire ogni elemento» che sia «utile a comprovare i rapporti tra gli indagati e la Maersk Etienne, e con eventuali altre società armatoriali». I quattro sono indagati per il loro ruolo con la Nave Jonio, gestita dalla compagnia armatoriale Idra social shipping, mentre è estranea all’inchiesta la Mediterranea saving humans. La Ong parla di «accuse pesanti», ma che «in realtà puntano a colpire la pratica del soccorso civile in mare» e di «”teorema giudiziario”, in cui si ipotizza che le attività di soccorso e salvataggio siano preordinate allo scopo di lucro». «La “macchinazione” ipotizzata», sostiene la Ong, è «talmente surreale da rendere evidente quale sia il primo e vero obbiettivo di questa operazione»: quello di «creare una macchina del fango». E annuncia che «non si fermerà a causa di questo attacco, triste e prevedibile». Al centro dell’inchiesta lo sbarco di 27 migranti il 12 settembre del 2020 nel porto di Pozzallo dalla Mare Jonio che erano stati stati trasbordati sul rimorchiatore il giorno prima dalla Maersk Etienne, sulla quale erano da 37 giorni in attesa di assegnazione di un porto sicuro dopo un evento Sar disposto da Malta. Per la Procura di Ragusa, da indagini «corroborate da intercettazioni telefoniche, finanziarie e riscontri documentali», è «emerso che il trasbordo dei migranti» sarebbe avvenuto «senza nessun raccordo con le autorità» maltesi e italiane e «apparentemente giustificato da una situazione emergenziale di natura sanitaria, documentata da un report medico stilato dal team di soccorritori imbarcatosi illegittimamente sul rimorchiatore». Ma non solo: il trasbordo, è l’accusa più grave mossa dalla Procura, sarebbe stato «effettuato solo dopo la conclusione di un accordo di natura commerciale tra le società armatrici delle due navi», con «la Mare Jonio che ha percepito un ingente somma quale corrispettivo per il servizio reso». Un’inchiesta avviata dopo lo sbarco e che, spiega il procuratore D’Anna, non riguarda la gestione delle Ong nei soccorsi in mare, ma «soltanto un episodio in cui sono coinvolte due società commerciali». Tanto che nessun componente della Mediterranea saving humans è indagato.

 

 

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