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Guerre dimenticate/La ferocia della jihad risiede nelle Filippine

Da una parte il gruppo più feroce della galassia di Al Qaida (Abu Sayyaf), dall’altra il repressivo esercito filippino e i marine inviati dagli Usa. A Mindanao i sequestri sono all’ordine del giorno, anche di occidentali. A volte terminano con una decapitazione.

 

di Franco Fracassi

Più estremisti dei talebani, più feroci dei ceceni, più affaristi dei guerriglieri colombiani. Il sud delle Filippine è in guerra da cinquant’anni. Prima la guerriglia islamica maoista, più recentemente le brigate jihadiste di Abu Sayyaf. Dall’altra parte l’esercito filippino corrotto e repressivo, appoggiato da migliaia di marine spediti dagli Stati Uniti per mantenere il potere sulla ex colonia.

 

Secondo le Nazioni Unite, il conteggio dei morti ha superato il milione, mentre i profughi sono più di quattro milioni.

 

Abu Sayyaf è forse il gruppo più oltransista della galassia di Al Qaida. Il nome dell’organizzazione deriva dall’arabo: abu (padre di) e sayyaf (spadaccino). Il gruppo venne costituito nel 1991 da Abdurajak Janjalani, un cittadino filippino musulmano che aveva combattuto nella brigata internazionale musulmana durante l’invasione sovietica in Afghanistan. La prima azione consistette nell’uccisione di due predicatori evangelisti statunitensi. Seguirono attacchi con esplosivi, sequestri, assassinii, decapitazioni, stupri ed estorsioni in quella che l’organizzazione descrive come la lotta per la creazione di uno Stato islamico nel Mindanao occidentale e le Isole Sulu, con il dichiarato obiettivo di strutturare un’entità panislamica in tutto il Sud-est asiatico, che comprenda da est a ovest, l’isola di Mindanao, le Isole Sulu, l’isola del Borneo, la Malesia, l’Indonesia e le isole del mar Cinese Meridionale.

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