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Palestina, la guerra sionista e l’inettitudine internazionale

Senza tregua i bombardamenti su Gaza. 172 morti, 1300 feriti. L’Egitto apre il valico di Rafah ma non per i palestinesi, mentre un bipartisan Mr. Ban chiede il cessate il fuoco.

di Marina Zenobio

Palestina, la guerra sionista e l'inettitudine internazionale

L’invasione di terra da parte dell’esercito di Tel Aviv a Gaza non c’è stata ma, verosimilmente, è stata solo rinviata visto che ieri l’esecutivo israeliano ha confermato il richiamo in servizio di 42 mila riservisti. Anche se all’alba di ieri c’era stato un tentativo della marina militare israeliana di sbarcare sulle spiagge a nord di Gaza, tentativo respinto da Hamas dopo uno scontro a fuoco.

Senza tregua invece l’operazione “Barriera protettiva” arrivata al suo settimo giorno. La notte scorsa raid israeliani hanno colpito le aree di Beit Lahiya, Khan Younis e Deir al-Balah. Nel frattempo è salito a 172 il numero di palestinesi uccisi (tra cui 26 bambini), quasi 1300 feriti e 17 mila sfollati, compresi quelli di Beit Lahiya che ieri hanno abbandonato le loro abitazioni per l’imminente bombardamento minacciato dall’aviazione israeliana. Molti hanno trovato rifugio nei centri dell’Unrwa installati in tutta la Striscia di Gaza.

Sempre più drammatica e vicina al collasso la situazione sanitaria, scarseggiano medicine e attrezzature. Ieri un barlume di speranza, almeno per feriti più gravi, si era acceso quando si era sparsa la voce che l’Egitto avrebbe riaperto il valico di Rafah. Dieci feriti particolarmente gravi avevano raggiunto in ambulanza il valico per passare nel Sinai, ma ad attenderli c’erano innanzitutto lungaggini burocratiche e, alla fine, solo due sono stati autorizzati a passare, mentre gli altri costretti a tornare a Gaza, nell’ospedale di Shifa dove con molta probabilità sono rientrati nella conta dei morti. Solo ai cittadini egiziani che erano rimasti bloccati a Gaza è stato consentito il transito.

palestina 14 lug Mentre su Gaza piovono bombe, in Cisgiordania continuano i rastrellamenti dell’esercito israeliano legati alla scomparsa dei tre coloni trovati morti il 30 giugno scorso. Nella notte i soldati hanno arrestato 23 palestinesi: tra loro, riferisce Haaretz, cinque residenti di Hebron “legati a Hamas” e “sospetti complici del rapimento”. Un palestinese è invece morto questa mattina vicino Hebron, colpito dal fuoco dell’esercito che si apprestava ad arrestare tre ragazzi “mascherati e armati di pietre”.

Dalla Striscia Hamas continua a lanciare razzi contro Israele la maggior parte dei quali sono intercettati e distrutti prima di raggiungere terra dal sistema di difesa antimissilistico Iron Dome.
Mentre scriviamo le agenzie lanciano la notizia che per la prima volta da Gaza sarebbe partito un Drone verso Ashdod, anche questo abbattuto da un missile Patriot prima di toccare terra. Ma Israele nella notte è stato bersagliato anche dalla Siria, con un missile caduto nel Golan occupato senza fare danni, e dal Libano, con alcuni razzi caduti nella Galilea del nord anch’essi senza fare danni. Israele ha risposto con l’artiglieria a entrambi gli attacchi, avvertendo le autorità libanesi tramite la mediazione dell’Unifil. Per quanto riguarda la Siria, Tel Aviv ha fatto sapere che riterrà il regime siriano “responsabile di tutto”.

Intanto gli interventi della comunità intenzionale, tra il silenzio degli Stati arabi e i debolissimi richiami dell’Onu, lasciano il tempo che trovano. Come l’ennesimo appello bipartisan di Ban Ki-Moon che da un lato denuncia che “troppi civili palestinesi sono stati uccisi” dai raid israeliani a Gaza, dall’altro condanna il lancio di razzi contro Israele. Mr. Ban sembra poi che si sia anche accorto che “la situazione sta per aggravarsi” ed ha rinnovato l’appello a un cessate il fuoco.

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