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Altri 8 miliardi regalati alle banche con la scusa della lotta all’evasione

Dal 30 giugno una legge impone a tutti gli esercenti di far pagare con il Bancomat tutti i clienti che lo richiedano. Devono, quindi, dotarsi di Pos. Ci è stato detto per facilitare la lotta all’evasione. In realtà, in questo modo esercenti e consumatori regalano ogni anno miliardi di euro alle banche.

 

di Edoardo Bettella

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Nel Documento di economia e finanza varato dal Governo Renzi, si dice di voler tagliare spese, nel 2015, per quasi cinque miliardi di euro. Ma a che serve, se nel frattempo ne stiamo regalando più di otto alle banche? È quello che accade dal 30 giugno scorso, quando è entrato in vigore l’obbligo, per gli esercenti, di accettare pagamenti elettronici, se richiesto dal consumatore. Ce la vendono come lotta all’evasione fiscale e come semplificazione nelle transazioni, ma è «l’ennesimo provvedimento che vede grandi vantaggi per le banche e nessuno per noi», come denuncia Adusbef, l’associazione che si occupa di servizi bancari e assicurativi.

 

Secondo Confesercenti, chi di certo non ci guadagnerà, saranno i titolari degli esercizi. «L’obbligo di accettazione di pagamenti via bancomat e carte di credito è un intervento pesante, che si trasformerà in un costo aggiuntivo per le imprese», ha dichiarato in un rapporto stilato per l’occasione. I costi aggiuntivi sono davvero esorbitanti: per un’impresa media sprovvista di Pos, l’installazione, i canoni e la linea telefonica ammontano a circa mille euro all’anno. A questo, vanno aggiunti i costi di commissione, più di seicento euro. Totale, milleseicento euro di spesa annuale in più. Considerando che la legge comprende ogni tipo di esercizio, dal tassista al tabacchino, passando per lo studio di architetti fino all’idraulico che ci ripara il rubinetto, si capisce che, per molti, il surplus è davvero oneroso. Se poi si moltiplicano i milleseicento euro per il numero di imprese, la cifra è capogiro: cinque miliardi di euro.

 

«Complessivamente, il conto pagato dal totale delle imprese italiane per sostenere l’operazione ammonterà a cinque miliardi di euro l’anno. Una “tassa” superiore per esborso al gettito dell’addizionale comunale dell’Irpef, e che rischia di mettere in difficoltà le imprese proprio nel momento in cui si vedono i primi barlumi di ripresa», continua Confesercenti. Per gli esercizi caratterizzati da pagamenti di piccola entità e da piccoli margini, come stazioni di servizio, bar, tabaccai, edicole, l’installazione e l’utilizzo dei Pos porteranno a un dimezzamento o azzeramento degli utili, con qualche caso di bilancio addirittura negativo.

 

Questa norma, inoltre, arriva in un Paese in cui solamente il trentasette per cento delle transazioni avviene elettronicamente. Gli Italiani, infatti, sono ancora molto legati al contante. In aggiunta, va considerato che possedere una carta di credito o debito ha un costo. Ma allora chi ci guadagna davvero?

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Secondo Banca d’Italia, sono settantatré milioni le carte di pagamento (carte di credito, di debito e prepagate) che circolano tra gli Italiani. Il valore medio di ogni transazione è di circa novantacinque euro, e le operazioni Pos con carte di debito, nel 2013, valevano settantotto miliardi. Per ogni operazione, si paga una commissione bancaria del due per cento dell’importo transato. Tradotto, sono quasi due euro per ogni operazione, per un totale di un miliardo e mezzo di euro.

 

Inoltre, se un’operazione con carta di credito costa circa due euro al consumatore, alla banca costa poco più di un euro. Viceversa, al consumatore un pagamento in contanti ha un costo di cinquanta centesimi, mentre per una banca la stessa operazione costa quasi tre volte tanto.

 

Al di là della convenienza da parte delle banche nel promuovere operazioni con il cosiddetto “denaro di plastica”, bisogna tenere presente che avere una carta di credito ha un costo medio di trenta euro. Moltiplicato per il numero di carte presenti in Italia, il risultato è più di due miliardi di euro.

 

Mauro Novelli, segretario nazionale di Adusbef, Associazione difesa utenti servizi bancari finanziari postali e assicurativi, sostiene che la nuova legge varata impone nuovi clienti alle banche. Non solo. È un palese aiuto governativo alle banche, sempre più in crisi a causa della costante digitalizzazione delle procedure bancarie (basti pensare che in Italia esistono più di quindici milioni di conti correnti on-line). «La tecnologia e la digitalizzazione avanzano, le banche vogliono mantenere i vantaggi e i privilegi del secolo scorso, e i governi non fanno altro che accontentarle, con continui aiuti», ha dichiarato Novelli a Popoff.

 

Le reazioni sono, comprensibilmente, di sdegno e rabbia, da parte degli esercenti. Il Consiglio nazionale degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori, che ha presentato anche un’istanza al Tar del Lazio, ritiene la legge una norma «insensatamente vessatoria e costosa». E il suo presidente ha espresso chiaramente perplessità in merito: «Una vera e propria gabella medioevale impropriamente e ingiustamente pagata a un soggetto privato terzo, le banche che, oltretutto, non svolgono alcun ruolo nel rapporto tra committente e professionista».

 

Confesercenti, nel suo rapporto, pone le basi a una possibile soluzione che non penalizzi venditori e consumatori: «Un maggiore uso della moneta elettronica sarebbe senz’altro positivo, perché diminuirebbe i rischi ed i costi connessi alla gestione del contante. Bisogna però intervenire subito a favore degli esercizi a basso margine ed abbandonare l’approccio utilizzato fino ad ora. Meglio percorrere la strada degli incentivi fiscale, da riservare alle imprese e ai consumatori che usano carte di debito e di credito. Una strategia che, nei Paesi dove è stata applicata, come Argentina e Corea del Sud, ha dato ottimi frutti».

 

Nel frattempo, mentre si discute, si riflette e si cercano soluzioni, che in periodo di crisi dovrebbero essere tempestive e sostanziali, le tasche degli Italiani continuano a svuotarsi, e quelle delle banche a riempirsi.

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