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Per molti iraniani l’Isis è un’invenzione americana

Come gli americani anche gli iraniani sono ossessionati da quella banda di uomini in nero che vagano per l’Iraq e la Siria, uccidendo sciiti e altri “infedeli” in nome dell’Islam sunnita.

da Tehran
Thomas Erdbrink
(Traduzione copyleft di Giacomo Gattorna)

ISIS_Iraq

Pubblichiamo un significativo editoriale di Thomas Erdbrink – corrispondente del New York Times a Tehran – su quello che gli iraniani pensano della nascita dell’Isis.

Qui la versione originale dell’articolo. 

 

Gli iraniani in questi giorni sono ossessionati come gli americani da quella banda di uomini in nero che vagano per l’Iraq e la Siria, uccidendo sciiti e altri “infedeli” in nome dell’islam sunita. Al supermercato, in un taxi collettivo o durante una riunione famigliare, le conversazioni spesso vertono su questo gruppo misterioso, l’Isis (Islamic State in Iraq and Syria) e su com’è nato.
E per la maggior parte degli iraniani la risposta è ovvia: gli Stati Uniti.

“Dai, tu sai chi ha creato l’Isis”, mi ha detto il proprietario del supermercato, strizzandomi l’occhio. “Ammettilo”, ha insistito il conducente del taxi, colpendo il volante per fare più enfasi. “È così ovvio!”, ha finito il discorso uno zio loquace alla festa di compleanno.

L’Isis, come i leader iraniani stanno dicendo da un po’ di tempo, è “made in Usa”, uno strumento di terrore usato dall’unica superpotenza mondiale per dividere e vincere il medio oriente ricco di petrolio e per controbilanciare l’influenza iraniana nella regione.

Il leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei ha detto spesso che pensava che l’Isis fosse stato creato dagli Stati Uniti come modo per riconquistare una posizione in Iraq e lottare contro il presidente siriano Bashar al-Assad, un alleato dell’Iran.

“Abbiamo le prove, sappiamo”, ha detto a un pubblico di ecclesiastici islamici la settimana scorsa, senza ulteriori dettagli.

L’Ayatollah Khamenei ha ricordato che Al Qaeda – una creazione della Cia secondo l’Iran – e i Talebani erano, agli occhi dell’intelligence iraniana, una creazione degli occidentali per fare da contrappeso all’Iran.

«Non c’è dubbio che questi movimenti sono stati creati dalle potenze occidentali e dai loro agenti regionali», ha insistito Khamenei.

Le sue parole, ripetute da molti altri in Iran, hanno risuonato alla TV di stato, che è il principale strumento per la propaganda del regime ed è vista in tutto il territorio nazionale.
Mercoledì scorso ha mostrato quelle che lui diceva essere immagini del senatore John McCain, il falco repubblicano dell’Arizona, in una riunione con l’attuale califfo dell’Isis, Abu Bakr al-Baghdadi. «Immagini che valgono più di mille parole sulle connessioni tra gli Stati Uniti e questo gruppo», ha aggiunto un presentatore della Tv.

Gli iraniani sono spesso i primi a mettere in discussione le affermazioni ideologiche avventate dei loro leader, normalmente creando come risposta un turbinio di Sms sarcastici e, infatti, si sono sentite alcune risposte scettiche:

«È essenzialmente un gruppo terrorista di sette musulmane estremiste della regione contro le altre sette», ha detto dell’Isis Mehdi Mirzaei di 27 anni, studente di letteratura inglese. «Sono sicuro che gli Stati Uniti non stanno sostenendo l’Isis, non ha senso».

Ma l’affermazione che l’Isis sia una creazione dell’amministrazione di Obama ha guadagnato molti consensi qui. Dicono gli esperti che, dal punto di vista iraniano, segnato da un’esposizione irregolare alla cultura occidentale, creare un’organizzazione terrorista opposta agli interessi iraniani sarebbe la cosa più ovvia da fare per una superpotenza.

«Questi soldati dell’Isis mi ricordano i film di cow boy», dice Mostafa Faramazian, un impiegato del Ministero del Petrolio. Ha visto filmati dei soldati sunniti guidando per le praterie deserte dell’Iraq e della Siria, come banditi del far west. «Stanno realizzando il sogno americano in una terra lontana», dice il signor Faramazian. «Il loro obiettivo è di renderci deboli, come hanno fatto con gli indiani del Nord America».

L’Iran ha anche una lunga storia da vittima, sia per i mongoli invasori, sia per i servizi segreti e le compagnie petrolifere. Gli iraniani, con la loro lingua e la loro fede, spesso si sentono soli ed isolati nel mondo.

«Mentre la maggior parte degli stati della regione sono stati creati dalle potenze coloniali, l’Iran è un antico impero», dice Housang Tale, storico che si autodefinisce nazionalista. L’occidente – dice – e in particolare gli Stati Uniti in quanto superpotenza, sono ben coscienti del grande potenziale iraniano e per questo si sono proposti di impedire in qualunque modo ogni tipo di progresso del Paese.

«Senza gruppi come l’Isis potremmo rivivere il nostro impero», prevede il Sr. Tale, «e diventare la potenza più grande della regione».

La vittimizzazione gioca un ruolo importante nell’ideologia ufficiale della repubblica islamica. Quando è stato deposto lo Sha nel 1979, gli stessi rivoluzionari che terminarono con il suo potere dissero che la sua caduta mostrava i complotti degli Stati Uniti che lo avevano abbandonato, una volta persa la sua utilità.

I libri scolastici iraniani ora dicono che, quando gli studenti iraniani presero l’ambasciata degli Stati Uniti nel 1979 facendo ostaggi i diplomatici ed il resto del personale per 444 giorni, lo fecero per fermare un colpo di stato come quello organizzato dalla Cia nel 1953, che condusse alla caduta di un primo ministro democraticamente eletto: Mohammad Mossadegh.

La lista delle malefatte è così lunga che qualsiasi evento importante che riguardi gli Usa è spiegato dagli ideologi di stato come un complotto per minare gli interessi iraniani.

L’Ayatollah Khamenei definì gli attacchi del 11 di settembre un “evento sospetto.” Il precedente presidente Mahmoud Ahmadinejad li chiamò “un complotto”. Le invasioni dell’Iraq e dell’Afghanistan che seguirono sono servite chiaramente a creare un anello di basi militari intorno al paese, hanno detto spesso i funzionari statali. Le sanzioni imposte al programma nucleare della repubblica islamica sono dei ceppi per impedirne lo sviluppo.

«Il nostro paese e la nostra rivoluzione sono oppresse, ma siamo potenti», ha detto giovedì scorso l’Ayatollah Khamenei.

Per le strade, dove molti sono apertamente critici col governo dei clerici, per la cattiva gestione economica, per la corruzione diffusa e per la mancanza di libertà, le minacce alla nazione toccano ancora un nervo scoperto, anche tra le classi colte.

«L’America sostiene qualsiasi gruppo che rompa un anello di questa catena Iran-Siria-Libano-Palestina», ha detto Amir Hosein Mohammadi, un radiologo. Si riferiva a ciò che i leader iraniani chiamano «asse della resistenza», il punto focale dell’opposizione agli interessi degli Stati Uniti nella regione.

L’appoggio dell’Iran al presidente siriano, Assad, non ha mai fatto breccia tra la gente comune di qui, che si preoccupa di più dell’economia che di puntellare il leader di una terra lontana.
Ma perché gli Stati Uniti dichiarano ora l’Isis come minaccia alla loro sicurezza nazionale e dicono che sono pronti a bombardare il gruppo all’interno della Siria, rafforzando in tal modo Assad, visto che attaccheranno il suo avversario più temibile?

«Gli Usa hanno creato un mostro, persino oltre il loro controllo», ha detto Mohammadi. «Se non fermano l’Isis ora, nessuno può prevedere cosa accadrà in futuro».

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