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C’è un giudice per i detenuti di Roma

Un ex detenuto è stato risarcito per aver scontato la propria pena in condizioni inumane e degradanti. A stabilirlo una sentenza del Tribunale civile di Roma

di Marco Vulcano

carcere-sovraffollamento1Spaccio e reati contro il patrimonio. Questa l’accusa con cui, nel 2009, un ormai ex detenuto è finito in carcere, prima a Regina Coeli, poi a Rebibbia, per pagare il proprio debito con la giustizia.

Una pena detentiva che può essere definita in ogni modo, fuorché rieducativa, come sanno tutti, da sempre. Stavolta però ad affermarlo è anche la giurisprudenza, con una sentenza che (ci auguriamo) farà storia.

Il giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Roma, Antonella Dell’Orfano, ha infatti riconosciuto al protagonista di questa storia (di cui omettiamo volutamente il nome) un compenso complessivo di 11.000 euro a titolo di risarcimento per i 1378 giorni trascorsi in carcere. Otto euro al giorno.

Certo, una simile somma non vale di certo l’aver trascorso 4 anni della propria vita in un contesto definito dalla sentenza “inumano e degradante”, ma siamo pur sempre nel Paese dove, di norma, chi entra in carcere sano e in piedi sulle proprie gambe, uscendone orizzontale e freddo, non ha mai un assassino. Specie se questo dovesse indossare una divisa. Per cui ci permettiamo comunque di salutare questa sentenza come una buona notizia.

Il detenuto risarcito ha fatto ricorso contro il Ministero della Giustizia, appellandosi all’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e ha vinto.

Nella cella di Regina Coeli dove l’uomo è stato rinchiuso tra il 2009 e il 2010 erano in quattro e ciascuno aveva a disposizione ben meno dei tre metri quadrati che spetterebbero di diritto a ciascuno, in condizioni igieniche disastrose, con un’illuminazione praticamente nulla e senza il mimino spazio privato, neanche in bagno.

A Rebibbia, dove l’ex detenuto è stato dal 2010 al 2014, lo spazio era leggermente superiore di quello disponibile a Regina Coeli. Tuttavia, al netto del mobilio, nemmeno qui la normativa europea che assegna a ciascuno tre metri quadrati di spazio era rispettata. Inoltre, delle otto ore da trascorrere fuori dalla propria cella, qui ve se ne potevano trascorrere soltanto sei. Un fatto che ha aggravato e non poco le condizioni di disagio della cella.

La possibilità di ricorrere a un giudice civile avverso il trattamento disumano ricevuto in carcere, è sancita dalla Corte dei Diritti dell’Uomo. La speranza è che si arrivi presto alla possibilità di una pena dignitosa, che non abbia bisogno di nessun risarcimento postumo.

2 COMMENTI

  1. Mi scuso per la poca memoria ma sono ottantenne, anni orsono lessi di uno psichiatra svedese che sentenziò “dopo 4 anni di carcere la pena non serve a nulla, ne a punire ne a rieducare, serve solo a produrre un essere pseudo umano che farà molta fatica a rientrare nella società, ma le carceri in Svezia sono rieducative e fuori dalla mentalità itagliota, in italia le carceri sono un carrozzone che serve solo a mantenere quelli che eufemisticamente si chiamano polizia penitenziaria, ai miei tempi erano chiavarini………..la persona onesta non fa ne il prete ne il poliziotto. Mickail Bakunin. No pasaran

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