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Trieste, Alina suicida perché sequestrata dalla polizia

Tre anni dopo il suicidio in questura di Alina, verso il rinvio a giudizio di quattro poliziotti tra cui il dirigente dell’Ufficio Immigrazione che lui chiamava Ufficio Epurazione

di Checchino Antonini

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È stata notificato ai 4 poliziotti indagati l’avviso di conclusioni delle indagini avviate a seguito del presunto suicidio della cittadina ucraina Alina Diachuck, avvenuto il 16 aprile del 2012, mentre si trovava nel Commissariato di Villa Opicina, una frazione di Trieste, in attesa di espulsione, dopo essere stata scarcerata 2 giorni prima dal carcere cittadino. I reati vanno dal sequestro di persona aggravato fino alla “violata consegna” e “morte come conseguenza di altro reato”.

Era stata accusata di “favoreggiamento dell’immigrazione” ma aveva patteggiato, ed era stata liberata per essere trasferita nel Cie di Bologna. Ma, appena uscita dal tribunale di Trieste, fu prelevata da una pattuglia della Polizia. Per quaranta minuti la ragazza ha agonizzato nella cella senza che nessuno si sia accorto dalla telecamera a circuito chiuso che trasmetteva in diretta su un monitor.

La Procura della Repubblica di Trieste contesta agli indagati le modalità e la tempistica del trattenimento degli stranieri da sottoporre a espulsione in quanto irregolari sul territorio nazionale. La donna era stata trovata impiccata con un cordino della sua felpa alla maniglia della porta della stanza dove era rinchiusa.

All’epoca si mobilitarono le reti antirazziste della zona. Tre anni dopo, il procuratore Carlo Mastelloni ha prodotto un fascicolo di oltre 10mila pagine di atti, più altri 246 fascicoli personali di altrettanti cittadini stranieri coinvolti nel ruolo di vittime.

Alina, secondo i risultati delle indagini presentati ieri alla stampa, non sarebbe l’unica migrante trattenuta illegalmente in quei locali.

Al dirigente dell’Ufficio immigrazione che operava allora, viene contestato il reato di sequestro di persona aggravato. Costui, come diversi suoi colleghi di ps e carabinieri, non avrebbe avuto alcuna accortezza nel celare le sue convinzioni fasciste. Un cartello – “Ufficio Epurazione” – faceva bella mostra di sé accanto alla sua scrivania, in bella mostra insieme a un busto di Benito Mussolini (immortalalato anche dal Tg5). Il dirigente, all’epoca, fu rimosso e, nel corso di una perquisizione domiciliare, vennero ritrovati libri di Hitler e di Julius Evola, titoli come il Mein Kampf o “Come riconoscere e spiegare l’ebreo” di George Montandon. Per i sindacati di polizia, si sarebbe trattato solo di un’eredità di quando il dirigente lavorava per la Digos.

Gli altri indagati erano addetti alla vigilanza. La Procura contesta inoltre a dirigente e vice dirigente dell’Ufficio immigrazione, e ad altri 4 poliziotti appartenenti allo stesso Ufficio, numerosissimi capi di imputazione relativi al sequestro di persona aggravato, singolarmente o in concorso, per aver trattenuto altri stranieri «privati della libertà personale per un significativo intervallo di tempo».

Il Questore di Trieste, Giuseppe Padulano, manifestando rispetto per la decisione della Procura della Repubblica che ha indagato 4 poliziotti e per il dolore dei familiari della cittadina ucraina Alina Diachuck, nel contempo «vuole esprimere sincera vicinanza al personale con la certezza che si riuscirà a dimostrare di aver agito nell’esclusivo intento di adempiere, nell’ambito della complessa normativa prevista, alle procedure previste per l’effettiva espulsione dei soggetti ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica». La Questura (già balzata agli onori delle cronache per l’omicidio di Riccardo Rasman) ricorda che nell’ultimo anno sono stati rintracciati oltre 400 migranti irregolari e arrestati 20 trafficanti di uomini, mentre sono state accolte oltre 800 richieste di protezione internazionale per migranti provenienti da zone di guerra o paesi considerati a rischio per discriminazioni politiche e razziali. Come a dire, non stiamo a sottilizzare.

 

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