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Yemen: sauditi come l’Isis. Colpita città vecchia di Sanaa

Raid della coalizione arabo-sunnita colpisce, per la prima volta dall’inizio dell’Operazione Tormenta Definitiva, il cuore antico della capitale yemenita

di Marina Zenobio

Sanaa, città vecchia: persone cercano sopravvissuti tra i resti di un edificio distrutto dal bombardamento
Sanaa, città vecchia: persone cercano sopravvissuti tra i resti di un edificio distrutto dal bombardamento

Oltre 50 morti e centinaia di feriti è il bilancio di un attacco aereo lanciato ieri dalla colazione militare guidata dall’Arabia Saudita contro la città vecchia di Sanaa, capitale dello Yemen.
Il bombardamento ha distrutto anche quattro edifici storici dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Si tratta del primo attacco aereo contro il centro storico della città dalla fine di marzo, da quando la coalizione araba-sunnita ha iniziato gli attacchi contro lo Yemen.

Della coalizione fanno parte 5 delle 6 “petromonarchie”, tutte sunnite, del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Persico). Solo l’Oman (che confina ad ovest con lo Yemen) non sta partecipando all’intervento armato. Gli altri, inclusa l’Arabia Saudita, sono Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrein e Qatar. Nella campagna militare a guida saudita, battezzata “Operazione Tormenta Definitiva”, partecipano caccia-bombardieri di Egitto, Marocco, Giordania, Sudan.

In Yemen, il più povero paese arabo, si scontrano combattenti sciiti-houti e seguaci del presidente Abd Rabbih Mansur Hadi che a febbraio è fuggito in Arabia Saudita. Secondo dati Onu, dall’inizio della guerra sono morte 2.300 persone.

L’attacco contro Al-Qassimi, il quartiere storico della capitale yemenita, arriva alla vigilia degli incontri che domenica prossima, a Gineva, dovrebbero negoziare la pace. Ma Adam Baron, del Consiglio europeo per gli affari esteri, si è dichiarato molto scettico sull’esito della riunione di Ginevra.

Nel frattempo le organizzazioni umanitarie hanno chiesto almeno la sospensione immediata del blocco della consegna degli aiuti. “Lo Yemen è un paese dipendente dalle importazioni. L’autorizzazione all’ingresso delle merci è una questione di vita o di morte” ha dichiarato Daw Mohamed, direttore per lo Yemen di Care International.

La condanna dell’Unesco

L’Unesco ha immediatamente condannato la distruzione di edifici storici nella Città Vecchia di Sanaa, un complesso con costruzioni del XI secolo catalogato come patrimonio dell’umanità.
“Sono profondamente rattristata dalla perdite di vite umane e dai danni inflitti ad uno dei gioielli più antichi del paesaggio urbano islamico”, sono state le parole di Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco aggiungendo di essere molto turbata “nel vedere quelle magnifiche case a torre di diversi piani e i loro meravigliosi giardini ridotti in rovina”. La massima responsabile dell’Organizzazione dell’Onu per l’Educazione, la scienza e la Cultura (Unesco) ha poi concluso: “La distruzione di questa enclave architettonica renderà la situazione umanitaria ancora più difficile. Ripeto il mio appello a tutte le parti a proteggere il patrimonio culturale dello Yemen, un patrimonio che incarna l’anima del popolo yemenita, simbolo della sua storia, delle sue conoscenze millenarie e che appartiene a tutta l’umanità”.
Tra gli edifici distrutti anche il magnifico complesso di case tradizionali del quartiere Al-Qassimi, situato vicino al giardino urbano di Miqshama, vicino al canale di Sailà.

La coalizione non si fermerà finché i miliziani sciiti non si ritireranno

E’ la prima volta che si produce un attacco contro la Città Vecchia di Sanaa da parte dell’aviazione della coalizione arabo-saudita dal 26 marzo scorso, da quando ha iniziato ad attaccere le posizioni dei combattenti del movimento sciita-houti e degli alleati dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh.
Il giorno prima dell’attacco al centro storico di Sanaa e a tre giorni dagli incontri di Ginevra, il Consiglio di Cooperazione del Golfo ha reso noto che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non si fermerà finché i miliziani sciiti-houti non si ritireranno dai territori yemeniti occupati.

Emergenza aiuti umanitari in Yemen

L’Unicef, per voce di Jeremy Hopkis, suo rappresentante in Yemen, ha reso noto che oltre 20 mila yemeniti, l’80% della popolazione civile, hanno bisogno di aiuto, e quasi 10 milioni sono bambini. E la situazione si va sempre più aggravando a causa del blocco di fatto che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha imposto ai porti e agli aeroporti dello Yemen, limitando così l’entrata di prodotti basici. Ma anche di combustibile e, “essendo tutti i pozzi yemeniti meccanizzati, questo significa che 20 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile”, ha spiegato Hopkis.
Fonti mediche di Aden hanno reso noto che nelle ultime settimane decine di persone sono morte a causa dei focolai di dengue e malaria provocati dalla mancanza di acqua potabile e dell’accumulo di immondizia esposta ad alte temperature.

La crisi in Yemen

L’Arabia Saudita ha assunto lo scorso marzo la guida dell’Operazione Tormenta Definita con cui, insieme ad altri paesi della regione ha, come intenzione dichiarata, “respingere le milizie houti, Al Qaeda e lo Stato Islamico” in Yemen. In realtà, le monarchie sunnite del Golfo Persico temono che l’influenza dell’Iran, a maggioranza assoluta sciita, si estenda con l’ascesa al potere degli Houti, in mezzo all’instabilità generata dal conflitto iracheno e la guerra civile in Siria. Il presidente yemenita Mansur Hadi, rifugiato in Arabia Saudita, aveva chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di autorizzare un intervento militare per frenare “l’aggressione degli houti” contro il suo governo.

La crisi politica in Yemen, frutto di dispute interne non risolte con la caduta del governo dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh nel 2011, si è aggravata lo scorso settembre con l’entrata a Sanà dei ribelli sciiti. Gli houti, che storicamente hanno rivendicato maggior autonomia per il nord dello Yemen, lo scorso gennaio portarono il presidente Mansur Hadi e il suo governo alle dimissioni, facendo così emergere la lotta per il contro di un paese sull’orlo di una guerra civile.

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