Come si può non trovare sollievo dal gelo pessimista sulla terra desolata d’America per la vittoria del socialista Bernie Sanders nelle primarie del New Hampshire?
La “rivoluzione politica” di un socialista conquista il New Hampshire. In campo repubblicano trionfo del fascistoide Trump. Se vincerà lui sconfiggerà l’Isis e farà l’America più forte di quanto sia mai stata.
Ora l’inverno del nostro disappunto è fatto estate gloriosa dal sole di Bernie? E come si può non trovare sollievo dal gelo pessimista sulla terra desolata d’America per la vittoria del socialista Bernie Sanders nelle primarie del New Hampshire? Lasciamo da parte Shakespeare, anche per scaramanzia pensando alla fine di Riccardo III, e soffermiamoci su quanto è accaduto martedì 10 febbraio nelle consultazioni pre-elettorali dello “stato di granito”, un piccolo stato di un milione e trecentomila abitanti nel nord-est degli Stati Uniti che fino a pochi decenni fa contava poco o nulla nei ricorsi alle urne della repubblica stellata.
Ai tempi di Eisenhower in questo stato non si votava neppure per questo o quel candidato, poi una riforma del governatore Sherman Adams introdusse il metodo odierno delle primarie.
E’ uno stato “liberal”, cioè conservatore moderato di vecchio stampo – 94% bianchi, 6% ispanici e afro-americani – colpito meno degli altri stati dalla crisi in corso e per questo apprensivo per la seconda e peggiore crisi in arrivo. Le primarie sono diventate importanti perché sono state recentemente calendarizzate subito dopo quelle dello Iowa, ne confermano e quasi sempre ne invertono il risultato fornendo indicazioni meno approssimative sugli orientamenti dell’elettorato nazionale. E’ quanto accaduto anche questa volta: in campo democratico Bernie Sanders ha battuto di larga misura (85.000 voti sui 47.000 della rivale con la quale aveva pareggiato nello Iowa). E lo stesso è purtroppo accaduto in campo repubblicano al fascistoide Donald Trump, secondo nel caucus del primo stato che ha sbaragliato nel secondo – 94.000 voti sui 44.000 di Kasich – tutti i concorrenti ultra conservatori, mediocri e per usare un termine inglese “discombombulated”, cioè imbranati.
Il socialdemocratico di tipo svedese Sanders, come lui stesso ama definirsi, ha battuto l’ex segretario di stato Hillary Clinton grazie al voto giovanile e a quello di gran parte delle donne su cui aveva fatto affidamento la signora: “Non siamo meno femministe – hanno dichiarato – ma preferiamo attendere il prossimo turno per eleggere una donna alla presidenza degli Stati Uniti, perché Hillary Clinton malgrado la sua recente conversione alle cause progressiste ci ricorda più Margaret Thatcher che Eleanor Roosevelt”. Hanno ragioni da vendere: Hillary ha reimpostato la sua campagna sui temi sociali quando i sondaggi hanno registrato in pochi mesi l’ascesa della popolarità di Bernie Sanders dal 3 a più del 40%. I giovani e le giovani che sostengono l’anziano candidato socialdemocratico sono gli stessi del movimento “occupy Wall Street” di pochi anni fa quando la crisi economica aveva incominciato a mordere, la disoccupazione colpiva e continua a colpire ventenni e trentenni, mentre banchieri e super-ricchi, il famigerato 1%, continuano ad accumulare profitti astronomici. Quel movimento, nobile, spontaneo, disorganizzato e senza capi venne disperso dalle brutali repressioni poliziesche. Oggi è stato legittimato sul percorso democratico-elettorale da Sanders che aveva già condiviso i suoi ideali, e soprattutto gli avversari da battere, lo establishment, i multimiliardari che con i loro finanziamenti a dieci cifre comprano maggioranze repubblicane nel congresso e tutti o quasi tutti i centri del potere economico, finanziario e politico. Sanders si fa forte dei finanziamenti della sua campagna tramite internet, contributi elettorali medi di 27 dollari, contro i 20 e più milioni elargiti alla Clinton dalle grandi corporazioni. Si batte per l’assistenza medica “universale”, per l’abbattimento dei costi degli studi universitari, per la tassazione dei profitti speculativi di banche ed enti finanziari, per la piena occupazione, per l’uguaglianza sociale, contro i miti mai tradotti in realtà del sogno americano, di una società di ceti medi e delle “opportunità invidiata dal mondo intero”.
I poteri forti hanno già messo in campo contro di lui l’artiglieria campale e gli renderanno ardua la conquista nelle primarie dei prossimi quattro mesi di un numero sufficiente di delegati per ottenere la nomina alla candidatura ufficiale per la Casa Bianca nella convenzione democratica di luglio “Mi scaglieranno contro di tutto e di più, anche il lavello della cucina” – ha anticipato dopo la vittoria nel New Hampshire – “ma continuerò a battermi per una rivoluzione politica del sistema di potere negli Stati Uniti”. E tutti sanno o dovrebbero sapere come viene accolta la parola rivoluzione da quel sistema e dai mass media USA.
C’è un’altra incognita che grava pesantemente sulle fortune politiche del senatore democratico: l’incognita del terrorismo. Il direttore della Central Intelligence Agency e del dipartimento Anti-terrorismo, John Brennan, ha previsto un “grave” attentato terroristico dell’Isis entro l’anno in una città americana: gli agenti del califfato, mescolati agli immigrati, penetrerebbero nella repubblica stellata grazie alla porosità delle sue frontiere con il Canada e con il Messico.
Il drammatico annunzio è stato fatto il giorno prima e non quello dopo le primarie nello stato di granito. Strana coincidenza, anzi niente affatto strana. Donald Trump ha colto l’occasione per affermare che solo lui una volta vinte le elezioni presidenziali di novembre potrà sconfiggere l’Isis e fare l’America “forte, più forte di quanto sia mai stata”. Come? Con un massiccio aumento della spesa militare, la costruzione di una grande muraglia sulla frontiera con il Messico, la deportazione di undici milioni di immigrati dal centro America, il divieto di ingresso nel paese di stranieri di religione musulmana ed altre misure del genere. I programmi di uno squilibrato? No, i programmi di chi purtroppo sa cavalcare le paure, l’esasperazione, la angst, la paura della povertà di vasti settori dell’opinione pubblica. E’ il modello politico americano importato con successo in Europa e nel mondo. Mission impossible per Sanders? Forse. Comunque auguri di buon lavoro, Bernie.
Qui una canzone scritto del Topical Songwriter Michel Montecrossa su Bernie Sanders – “Talking: Bernie Is O.K. For The U.S.A”:
Video: http://www.youtube.com/watch?v=sSFUag0JPb4
“Talking: Bernie Is O.K. For The U.S.A”, è la nuova canzone New-Topical di Michel Montecrossa su Bernie Sanders, il quale mostra di poter essere un promettente aspirante alla carica di Presidente degli Stati Uniti. Sanders si aggiudica i voti proclamando: “Le persone vogliono un cambiamento reale”, “Non è giusto che le 20 persone al vertice della ricchezza nel paese posseggano più rispetto alla metà del popolo americano che sta al fondo.”, “Allora siete pronti per un’idea radicale? Insieme possiamo creare un’economia che funzioni per tutti e non solo per l’un per cento. “Si, noi aumenteremo il salario minimo a 15 dollari all’ora”, “Introdurremo la parità di retribuzione fra uomini e donne”, “Renderemo i college pubblici e le università gratuite.”, “Imporremo una tassa sulla speculazione di Wall Street. L’avarizia, la mancanza di scrupoli e il comportamento illegale di Wall Street hanno messo la nostra economia in ginocchio. Il popolo americano ha salvato Wall Street, ora tocca a Wall Street aiutare la classe media.” Sanders inoltre vuole lottare per “porre fine al razzismo istituzionale e ad un sistema penale guasto” e inoltre prende posizione a favore dell’energia sostenibile. Bernie Sanders è in grado di cogliere il fatto che “ciò che gli elettori hanno confermato stasera nel New Hampshire non è altro che l’inizio di una rivoluzione politica”. Questo è il motivo per cui Michel Montecrossa (MichelMontecrossa.com) canta “BERNIE IS O.K. FOR THE U.S.A” esprimendo la speranza che Bernie possa essere il primo a dire: “L’unità umana è il nostro obiettivo” e che Sanders possa essere lo statista che osi lavorare per la realizzazione degli Stati Uniti del Pianeta Terra.
Michel Montecrossa dice a proposito della sua canzone New-Topical “Talking: Bernie Is O.K. For The U.S.A.”:
“Con la mia nuova canzone New-Topical “TALKING: BERNIE IS O.K. FOR THE U.S.A.” voglio dire: “I presidenti vanno e vengono. Io sto ancora aspettando che arrivi colui che sostiene l’azione per realizzare gli Stati Uniti del Pianeta Terra per un mondo unito caratterizzato dall’unità umana e dalla vivente celebrazione dell’umanità.”