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Enzo Francescoli, un principe nell’isola delle meraviglie

Principe sia in campo che fuori, nel 1990 Enzo Francescoli si trasferì da Marsiglia a Cagliari, rubando il cuore ai tifosi rosso-blu

di Carlo Perigli

francescoliMa chi glielo fa fare? All’indomani delle notti – tutto sommato poco – magiche di Italia ’90, gli esperti di mezzo mondo si interrogano su un trasferimento che appare inconcepibile. Ad un passo dal tetto d’Europa, con quella finale di Coppa Campioni mancata solamente per un arbitraggio indecente in quel di Lisbona, Enzo Francescoli da Marsiglia decide di trasferirsi a Cagliari, neo-promossa in Serie A e con la salvezza come massima ambizione stagionale.

Di certo, il fantasista uruguaiano, per tutti ‘El Principe’, sbarca in Sardegna con un bagaglio di tecnica sopraffina e occasioni mancate, tante, troppe. Di trasferimenti sfumati per un soffio, come quelli all’Inter e alla Juventus, con l’avvocato Agnelli che, si dice, arrivò a litigare con Boniperti pur di portarlo a Torino. Di scelte assurde, come quando, all’apice della popolarità, decise di firmare per il Racing di Parigi, più che modesta squadra francese, in cambio, tutto sommato, di un triennio avido di risultati e colmo di depressone.

Ma Cagliari non è Parigi, e in Sardegna Francescoli arriva, insieme ai connazionali Fonseca ed Herrera, con un duplice obiettivo ben stampato nella mente: misurarsi nel “campionato dei sogni” e dimostrare a tutti che El Principe è tutt’altro rispetto a quello svogliato “aristocratico” che i media avevano dipinto nel corso degli anni. “Andavo a lottare – dichiarerà qualche anno più tardi nel corso di un’intervista – stanco dei giudizi di troppa gente. Si, perchè tanto nel River Plate quanto in quattro stagioni d’Europa sono stato etichettato sempre nello stesso modo. Ripetevano che ero un discontinuo, poco potente, poco al servizio dei compagni, poco socievole, molto egoista“.

Al suo arrivo in Sardegna, i tifosi cagliaritani lo ricoprono di sciarpe, calore ed affetto, mentre Francescoli risponde accennando qualche sorriso. Timido, silenzioso, anche in campo la stagione del fantasista uruguaiano stenta a decollare, con i media che arrivano ad accusarlo di essere arrivato a Cagliari solamente per “svernare”. “Venivo dal Marsiglia, dove giocavi sempre nell’altra metà del campo, mentre a Cagliari all’inizio giocavamo in contropiede“, dichiarerà tempo dopo. Ma le differenze tattiche, con l’arretramento della sua posizione da nove a “nove e mezzo”, da sole non bastano a spiegare il difficile periodo. C’entra sicuramente di più quella fastidiosa microfrattura, la cui esistenza verrà rivelata solamente a fine stagione, ma il nocciolo della questione va cercato fuori dal rettangolo di gioco.


I tifosi lo capiscono, e continuano a sostenere il fantasista uruguaiano. La famiglia, trasferitasi insieme a Francescoli per stargli vicino, si stringe intorno al giocatore, mentre Claudio Ranieri, all’epoca allenatore dei sardi, lo aspetta, lasciandogli il tempo di integrarsi sia con la squadra che con la città. Sentendo la fiducia intorno a lui, il principe malinconico inizia a maturare, spendendosi anche nella crescita del più giovane Fonseca. Nella seconda parte della stagione Francescoli inizia a dare continuità alle sue prestazioni, ma è l’arrivo di Carlo Mazzone l’anno successivo a trasformarlo definitivamente in un leader carismatico, grintoso. Un cagliaritano da sempre, e, i fatti lo dimostreranno, per sempre. Ma, così come i problemi della prima stagione, neanche l’esplosione di Francescoli può essere spiegata con il campo. El Principe diventa tale nel momento in cui inizia a percepire Cagliari come “una scelta di vita, non solo di calcio“. “In quanto un uomo finisce con l’ appartenere alle proprie abitudini – dichiarerà nel corso di un articolo apparso il 27 dicembre 1992 sul Corriere della Sera – io, quando infilo la maglia rossoblu’ , provo la stessa emozione di quando indossavo la divisa celeste“.

A Francescoli è sufficiente sentirsi a casa, apprezzato come uomo prima ancora che come calciatore, per dare il via ad una principesca favola che durerà tre anni, portando il Cagliari dalla ricerca della salvezza alla qualificazione in Coppa Uefa. Conquistata l’Europa però, El Principe decide che la sua avventura in Sardegna è terminata, e passa al Torino, società con la quale firmerà nell’estate del 1993. Ma la strada che parte dal Piemonte passa per Cagliari almeno una volta l’anno, e così Francescoli, a distanza di pochi mesi, torna nell’isola che fu sua, anche se questa volta da avversario. Un addio maturato proprio sul più bello, ad oggi ci si immaginerebbe un’accoglienza fredda, distaccata se non addirittura ostile. Non qui, non per colui che Antonio Melis ha definito “un principe in campo ma non solo, un uomo d’altri tempi“. Il Sant’Elia gli dedica un abbraccio che nella vita si riserva a pochi, rappresentanti della tifoseria entrano in campo per rendere un omaggio floreale al loro Principe, mentre la curva srotola uno striscione che spiega quanto Enzo, prima ancora di Francescoli, prima ancora della sua classe e dei suoi gol meravigliosi – indimenticabili quelli contro Sampdoria e Fiorentina – avesse rubato il cuore ai cagliaritani. “Un uomo, un esempio: Enzo Francescoli“, più che un calciatore un Principe, innamorato dell’isola delle meraviglie.

Enzo Francescoli, un principe nell’isola delle meraviglie
www.storiedelboskov.it

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