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Crisi di governo, la roulette giallorosa

Come finirà la crisi di governo e l’harakiri di Salvini

Pareva fatta. Una sterminata piana verdeblù, innervata di nero, da nord a sud della Penisola. Pareva l’anticiclone delle Azzorre, sullo Stivale solo rade macchioline giallorosse a resistergli. Salvini già s’allisciava il baffo mongolo & malandro, gustando l’ultimo Mojito e pregustando il voto, la mossa pigliatutto dopo aver piantato in asso il governo gialloverde. Pareva fatta, la Lega alle soglie del 40%, il neogoverno verdeverde a guida leghista ben oltre il 50, con Totiani e Renziani a far da spallucce, i Fratellastri d’Italia contenti e la Matrix europeista plaudente. Pareva fatta, e invece l’ora del coglione passa per tutti, come ha ricordato il conterraneo Vittorio Feltri all’ex vicepresidente del Consiglio, suggerendogli di ritirare la sfiducia a Conte e ridar fiato all’alleanza coi Pentastellati. Prosaicamente, anche Trump ha consigliato al buon Matteo di rifare pace con Di Maio: “In fondo è un po’ come tentare di andare d’accordo con tua moglie”, avrebbe detto il saggio Donald. E se in amore si deve essere pronti a tutto, persino ad andare a letto con la propria moglie, figurarsi in politica.

Complici volponi ex democristi e volpini neo democristi che ne sanno una più d’un ministrone del governicchio, l’improvvido Matteo se l’è presa nel secchio. Oggi Conte ne dirà quattro all’ex ministro dell’Interno che ha voluto fargli le scarpe, dandogli dello spregiudicato e del bugiardo, e salirà al Quirinale per rimettere il mandato nelle mani del buon Mattarella. Ché, presumibilmente, gli ridarà il destro per dare forma a un governo Frankenstein. Una creatura giallorosa – non diciamo giallorossa per rispetto alla Roma e alla logica – che vede insieme Pd e 5S, il diavolo e l’acquasanta. Comunque vada niente voto, la legislatura reggerà botta e la Matrix europeista riuscirà a normalizzare l’anomalia italiana, spazzando quel che resta d’ogni sovranismo italico prima d’ogni chiamata alle urne.

Padre nobile d’una tal creatura l’ottimo Prodi. Il massimo esponente del liberismo euroinomane, per dirla come Diego Fusaro, è resuscitato dal limbo dei dormienti per chiedere un governo Ursula, o Orsola che dir si voglia – in attesa d’un governo Pamela, o Greta – che rimetta le cose a posto e il volgo al suo posto, ridando luce e sostanza ai lumi di Bruxelles. Molte sono le frecce all’arco dei sapienti di Bilderberg e ogni cosa è possibile sotto al sole del Belpaese. Persino che si rappattumi un’intesa gialloverde col Matteo pentito, o un governo blandamente tecnoliberista. L’altro Matteo, Renzi, apparecchia la scissione settembrina del Pd ma può anche darsi che riesca a tenersi agganciato al carrozzone giallorosa, con Madonna Boschi, salvo staccare la spina al neogoverno in primavera, per essere meglio prono ai dettami di Montreux.

Comunque vada sarà un successo, per tutti fuorché per Salvini. Ha fatto come quel tal giardiniere che tagliava l’albero su cui stava seduto, a sproloquiare e farsi spernacchiare sui migranti. Era riuscito nell’impresa – non improba – d’oscurare l’anodino Di Maio e l’anonimo Conte, che oggi si riprende la sua rivincita. Era riuscito, più difficile a farsi, ad azzerare i Cinquestelle, e soprattutto nell’impossibile compito di trasformare la Lega da movimento scissionista e regionale a partito nazionale, vivo e radicato persino in Sabina, e invece ciccia, s’è fatto harakiri. Ma forse alla fine della roulette giallorosa sarà contento anche lui. Quando i tempi saranno maturi, i guasti d’una tal creatura fatti e i resti dei Cinquestelle e del piddì caduti dal corpaccione morto di Frankenstein, a macerarsi al sole italico, allora potrà tornare in auge purelui. L’italiano medio dimentica tutto e in fretta. Ma il suo amore per gli arruffapopolo rimane intatto nei secoli.

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