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Il Tar del Lazio boccia il Ministero per l’Ambiente

Accolto il ricorso contro il declassamento di Valle del Sacco. I movimenti per l’acqua pubblica e contro il biocidio: si blocchino le norme pro inquinatori del decreto 91.

di Alessio Di Florio

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Il Governo Monti nel 2013 aveva declassato 18 Sin (Siti di Interesse Nazionale, così classificati per il loro altissimo inquinamento e la loro enorme pericolosità) portando il totale in tutta Italia da 57 a 39. Fu solo il primo passo, a cui sono seguiti poi il “Decreto Semplificazione” dello stesso Governo Monti, il “Decreto del Fare” e il decreto “Destinazione Italia”, a cui si sta aggiungendo in queste settimane il decreto 91 di Renzi e Galletti con il quale ormai appare sempre più acclarato che c’è una vera e propria strategia governativa per nascondere l’inquinamento italiano, rendere sempre più difficile la reale e integrale bonifica dei territori inquinati. Tutto questo non farebbe altro che favorire inquinatori di ieri, oggi e domani.

Tra i siti declassati da Monti ci furono persino la “Terra dei Fuochi” e “La Maddalena” in Sardegna. E la “Valle del Sacco”. E, proprio su quest’ultimo, si è consumata la sonorissima sconfitta davanti al Tar del Lazio. La Regione Lazio e il Comune di Ceccano, a cui “ad adiuvandium” si è aggiunta la “Rete per la Tutela della Valle del Sacco Onlus”, hanno promosso un ricorso contro il declassamento pienamente accolto dal Tar. I giudici hanno scritto nella sentenza che “il ragionamento del Ministero, ad avviso di questo Collegio, è erroneo in radice” e che “La norma applicata sembra anzi ampliare (piuttosto che restringere) le fattispecie dei territori potenzialmente rientranti nell’ambito dei siti di interesse nazionale…”.

Quindi, non soltanto è stato sbagliato declassificare alcuni siti, ma addirittura ne andavamo individuati altri … bocciatura più clamorosa e grave non poteva esserci per il Ministero dell’Ambiente e per la strategia di “mettere la polvere inquinata sotto il tappeto” come hanno dichiarato il Forum Nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, il Coordinamento Nazionale Siti Contaminati e il comitato Stop Biocidio Lazio che rilanciano nell’occasione la mobilitazione contro “Inquinatore Protetto”, così come hanno ribattezzato il decreto 91, di cui su Popoff ci siamo già occupati nei giorni scorsi.

I movimenti evidenziano la pesantissima censura del Tar sulla “partita al ribasso rispetto alle politiche industriali del paese, con una strategia volta ad annacquare il principio “chi inquina paga” a favore dei grandi gruppi industriali che non vogliono pagare integralmente il prezzo del risanamento delle aree che hanno contaminato” che, con “Inquinatore Protetto”, definitivamente “rischia di nascondere il reale stato di contaminazione del paese e di procedere a bonifiche sulla carta” e quindi chiedono ai Parlamentari di “cambiare radicalmente” il Decreto e al Ministero di virare decisamente la rotta, cancellando il declassamento del 2013 alla luce della sentenza del Tar e di includere nell’elenco nazionale dei Sin “i nuovi siti gravemente inquinati che quasi ogni giorno vengono posti all’attenzione dell’opinione pubblica”, oltre a “procedere alla valutazione dell’efficacia del lavoro svolto in questi anni dagli uffici ministeriali preposti”.

E, in questi giorni, una inattesa voce si scaglia contro uno dei provvedimenti di “Inquinatore Protetto”: sul sito del quotidiano di Confindustria, IlSole24Ore il 18 luglio è comparso un articolo in cui si definisce il comma 4 dell’articolo 15 del decreto che prevede (per la prima volta nella normativa italiana!) la possibilità di Via (Valutazione d’Impatto Ambientale) “postume” (ovvero dopo l’autorizzazione e costruzione di impianti) “ab gubernatoris”, affermando che tale nuova norma favorirebbe il presidente della Regione Marche (che nell’articolo de IlSole24Ore si riporta sarebbe indagato dalla Procura di Ancona per le autorizzazioni rilasciate a molteplici impianti a biogas). Nel febbraio di quest’anno il Consiglio di Stato aveva bocciato, proprio in relazione a impianti di biogas nelle Marche, la possibilità di introduzione di Via postume, alla luce di quella che i giudici hanno definito una “consolidata giurisprudenza – anche europea – che non ammette una Via ex post”.

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