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Grecia: sì all’accordo coi creditori

In Grecia il parlamento ha detto sì ma Syriza si spacca ancora. Potrebbe essere l’ultima “vittoria” di Tsipras, che chiede una verifica

di Marina Zenobio

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Il parlamento greco ha detto sì all’accordo di riforme imposte dai creditori internazionali per ricevere aiuti pari a 85 miliardi di euro ma questa, per Tsipras, potrebbe essere l’ultima vittoria, almeno in questa sera. E’ salito infatti a 43, cioè un terzo del gruppo parlamentare, il numero dei deputati di Syriza che hanno votato contro o si sono astenuti. Secondo la Costituzione greca la maggioranza minima prevista in parlamento è di 120 deputati. Oggi Tsipras ne ha 118.

Le riforme presentate dal premier greco sono passate con 222 voti a favore su 300 grazie al soccorso dell’opposizione di centro-destra, ma nel giro di una settimana probabilmente ci sarà un voto di fiducia, una verifica dell’esecutivo che Tsipras avrebbe già chiesto per il 20 agosto. In quella sede, se il primo ministero verificherà di non avere più la maggioranza sarà costretto a chiedere elezioni anticipate, mentre i dissidenti ci riorganizzeranno in un nuovo partito a sinistra di Syriza.

Nel frattempo però Tsipras spera di aver incassato la prima rata del piano di aiuti che sarà discusso a Bruxelles oggi pomeriggio, all’Eurogruppo. Subito dopo il voto del parlamento di Atene, la Commissione Europea e la Banca centrale europea hanno diffuso una nota che definisce il memorandum “credibile e completo” perché frutto di una “buona cooperazione con le autorità greche”. Ma non fila tutto liscio come potrebbero farci credere. Restano i dubbi della Germania che ha preteso di tenere aperta l’opzione del prestito ponte in grado di risolvere il problema più imminente, vale a dire il rimborso da parte del governo ellenico, entro il 20 agosto, di un prestito da 3 miliardi e mezzo alla Bce. E poi c’è il nodo del debito. Ieri sera il Fmi ha confermato che fino a quando non si parlerà di tagli non verserà altri aiuti alla Grecia. Ma Berlino si ostina a non affrontare questo tema.

I problemi interni di Merkel ricadono ancora sull’Eurozona

Se il memorandum è “credibile e completo” per Ue e Bce, non convince la Germania, e si prevede che il paese della Merkel darà filo da torcere all’Eurogruppo. Ma il problema in questo caso è tutto tedesco. Sarà un braccio di ferro a tutto uso interno per evitare che ci sia una fronda interna al partito della Merkel, l’Unione cristiano-democratica (Cdu).

Probabilmente mercoledì la Cancelliera dovrà andare al Bundestag per far approvare il piano, dove ha una fronda interna molto elevata, almeno di un centinaio di deputati. Poi partirà per il Brasile e vuole concludere senza avere strappi. Perché questo tiene alta la tensione, per tenere a bada i suoi falchi interni. Insomma i problemi di politica interna tedeschi continuano a crearne al resto dell’Eurozona.

Privatizzazioni dal Pireo alle Ferrovie

Le riforme votate dal parlamento greco prevedono, tra le altre cose, 50 miliardi di privatizzazioni che vanno dal porto del Pireo alle Ferrovie. Il Pireo è un boccone ambito da Pechino che su Atene ha investito già moltissimo. Ha già due moli importanti e vuole continuare comprandosi anche le ferrovie così da creare uno snodo logistico importante che faccia del Pireo la base di trasferimento dei prodotti cinesi verso l’intera area balcanica e l’est europeo.

Ci sono però anche 14 porti regionali da privatizzare. Questi farebbero gola invece alla Germania, pronta ad investire nelle infrastrutture greche per dare velocità e maggiore efficienza a porti e aeroporti locali, snodi importantissimi per il turismo che quest’anno si prevede avrà un record assoluto di presenza.

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