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Festival del Mediterraneo di Genova: dove l’arte è resistenza alla guerra

Make music not war è il sottotitolo dell’edizione 2023 del Festival del Mediterraneo di Genova

“E noi,  che pensiamo la felicità come un’ascesa, ne avremo la sorpresa di  cosa che, quando è felice, cade…”

Difficile resistere alla tentazione di aprire con una citazione della decima Elegia di Rainer Maria Rilke la recensione di uno spettacolo che si intitola Elogio della caduta. E’ la nuova produzione di DEOS Danse Ensemble Opera Studio ed Echo Art,  che apre il 32° Festival del Mediterraneo di Genova con una riflessione  sul senso dell’ac/cadere come declinazione niente affatto accessoria, ma piuttosto fondativa e costituiva dell’essere, nelle parole del filosofo Nicola Bucci, nel canto di Miriam Gotti  e nei corpi dei danzatori Luca Alberti, Filippo Bandiera, Emanuela Bonora, Roberta Piazza, Giulio Venturini e Aaron Weber. Il tutto su un progetto del direttore artistico Davide Ferrari e del coreografo Giovanni Di Cicco. 

Partendo così, in un certo senso, dalla fine e dall’idea dell’atto estremo del cadere come sigillo dell’esperienza umana più autentica, il Festival dipana la sua programmazione calandola  nell’attualità più drammatica di questo scorcio di tempo. Make Music not War, è infatti il sottotitolo di una manifestazione che si muove nel perimetro dell’antica convinzione – speranza? Illusione? – che  la musica e la pulsione creativa siano infine più forti della pulsione distruttiva delle guerre.

Elogio della Caduta (foto Fabio Zanone)

Undici gli appuntamenti a sostegno di questa tesi. Dorothée Munyaneza porta in scena il dolore delle donne stuprate nelle zone di guerra. Frutto di una lunga ricerca documentaria, l’opera mette al centro la memoria del corpo femminile: Intese come un campo, le membra vengono attraversate dal canto, dalla danza e dalle immagini, passando per la distruzione, per celebrare la resistenza e la forza delle vittime. Dal Camerun arriva invece l’Akutuk (vedi la foto di copertina), il gioioso suono del fiume: Zongo, accompagnata da voce e danze di Ashai Lombardo Arop e dalle percussioni di Lara Gardin, Benedetta Reuter e Veronica Sodini, a suonare a tre diverse altezze l’acqua di una  piscina  Formula + Afrolatin Connection, i cui componenti arrivano da Senegal, Perù, Cile, Messico, Cuba e Italia, mescola le timbriche moderne – basso, batteria, chitarra elettrica e piano – a quelle tradizionali, come marimba, cajon criollo, batá, bongo e congas, Lo scontro-incontro fra passato e presente  sorregge invece  il dialogo tra Giappone e Corea, protagonista di “Crossing Borders: . Il produttore giapponese Shigeru Ishihara, alias Dj Scotch Egg, e la percussionista coreana Shin Hyo Jin fondono  melodie in un conflitto solo immaginario fra elettronica e ritmi antichi.

Kyoshindo (foto Serena Bobbo)

Il  femminile torna poi protagonista con Ensemble Chakam: tre musiciste, giunte da Iran, Palestina e Francia che propongono il risultato della loro unione artistica, nata nel 2014 da un’idea di Sogol Mirzaei: un progetto che raccoglie tradizioni diverse raccolte per il mondo. La stessa Mirzaei, (tàr e composizioni), Christine Zayed, ganun, voce e composizioni) e  Marie-Suzanne de Loye (viola da gamba), propongono un repertorio costruito secondo i codici del radif, il corpus della musica classica iraniana, e dei modi e cicli ritmici arabi, in omaggio a chi lascia la propria terra e rimane spesso deluso dalla realtà di un altrove idealizzato. Analogamente, è dedicato ai bambini migranti lo spettacolo “Deriva mediterranea” Angela Alfieri, Leila Kerimova, Abdenbi el Gadari e Anna Giusto offrono un omaggio all’infanzia con una suite per piano, viola, guinbri e voci.

Propongono invece un viaggio in Giappone i due spettacoli ospitati dal Museo d’arte orientale E. Chiossone: Roberto Rossini, uno dei padri della performance italiana e artista visivo, a proporre l’azione estetico-rituale “KI”, dedicata all’energia vitale della medicina cinese e giapponese.  La performance, che coinvolge l’irruzione casuale del frinio di un grillo, animale di buon auspicio nelle culture orientali, si svolge in uno spazio delimitato e celebra la forza vitale che scorre in ogni organismo vivente. Il giorno successivo tocca al gruppo Kyoshindo trasmettere l’energia e la disciplina delle arti marziali nel concerto per taiko, il tamburo tradizionale giapponese.

Antonella Ruggiero (foto Enzo Berti).

Chiudono la rassegna due concerti speciali:  protagonista la diaspora ebraico-yemenita con gli strumenti nati dai rifiuti di El Khat. La band, di base a Tel Aviv, è guidata dal violoncellista autodidatta Eyal El Wahab: da quando era bambino, il musicista costruisce strumenti con gli oggetti trovati nella spazzatura che ora accosta a quelli tradizionali per richiamare il disordine del mondo. Sabato 21 ottobre, alle 20.30 al Teatro dell’Arca, all’interno del carcere di Marassi, la voce inconfondibile di Antonella Ruggiero si fonde con le sonorità del Piazza Caricamento Ensemble in “Sconfinando”, con il contributo del vocoder di Roberto Colombo. 

Church and Slum-White church with a colorful slum on a hill rising above it in Guayaquil, Ecuador

 

Biglietti:

c/o https://www.happyticket.it/ e c/o biglietteria festival in sede concerti

Evento dell’8 settembre: ingresso libero con offerta

Evento del 21 ottobre: biglietteria c/o www.teatronecessariogenova.org

Info su www.echoart.org; info@echoart.org; cell. 3356184611/ 3462212982

 

 

 

 

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