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Kobane di nuovo sotto assedio dell’Is

Scontri a Kobane per la controffensiva dello Stato Islamico dell’Is. Forse i jihadisti sono rientrati nella città kurda simbolo della resistenza popolare del Rojava

di Checchino Antonini

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I jihadisti del sedicente Stato Islamico sono nuovamente “entrati” a Kobane, città nel nord della Siria a ridosso del confine con la Turchia. Lo riferisce la Bbc, che cita l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede in Gran Bretagna, legata agli attivisti delle opposizioni siriane. «Sono entrati dalla Turchia», conferma una fonte kurda in Italia al telefono con Popoff. L’attacco è avvenuto verso le cinque del mattino, ora locale, e ha provocato almeno una dozzina di morti e venti feriti, tutti civili.

Le forze curde siriane hanno annunciato l’avvio di un’operazione a tappetto a Kobane per individuare jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) che si sarebbero infiltrati durante l’attacco di questa mattina e sarebbero nascosti in aree di quella che un tempo era la terza città a maggioranza curda della Siria. Lo riferisce l’agenzia di stampa Dpa. Il portavoce delle Unità di protezione del popolo (Ypg), Redur Xalil, ha rivendicato l’uccisione di 15 combattenti di un gruppo composto presumibilmente da 35 jihadisti. I jihadisti, ha affermato, non possono più muoversi liberamente in città perché le forze Ypg hanno lanciato una caccia all’uomo.

Potrebbe trattarsi di un effetto della “solitudine” del Rojava all’indomani della sconfitta elettorale di Erdogan e del successo della sinistra kurda alle elezioni turche. Tre giorni fa, l’agenzia ANF Mardin, avvertiva che, partendo dalla parte orientale del confine Nusaybin – Qamişlo, lo stato turco stava scavando trincee sul confine con il Rojava, la regione dove si sperimenta il confederalismo democratico. Le trincee sono di 3 metri di profondità e l’esercito turco per ora ha scavato per 150 metri.

A Kobane, riportano le agenzie stamattina, dopo i duri combattimenti dello scorso anno, si registrano nuovi scontri tra jihadisti e forze curde. Secondo l’Osservatorio si registrano diverse vittime nei violenti scontri scoppiati nella notte nel centro di Kobane. Le forze curde a fine gennaio erano riuscite a respingere i jihadisti fuori dai confini della città dopo una lunga battaglia con il sostegno dei raid aerei della coalizione internazionale.

A inizio settimana le Unità di protezione del popolo (Ypg), le milizie curde, hanno annunciato la conquista della località strategica di Ayn Issa, ad appena 50 km da Raqqa, la roccaforte dell’Is in Siria. Pochi giorni prima i combattenti curdi avevano annunciato di aver preso il controllo del valico di Tal Abyad, sul confine con la Turchia, finora in mano ai jihadisti del sedicente Stato islamico. Proprio da lì, i jihadisti in fuga si sarebbero rifugiati in Turchia e tornati alla controffensiva.

«I jihadisti dell’Is sono rientrati a Kobane dopo aver fatto esplodere all’alba un’autobomba nei pressi del valico che collega Kobane con il territorio turco», ha detto in dichiarazioni all’agenzia di stampa Dpa il capo dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahman. Rahman ha parlato di combattimenti «molto duri» nel «centro di Kobane». Secondo l’agenzia di informazione curda Welati, i jihadisti si sono infiltrati nella città con indosso divise dei combattenti curdi e dei ribelli dell’Esercito siriano libero (Esl). Stando all’agenzia, i jihadisti sparano «in modo indiscriminato contro chiunque cammini per le strade» e ci sarebbero vittime tra i civili. Le autorità di Kobane hanno fatto appello alla popolazione a rimanere in casa.

Secondo il reporter di Rudaw in città, sarebbe di almeno 25 morti e 75 feriti il bilancio dell’esplosione dell’autobomba. Omar Kalo riferisce di i «violenti scontri». «Gruppi di combattenti dell’Is girano per le strade di Kobane e uccidono civili», ha detto. Diverso il bilancio delle vittime dell’esplosione fornito dall’agenzia di stampa turca Anadolu, che parla di otto morti e 38 feriti. Ankara prova a smentire la tv di stato di Damasco sulla complicità con i fascisti barbuti. «Le affermazioni secondo cui i militanti di Daesh (Isis) sono arrivati aKobane dalla Turchia sono infondate. Al più presto renderemo pubbliche le immagini», cosi’ l’ufficio del governatore di Sanliurfa, la provincia sudorientale turca più vicina a Kobane. Secondo le autorità turche, i jihadisti sono entrati a Kobane passando dalla cittadina siriana di Jarabulus, nella provincia di Aleppo. «Dopo l’esplosione 41 feriti sono stati portati all’ospedale di Suruc», sul versante turco del confine, dove «uno dei feriti è morto», prosegue il comunicato. «Gli altri continuano a essere sottoposti a cure in ospedale». «Invitiamo la popolazione al buon senso rispetto a possibili provocazioni in questo momento delicato», conclude il governatore di Sanliurfa.

Notizie più precise potrebbero venire oggi stesso dalla delegazione del Rojava che è in visita in Italia e che dopo essere stata ricevuta in Campidoglio e alla Camera dei deputati sarà ospite nel pomeriggio del sindaco di Milano.

La difesa della città curda di Kobane contro il cosiddetto Stato islamico (IS) ha attirato l’attenzione di tutto il mondo. Nel mezzo della guerra civile siriana, il movimento curdo sta tentando un esperimento di democrazia e di autogoverno in tre aree del nord del paese, insieme chiamato Rojava. La forza politica principale in questo esperimento è il PYD (Partito Unione Democratico). In queste zone i movimenti provano a costruire una società con pari diritti per uomini e donne, con la pratica della democrazia diretta e della giustizia sociale e ambientale. Nel “contratto sociale” di Rojava, una sorta di costituzione, le risorse e la terra sono dichiarati proprietà comune, sono riconosciute le libertà democratiche, mentre il diritto all’istruzione gratuita e a un vita dignitosa per tutti e tutte sono esplicitamente riconosciuti.

Il processo rivoluzionario in Rojava è un’esperienza unica e una fonte di speranza per questo è nel mirino sia dell’Is che dello stato turco. Il PKK, organizzazione sorella del Pyd è ancora fuori legge in molti in paesi occidentali per via della black list imposta da Washington.

Obiettivo della delegazione è tenere incontri istituzionali e politici e partecipare ad iniziative di solidarietà e supporto con la “rivoluzione del Rojava”.

Della delegazione fanno parte Senam Mohamad (Co-Presidente del Consiglio del Popolo del Rojava), Saleh Mohamed (Salih Muslim Muhammad) (Co-Presidente del Partito Unione Democratico PYD), Anwar Muslem (Enwer Muslim) (Co-Presidente del Cantone di Kobane nel Rojava), Nessrin Abdalla (Comandante YPJ Unità di difesa delle donne).

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