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Jobs act, Renzi blinda voto e piazza. Assedio al Senato

Movimenti sociali e lavoratori convergono sotto Palazzo Madama mentre il Senato dà il via libero definitivo al jobs act di Renzi e Poletti

di Checchino Antonini

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Repubblica di Torino dedica un po’ di enfasi alle reazioni del web dopo il sì al jobs act da parte di Antonio Boccuzzi, l’ex operaio Thyssenkrupp diventato parlamentare Pd dopo essere scampato al rogo in cui morirono sette suoi colleghi. Reazioni truculente e volgari, tipiche di certa subcultura grillina, ma impalpabili e imparagonabili alle conseguenze materiali che quel voto avrà su centinaia di migliaia di persone. Ad accorrere in sua difesa ovviamente c’è Stefano Esposito, senatore Pd che si dedica al miglioramento della vita della sua gente con dosi massicce di Tav e F35.
Il jobs act fra poche ore diventerà legge grazie al voto di politicanti come lui. Esulta Tiziano Treu, oggi commissario Inps, diciotto anni fa autore della legge che inventava una quarantina di modi diversi di essere precari: «Sono almeno dieci anni che si parla di articolo 18 come simbolo, ma di simboli si può morire. Meglio tardi che mai», ha detto il padre della precarietà in occasione di un convegno sul Jobsact organizzato da Confcommercio che finge di preoccuparsi per la riduzione delle tipologie di arbitrio nei confronti dei dipendenti: «Nuovi istituti come il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti non possono di per sè sostituire quelle tipologie contrattuali flessibili che hanno consentito nell’ultimo decennio di restituire qualità concorrenziale e vitalità occupazionale a comparti strategici per il nostro Paese – scrive Confcommercio in un documento -ulteriori interventi riduttivi sulle tipologie contrattuali sarebbero controproducenti».

«La legge delega ha dei contenuti socialmente positivi», assicura il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in una intervista a un settimanale cattolico. Per Poletti il JobsAct «risponde al bisogno di maggiore certezza di imprenditori e lavoratori; estende la copertura degli ammortizzatori sociali a chi oggi ne è privo; riduce le tipologie dei contratti precarizzanti». «Se si considerano questi contenuti, credo si possa dire che molte critiche appaiono ingiustificate», aggiunge omettendo (e per i cattolici è pure peccato) che in realtà gli ammortizzatori sociali saranno più miseri dell’attuale cassa integrazione e che le tutele saranno debolissime. Ad esempio, si prevede la possibilità di demansionare e ridurre lo stipendio, oppure sarà possibile utilizzare ogni strumento per la videosorveglianza. Impossibile autorizzare la cig in caso di cessazione di attività aziendale mentre sarà previsto l’accesso alla cig solo a seguito dell’utilizzo delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro. Sarà ridotta la durata dell’indennità (adesso il tetto è di due anni per la cassa ordinaria e di quattro per la straordinaria). La durata del trattamento di disoccupazione dovrà essere rapportata alla “pregressa storia contributiva” del lavoratore con incremento della durata massima (per ora fissata a 18 mesi a regime nel 2016, ndr) per quelli con “le carriere contributive più rilevanti”. Si punta alla “universalizzazione” dell’Aspi con l’estensione ai co.co.pro. prevedendo prima dell’entrata a regime “un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite”. Inquietante e fumoso.

Sotto Palazzo Madama, stamattina, convergeranno i movimenti sociali che, il 14 novembre scorso, hanno dato vita allo sciopero sociale.

«Ai precari, agli studenti, ai soggetti collettivi che hanno animato a Roma l’opposizione al Jobs Act diamo appuntamento mercoledì 3 dicembre alle 10.00 metro Colosseo. Dalle 11.30 convergenza nazionale #StopJobsAct presso piazza Sant’Andrea della Valle: circondiamo il Senato, portiamo la voce e la rabbia del paese reale che non abbassa la testa di fronte alla dittatura finanziaria. Il nostro tempo è adesso!”

L’assemblea nazionale dei Laboratori dello sciopero sociale, tenutasi a Napoli domenica scorsa, 30 novembre ha registrato la partecipazione di più di 300 tra precari, studenti e sindacati di base. Da lì la chiamata alla mobilitazione sotto il Senato contro l’approvazione del Jobs Act. Contro la forzatura democratica e costituzionale con cui il governo Renzi accelera ancora il percorso di approvazione della legge delega e valuta l’ipotesi di blindarla con l’ennesimo voto di fiducia. «Segnali di un processo totalmente autoritario ed eterodiretto dalla BCE e dalla Troika – scrive il Laboratorio nazionale dello sciopero sociale – ma anche il tentativo di depistare e disinnescare il protagonismo di centinaia di migliaia di precarie e di precari che hanno dimostrato la propria opposizione a questo progetto nella giornata dello sciopero sociale del 14 novembre come nelle piazze e negli scioperi che stanno attraversando il paese. Chi vuole ipotecare la nostra vita e il nostro futuro non ci troverà in silenzio!».

L’appello è alle «sensibilità democratiche che ancora r/esistono nel Senato» a tradurre le parole in fatti facendo ostruzionismo e opposizione in ogni modo all’approvazione della legge.

Un passaggio cruciale che rischia di consumarsi nell’indifferenza sociale e nella testimonalità delle reti, di resistenze importanti ma che non riescono ancora a trovare forme di convergenza efficace né sul piano sindacale né su quello politico. Per questo la chiamata di mercoledì è a sua volta un passaggio necessario.

“Rifondazione aderisce e sostiene la mobilitazione indetta contro il Jobs Act da tutte le realtà dell’autorganizzazione sociale che hanno dato vita allo sciopero sociale del 14 novembre, per il 3 dicembre al Senato. Il governo Renzi taglia il futuro dei giovani precarizzando sempre di più il lavoro e la vita, demolisce i residui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, taglia e privatizza il welfare e i beni comuni. Contro il governo serve la più ampia mobilitazione possibile: appuntamento a Roma il 3 e il 12 dicembre per lo sciopero generale!”, dice anche Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione.

 

#3DIC #SCIOPEROSOCIALE

 

 

 

 

 

 

1 COMMENTO

  1. Il popolo nostrano è prio un popolo imbelle, invece che tirare come in questo caso schioppettate, scende ancora in piazza a fare solo… le adunate.

    Brrrrrrrrrrrrrrr che paura!

    Sicuramente dietro le finestre c’è chi se la ride.

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